di Davide Gionco
03.08.2019
Il pagamento finisce quando riceviamo i soldi o quando li spendiamo?
Si guadagna di più a vendere o a comprare?
Conosciamo tutti il mito del Re Mida, quello che trasformava in oro tutto quello che toccava.
Come noto, re Mida morì di fame, perché trasformava in oro il cibo prima di riuscire a mangiarlo.
Non si tratta solo di una favola.
La maggior parte di noi è convinta, senza probabilmente aveci mai riflettuto, che il denaro sia il vero valore. Dato che fatichiamo molto per ottenerlo e dato che siamo poi molto attenti a spenderlo senza sprecarlo.
Molti sognano di avere un conto in banca con molti zeri, ma immaginiamo cosa accadrebbe se, in una modena guerra cibernetica, venissero colpito i computer delle banche, cancellando il valore numerico del nostro conto corrente: avremmo perso tutto la nostra supposta ricchezza.
Ricordiamo tutti l’esperienza dell’Argentina nel 2001 o della Grecia nel 2013, quando le persone non potevano più fare e ricevere pagamenti bancari, né ritirare denaro contante dai bancomat per fare la spesa.
In Argentina la gente assaltò i supermercati, pieni di “ricchezza reale”, ritirando cibo (ed altro, già che c’erano) senza pagare.
Sembrano considerazioni evidenti, scontate.
Vera ricchezza non è il denaro, ma sono i beni e sevizi di cui disponiamo: una casa in cui vivere, cibo e bevande per nutrirci, abiti per vestirci, la possibilità di consultare un medico per capire come curarci, l’energia elettrica e la rete di cavi che mi consente di accedere ad internet, ecc.
Tutta questa ricchezza deve essere prodotta, estratta dalla natura (materie prime) ed elaborata dal lavoro umano.
Il denaro che utilizziamo, che (distrattamente) pensiamo essere la “vera ricchezza” è qualcosa che, invece, viene prodotto in grandi quantità stampando dei pezzi di carta:
E se qualcuno pensa che non venga stampato dal nulla, ricordiamo che viene stampato in cambio di “riserve” costituite da altri “pezzi di carta”, che sono i titoli di stato:
Ma, soprattutto, il 95% del denaro che utilizziamo è costituito da NUMERI SUI COMPUTER delle banche:
i quali vengono “emessi”, quando le banche fanno credito, in cambio della “restituzione futura” di altri numeri.
Tutto questo è talmente evidente che dovremmo restare allibiti quando al TG1 il Cottarelli di turno ci spiega che lo Stato non può permettersi di “aumentare la spesa pubblica” per creare posti di lavoro.
La lista dei lavori da fare in Italia è interminabile, dalla riparazione delle buche stradali, alla manutenzione dei ponti prima che crollino, alla ricostruzione de L’Aquila, all’assunzione di personale negli ospedali e nei tribunali, alla pulizia delle spiagge, alla bonifica dell’ILVA di Taranto…
Se il denaro non c’è, è sufficiente crearlo!
Stampando pezzi di carta e scrivendo numeri al computer.
Questo denaro sarà dato ai disoccupati in cambio del loro lavoro.
E il pagamento terminerà quando quei nuovi lavoratori avranno speso quel denaro per acquistare beni e servizi per vivere.
Se è così semplice da fare, perché non lo si fa?
Perché anche l’attuale governo, che alza tanto la voce contro gli immigrati o che si occupa della riduzione del numero di parlamentari, non si ingegna a trovare il modo di creare denaro per dare un lavoro ai disoccupati?
Creando denaro, o qualcosa di equivalente utile per i pagamenti (moneta fiscale, statonote, sire, ecc.) e in sufficiente quantità, si potrebbe consentire ai lavoratori di tovare un lavoro e di produrre beni e servizi utili, che sono la nostra vera ricchezza.
Il vero grande spreco non è lo spreco di denaro pubblico, ma è lo spreco di risorse umane: milioni di persone forzatamente obbligate a restare a casa senza fare nulla di utile per la società e per loro stesse. Centinaia di migliaia di giovani che emigrano dal Sud Italia al Nord e che dall’Italia emigrano verso altri paesi, dove ci sono i soldi per pagare loro uno stipendio e dove producono ricchezza reale in favore di altri, paesi, mentre l’Italia è sempre più povera.
Se è così semplice da fare, perché non lo si fa?
Non lo si fa perché ogni giorno circolano su tv e giornali dei disinformatori, sedicenti “economisti”, i quali dichiarano che la ricchezza non la si può creare dal nulla stampando denaro.
Costoro mentono!
E’ evidente che il denaro non è la ricchezza. La ricchezza la si produce lavorando per produrre beni e servizi utili.
Se il denaro che “non vale niente” e la cui produzione “non costa niente” è uno strumento utile a consentire a milioni di disoccupati di trovare un lavoro, allora che lo si crei nella quantità necessaria e lo si “spenda” in cambio di lavoro.
Se qualcuno al governo lo volesse fare, per il bene degli italiani, ma non sapesse come, ci contatti pure.
Nel giro di 1-2 mesi, giusto il tempo di organizzarci, lo Stato italiano potrebbe disporre “gratuitamente” di 100 miliardi l’anno aggiuntivi da spendere, senza aumentare le tasse, senza aumentare il “debito pubblico”, senza violare le normative dell’Unione Europea.
E aumentando la spesa pubblica di 100 miliardi l’anno, arriveremmo entro 2-3 anni a ridurre ai minimi termini la disoccupazione oltre che a realizzare molte cose utili per il nostro paese, vera ricchezza aggiuntiva.
Tutto questo mentre il governo attuale (il precedente era anche peggio) perde moltissime energie per racimolare 21 miliardi in 3 anni (7 miliardi l’anno, il 7% di 100 miliardi) per “quota 100 + reddito di cittadinanza” e per racimolare 12 miliardi di euro per la “flat tax”.
Questo mentre sarebbe possibile disporre di 100 miliardi di euro l’anno in più per aumentare la spesa e/o ridurre le tasse (magari ai più poveri che spendono, non ai più ricchi che accumulano capitali)
E l’inflazzzzione?!?
Ah, già!
Molti sedicenti “economisti” sostengono che non sia possibile creare denaro aggiuntivo, perché si crea inflazione.
Come se si trattasse di una immutabile legge della fisica.
E per dimostrarlo citano le carriole piene di banconote dei tempi della Repubblica di Weimar:
In realtà l’inflazione è un indice statistico che misura la variazione nel tempo del prezzo di un paniere standard di beni.
In quale modo la creazione di denaro aggiuntivo potrebbe portare all’aumento dei prezzi fino a scatenare una iper-inflazione incontrollata?
Se il prezzo delle zucchine aumenta, lo decide il veduriere, il quale non sa neppure che lo Stato ha stampato 100 miliardi in più rispetto all’anno precedente.
Gli ex disoccupati che avranno trovato impiego grazie alla maggiore spesa pubblica, disponendo ora di uno stipendio, si recheranno dal verduriere e chiederanno un po’ più di zucchine e un po’ meno patate.
Il verduriere non aumenterà subito i prezzi, ma piuttosto chiederà ai contadini di fornirgli più zucchine.
Prima di arrivare ad un aumento del prezzo delle zucchine, sarà necessario arrivare al punto in cui un aumento della produzione non sia più possibile.
Comunque vada non si arriverà mai ad aumenti dei prezzi del 200% l’anno delle zucchine e di tutti i beni e servizi in circolazione.
Si potrebbero al massimo avere degli aumenti moderati, che saranno causati da un aumento dei guadagni dei produttori i quali, di conseguenza, avranno i soldi per fare fronte ai moderati aumenti dei prezzi.
Non è questo il luogo per fare un trattato sull’inflazione, ma è solo per spiegare che i timori dell’innesco di una iper-inflazione, solo perché il governo aumenta la spesa pubblica di 100 miliardi l’anno (5,7% del PIL) in una economia depressa, sono totalmente infondati.
Ovviamente la spesa pubblica non dovrà più essere aumentata una volta che sarà stata raggiunta la piena occupazione.
Se è così semplice da fare, perché non lo si fa?
Francamente non so rispondere.
E’ una domanda che vorrei porre al presidente del consiglio Conte, ai loquaci vicepresidenti Di Maio e Salvini, al ministro dell’economia Tria.
E’ assolutamente possibile garantire la piena occupazione, e in tempi rapidi.
Perché non lo fate?
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