di Giovanni Lazzaretti
11.10.2019
Sapete come si fa il pane, non potete non sapere come si fa il denaro che serve a comprare quel pane.
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Tre sono le modalità di creazione monetaria.
Prima modalità: la stampa delle banconote. Ci chiediamo: in che momento le banconote stampate diventano oggetti di valore? Prendiamo la risposta dal testo di difesa di Bankitalia nei confronti di Giacinto Auriti che nel 1994 aveva chiesto al Tribunale l’attribuzione della proprietà monetaria al popolo.
Bankitalia scrive così: «la moneta viene immessa nel mercato in base ad operazioni legislativamente previste e disciplinate, a seguito del compimento delle quali la Banca d’Italia cede la proprietà dei biglietti, i quali, in tale momento, come circolante, vengono appostati al passivo nelle scritture contabili dell’Istituto di emissione, acquistando in contropartita, o ricevendo in pegno, altri beni o valori mobiliari (titoli, valute, ecc.) che vengono, invece, appostati nell’attivo».
Quindi: (1) al momento della stampa le banconote non valgono nulla (2) il momento del valore è quando Bankitalia cede la proprietà dei biglietti (3) i biglietti li cede alle banche secondo le loro richieste (4) le banche consegnano a Bankitalia titoli, valute, ecc. (5) nella contabilità di Bankitalia si troverà nel passivo l’intero ammontare dei biglietti circolanti in Italia, e nell’attivo titoli, valute, ecc. a contropartita.
Moneta-debito: Bankitalia, avendo i biglietti circolanti nel suo passivo, è formalmente indebitata col popolo italiano per l’insieme di tutte le banconote; è un debito perpetuo inestinguibile, compensato nell’attivo dal “debito di qualcun altro” (lo Stato, normalmente, attraverso i suoi Titoli). Banconote, 7% della moneta totale.
Seconda modalità: le monete metalliche. La metodologia è simile alle banconote, ma il gestore è direttamente lo Stato. Coprono solo lo 0,3% della moneta totale.
E l’altro 92,7% di moneta da dove nasce? Nasce dalla terza modalità, la moneta emessa dalle banche. Quali sono le modalità di emissione?
«In pratica la creazione di denaro differisce da vari malintesi popolari: le banche non agiscono semplicemente da intermediari, dando in prestito i depositi effettuati presso di loro… Ogni qualvolta una banca fa un prestito, crea simultaneamente un corrispondente deposito sul conto del mutuatario, creando in tal modo nuovo denaro.» (Bank of England, Quarterly Bulletin, n.1, 2014, citato da Luciano Gallino, 11 maggio 2014, la Repubblica)
«Le banche creano depositi come sottoprodotto dei prestiti che concedono» (Martin Wolf, Financial Time, ripreso da Repubblica).
Cancelliamo quindi l’idea della banca che “raccoglie per prestare”. La banca in realtà “presta e in questo modo raccoglie”. Il 92,7% della moneta è creata così: da una parte il mio debito di 100.000 euro con la banca, dall’altra parte i 100.000 euro accreditati sul mio conto corrente per ciò che devo acquistare. E il contatore degli interessi passivi che si mette in moto.
Tutta la moneta come noi la conosciamo viene creata come moneta-debito, creata dal nulla attraverso la scrittura contemporanea di una voce dell’attivo e di una del passivo.
Se anche non vi è tutto chiaro, fissatevi almeno in testa le tre idee fondamentali: (1) la moneta nasce dal nulla (2) la moneta nasce per la contemporanea creazione di un debito e di un credito (3) le banche NON sono intermediari (raccolta + prestito) ma sono creatori di moneta attraverso i prestiti.
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Adesso mettete al bando la moralità e concentratevi sulla quarta modalità di emissione: la moneta creata da falsari. Direte che quella non è moneta, ma carta straccia riconoscibile dall’osservatore attento. D’accordo. Concentriamoci allora su due falsari particolari che ho già citato in passato: Bernardo Tanlongo (scandalo della Banca Romana 1892-1893) e Arturo Virgilio Alves Reis (Lisbona, 1925). Questi riuscirono a far stampare a loro uso banconote autentiche stampate dalle ditte stampatrici ufficiali: banconote identiche a quelle ufficiali, non carta straccia.
Tra i due scelgo Alves Reis perché, oltre a lavorare per se stesso, aveva una sua visione sanamente populista dell’economia: «Io non ho stampato soldi falsi! Io mi sono sostituito alla zecca, io mi sono sostituito alla Banca del Portogallo! Io ho fatto quello che LORO avrebbero dovuto fare e che non facevano». «Ho creato una nuova politica economica. L’Angola è rifiorita, è rifiorito il credito, il denaro è corso a fiumi, alimentando iniziative, imprese, commerci, creando pane e lavoro per tutti».
Bene. Bando ai moralismi e chiediamoci: Alves Reis e i suoi tre soci come registravano contabilmente i soldi “veri ma non autentici” che avevano prodotto? Semplice. Per il conto economico erano una voce dei Ricavi (Entrate da stampa dei biglietti), e per lo stato patrimoniale erano una voce dell’Attivo (Cassa contanti). Ossia non erano moneta-debito.
Anche se può sembrare incredibile, il marasma che sta devastando il mondo, che crea ricchi sempre più ricchi, che amplia l’area della povertà, che impedisce agli Stati di fare il loro dovere perché soffocati dal debito inestinguibile, che fa morire le piccole ditte e i negozi di paese, nasce tutto dalla scelta di far nascere la moneta nella modalità “scrittura all’attivo + scrittura al passivo”.
Mettetevi nell’ottica di Alves Reis “scrittura in entrata + scrittura all’attivo” e vedrete rifiorire il credito, correre il denaro a fiumi, nascere iniziative, imprese, commerci, con pane e lavoro per tutti. Dovremo quindi stampare banconote? Ma no, i trattati ce lo vietano, e sono anche scomode. L’informatica ci apre vie nuove e sconfinate per creare moneta senza stampare carta.
L’importante è ricordare che la moneta di oggi è esattamente identica a quella che creava Alves Reis: è creata dal nulla, e senza nulla “a garanzia” sul retro. Se oggi la moneta autentica è uguale a quella di Alves Reis, non sarà che sono autentiche anche le sue scritture contabili?
Giovanni Lazzaretti
giovanni.maria.lazzaretti@gmail.com
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