di Guido Salerno Aletta
“C’è una guerra economica e finanziaria in corso, a livello globale, e l’Italia si trova sulla linea di frontiera.
La riforma del MES, (o ESM che dir si voglia) si colloca a pieno in questo scenario, nella prospettiva di fronteggiare una prossima crisi e la speculazione che si innescherebbe.
Qualcuno rimarrà schiacciato, e non è affatto detto che si tratti dell’Italia sotto il peso del suo debito pubblico.
Saranno ancora una volta le crisi bancarie, per via degli impieghi insussistenti, a spezzare le ginocchia dei colossi.
Occorre dunque scandagliare a pieno il testo del nuovo Trattato per comprenderne le motivazioni meno appariscenti.
Partiamo dalla questione degli aiuti agli Stati. È evidente che per l’Italia hanno montato una ghigliottina, tutta a favore della speculazione: c’è solo da tirar via il laccio che trattiene la lama.
Siamo di fronte a una serie di ferrei sillogismi, che portano a una conclusione assolutamente risibile. Secondo la riforma, infatti, sono dichiarati ammissibili agli aiuti precauzionali solo i Paesi che non hanno squilibri macroeconomici quali definiti dall’UE e che, di converso, hanno invece un debito pubblico sostenibile.
E quest’ultimo è sostenibile solo se si rispettano le regole del Fiscal Compact, che obbligano a ridurre di 1/20 l’anno la quota eccedente il 60% del PIL.
Il giudizio è formulato ex-ante, in modo automatico, robotizzato.
Finora, invece, la verifica della sostenibilità del debito pubblico era effettuata solo ex post, solo dopo la richiesta di aiuto da parte di uno Stato, e veniva svolta in collaborazione con il FMI.
Chi mai debba chiedere aiuti in tali condizioni, risulta un mistero.
Per gli Stati che non rientrano tra quelli ammissibili agli aiuti precauzionali, in quanto non rispettano alcuni dei criteri previsti, è stato previsto un pertugio: nell’Annesso III, al n. 2, e in appena tre righe di testo, si prevedono le condizioni avanzate per la concessione di linee di credito: devono comunque avere «condizioni economiche e finanziarie forti e un debito pubblico sostenibile».
Per arrivarci, l’unica via è quella della preventiva ristrutturazione o la confisca nottetempo dei conti correnti bancari italiani per un ammontare equivalente: è questa la taciuta, ignominiosa verità.
Nel Trattato, non per caso, si modificano le regole per la CAC, la clausola di azione collettiva,, al fine di semplificare la procedura di contrattazione finalizzata alla ristrutturazione del debito.
L’Italia dovrebbe portare il rapporto debito/PIL al 100%, più o meno al livello della Francia: una botta da 500 miliardi di euro, visto che il debito oggi gira intorno a 2.300 miliardi di euro e il PIL sta a 1.800 miliardi.
Per i risparmiatori italiani, le banche, le assicurazioni, i fondi di investimento e previdenziali sarebbe una catastrofe.
L’asse franco-tedesco ci ha mollato, è indubbio.
Il lavoro sporco, per abbattere il debito pubblico italiano e insieme l’intera struttura economica e finanziaria, come è accaduto alla Grecia, lo farebbe la speculazione.
Ragionamento ovvio, ma semplicistico. La speculazione sa bene che non è il debito pubblico italiano a far paura, ma il default di alcune grandi banche tedesche, uno scenario assai poco scandagliato.
E infatti, leggendo per intero il testo della riforma del MES, risulta chiaro che si tratta di un organismo del tutto nuovo: non è altro che un gigantesco fondo salva-banche, e non più il modello salva-Stati a imitazione del FMI, varato nel 2011.
È congegnato curiosamente, in modo da consentire la ricapitalizzazione diretta delle banche che ne abbiano bisogno, senza più passare per lo Stato cui appartengono come è successo finora, per esempio per la Spagna, facendo aumentare a dismisura il suo debito pubblico.
Finora, era lo Stato che si indebitava con il MES per poi ricapitalizzare le sue banche.
Ora non più: la ricapitalizzazione è diretta, con un meccanismo iper-semplificato che non prevede le severe condizionalità che si pongono fin d’ora per concedere aiuti agli Stati.
Se le banche tedesche dovessero ricevere aiuti, il debito pubblico tedesco non ne risentirebbe.
C’è un’altra innovazione profonda: la creazione di un meccanismo di backstop, una rete di sicurezza da parte del fondo che viene definito addirittura «prestatore di ultima istanza», una garanzia di tutela che non richiede né garanzie né collaterali, che non esiste invece per gli Stati europei. E che viene istituito a favore del Meccanismo centralizzato di risoluzione bancaria e del Fondo Unico di Risoluzione.
Più che condivisione dei rischi sovrani, sempre avversata dalla Germania, siamo arrivati alla condivisione delle perdite bancarie.
Il quadro della riforma del MES si fa più chiaro, e la speculazione ne pende buona nota.
La Germania, mentre ci impone la riduzione del debito attraverso il default distruttivo, difende a tutti i costi il suo sistema bancario, in gravi difficoltà.
E per farlo ha trasformato il MES in un fondo europeo salva-banche.
Non per caso, la Germania si è detta finalmente favorevole anche a un sistema europeo di assicurazione dei depositi: da una parte si preoccupa di salvare le sue banche, e dall’altra i suoi risparmiatori.
Con la riforma del MES ci si prepara dunque alla prossima guerra finanziaria, con i pezzi messi in batteria: mentre le banche tedesche vengono arroccate, la testa dell’Italia è sul ceppo del boia.
Il fatto è che l’Italia è un pezzo troppo grosso sulla scacchiera internazionale per poterla attaccare impunemente: un attacco della speculazione finanziaria farebbe danni incalcolabili a tutti.
Forse è per questo che ci usano: non solo come uno scudo umano, alla maniera dei terroristi, ma come detonatore di una crisi globale.
Si innescherebbe un processo incontrollabile che porta alla disintegrazione dell’euro-
Saremmo, mutatis mutandis, la Lehman Brothers della prossima crisi globale.
I prossimi mesi saranno di transizione, con uno show down nell’imminenza delle elezioni americane del prossimo settembre al fine di abbattere la presidenza Trump e tornare al modello di globalizzazione squilibrata, ovvero un’accelerazione dei processi di definizione dei nuovi blocchi subito dopo la conferma di Donald Trump. Nel frattempo, matura la Brexit e il concerto europeo si sfalda.
La vandalizzazione dell’immagine italiana, che si è già consumata con la riforma del MES, avvicinerà l’Italia alla nuova Anglosfera, il blocco geopolitico che marginalizzerà l’Europa continentale.
Se la speculazione è asservita a logiche di potere, non serve speculare contro l’Italia per distruggerla e renderne disponibili i brandelli a Bruxelles.
Occorre invece sottrarla all’orbita europea.
A essere ostaggio della speculazione finanziaria non è l’Italia. Nel mirino ci sono le banche tedesche e le loro filiali americane, già da tempo sotto l’occhiuta vigilanza della FED.
Farle saltare in aria, prendersi asset, spazi di mercato e depositi, sarebbe un gioco da ragazzi.
Il lungo e travagliato iter di approvazione e ratifica del nuovo Trattato istitutivo del MES darà alla speculazione tutto il tempo necessario per montare il clima di sfiducia generalizzato in cui è solita operare.
Ma probabilmente non sarà neppure necessario agitare il mercato come una clava, senza pietà: si prenderanno tutto per 1 dollaro.
Chi ha sacrificato la Grecia per mera voluttà di potenza, subirà la stessa sorte, perderà tutto.
Nemesi placherà l’Ira di Giove”.
Tratto da Milano Finanza del 23.11.2019
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