di Angelo Mincuzzi
Una «rivoluzione anestetizzante» si è compiuta silenziosamente sotto i nostri occhi ma noi non ce ne siamo quasi accorti: la “mediocrazia” ci ha travolti. I mediocri sono entrati nella stanza dei bottoni e ci spingono a essere come loro, un po’ come gli alieni del film di Don Siegel “L’invasione degli ultracorpi”. Ricordate?
“Mediocrazia” è il titolo dell’ultimo libro del filosofo canadese Alain Deneault, docente di scienze politiche all’università di Montreal. Il lavoro (“La Mediocratie”, Lux Editeur) è stato tradotto in italiano dall’editore Neri Pozza, con il titolo “La Mediocrazia”.
Meritava di essere pubblicato anche in Italia, se non altro per il dibattito che ha saputo suscitare in Canada e in Francia.
Deneault ha il pregio di dire le cose chiaramente: «Non c’è stata nessuna presa della Bastiglia – scrive all’inizio del libro -, niente di comparabile all’incendio del Reichstag e l’incrociatore Aurora non ha ancora sparato nessun colpo di cannone.
Tuttavia, l’assalto è stato già lanciato ed è stato coronato dal successo: i mediocri hanno preso il potere».
Già, a ben vedere di esempi sotto i nostri occhi ne abbiamo ogni giorno.
Ma perché i mediocri hanno preso il potere? Come ci sono riusciti? Insomma, come siamo arrivati a questo punto?
Quella che Deneault chiama la «rivoluzione anestetizzante» è l’atteggiamento che ci conduce a posizionarci sempre al centro, anzi all’«estremo centro» dice il filosofo canadese.
Mai disturbare e soprattutto mai far nulla che possa mettere in discussione l’ordine economico e sociale. Tutto deve essere standardizzato. La “media” è diventata la norma, la “mediocrità” è stata eletta a modello.
Chi sono i mediocri
Essere mediocri, spiega Deneault, non vuol dire essere incompetenti.
Anzi, è vero il contrario.
Il sistema incoraggia l’ascesa di individui mediamente competenti a discapito dei supercompetenti e degli incompetenti. Questi ultimi per ovvi motivi (sono inefficienti), i primi perché rischiano di mettere in discussione il sistema e le sue convenzioni.
Ma comunque, il mediocre deve essere un esperto. Deve avere una competenza utile ma che non rimetta in discussione i fondamenti ideologici del sistema.
Lo spirito critico deve essere limitato e ristretto all’interno di specifici confini perché se così non fosse potrebbe rappresentare un pericolo.
Il mediocre, insomma, spiega il filosofo canadese, deve «giocare il gioco».
Giocare il gioco
Ma cosa significa? Giocare il gioco vuol dire accettare i comportamenti informali, piccoli compromessi che servono a raggiungere obiettivi di breve termine, significa sottomettersi a regole sottaciute, spesso chiudendo gli occhi. Giocare il gioco, racconta Deneault, vuol dire acconsentire a non citare un determinato nome in un rapporto, a essere generici su uno specifico aspetto, a non menzionarne altri.
Si tratta, in definitiva, di attuare dei comportamenti che non sono obbligatori ma che marcano un rapporto di lealtà verso qualcuno o verso una rete o una specifica cordata.
È in questo modo che si saldano le relazioni informali, che si fornisce la prova di essere “affidabili”, di collocarsi sempre su quella linea mediana che non genera rischi destabilizzanti.
«Piegarsi in maniera ossequiosa a delle regole stabilite al solo fine di un posizionamento sullo scacchiere sociale» è l’obiettivo del mediocre.
Verrebbe da dire che la caratteristica principale della mediocrità sia il conformismo, un po’ come per il piccolo borghese Marcello Clerici, protagonista del romanzo di Alberto Moravia, “Il conformista“.
Comportamenti che servono a sottolineare l’appartenenza a un contesto che lascia ai più forti un grande potere decisionale.
Alla fine dei conti, si tratta di atteggiamenti che tendono a generare istituzioni corrotte. E la corruzione arriva al suo culmine quando gli individui che la praticano non si accorgono più di esserlo.
I mali della politica
All’origine della mediocrità c’è – secondo Deneault– la morte stessa della politica, sostituita dalla “governance”.
Un successo costruito da Margaret Thatcher negli anni 80 e sviluppato via via negli anni successivi fino a oggi. In un sistema caratterizzato dalla governance – sostiene l’autore del libro – l’azione politica è ridotta alla gestione, a ciò che nei manuali di management viene chiamato “problem solving”.
Cioé alla ricerca di una soluzione immediata a un problema immediato, cosa che esclude alla base qualsiasi riflessione di lungo termine fondata su principi e su una visione politica discussa e condivisa pubblicamente.
In un regime di governance siamo ridotti a piccoli osservatori obbedienti, incatenati a una identica visione del mondo con un’unica prospettiva, quella del liberismo.
La governance è in definitiva – sostiene Deneault – una forma di gestione neoliberale dello stato, caratterizzata dalla deregolamentazione, dalle privatizzazioni dei servizi pubblici e dall’adattamento delle istituzioni ai bisogni delle imprese.
Dalla politica siamo scivolati verso un sistema (quello della governance) che tendiamo a confondere con la democrazia.
Anche la terminologia cambia: i pazienti di un ospedale non si chiamano più pazienti, i lettori di una biblioteca non sono più lettori. Tutti diventato “clienti”, tutti sono consumatori.
E dunque non c’è da stupirsi se il centro domina il pensiero politico.
Le differenze tra i candidati a una carica elettiva tendono a scomparire, anche se all’apparenza si cerca di differenziarle.
Anche la semantica viene piegata alla mediocrità: misure equilibrate, giuste misure, compromesso.
È quello che Denault definisce con un equilibrismo grammaticale «l’estremo centro». Un tempo, noi italiani eravamo abituati alle “convergenze parallele”. Questa volta, però, l’estremo centro non corrisponde al punto mediano sull’asse destra-sinistra ma coincide con la scomparsa di quell’asse a vantaggio di un unico approccio e di un’unica logica.
Che fare?
La mediocrità rende mediocri, spiega Denault.
Una ragione di più per interrompere questo circolo perverso.
Non è facile, ammette il filosofo canadese. E cita Robert Musil, autore de “L’uomo senza qualità”: «Se dal di dentro la stupidità non assomigliasse tanto al talento, al punto da poter essere scambiata con esso, se dall’esterno non potesse apparire come progresso, genio, speranza o miglioramento, nessuno vorrebbe essere stupido e la stupidità non esisterebbe».
Senza scomodare Musil, viene in mente il racconto di fantascienza di Philip Klass, “Null-P“, pubblicato nel 1951 con lo pseudonimo di William Tenn. In un mondo distrutto dai conflitti nucleari, un individuo i cui parametri corrispondono esattamente alla media della popolazione, George Abnego, viene accolto come un profeta: è il perfetto uomo medio.
Abnego viene eletto presidente degli Stati Uniti e dopo di lui i suoi discendenti, che diventano i leader del mondo intero.
Con il passare del tempo gli uomini diventano sempre più standardizzati.
L’homo abnegus, dal nome di George Abnego, sostituisce l’homo sapiens. L’umanità regredisce tecnologicamente finché, dopo un quarto di milione di anni, gli uomini finiscono per essere addomesticati da una specie evoluta di cani che li impiegano nel loro sport preferito: il recupero di bastoni e oggetti.
Nascono gli uomini da riporto.
Fantascienza, certo. Ma per evitare un futuro di cui faremmo volentieri a meno, Deneault indica una strada che parte dai piccoli passi quotidiani: resistere alle piccole tentazioni e dire no.
Non occuperò quella funzione, non accetterò quella promozione, rifiuterò quel gesto di riconoscenza per non farmi lentamente avvelenare.
Resistere per uscire dalla mediocrità non è certo semplice. Ma forse vale la pena di tentare.
Tratto da:
https://augustoanselmo.blogspot.com/2019/01/la-mediocrazia-ci-ha-travolti-cosi-i.html
1. “Dire la verità non fa fare carriera”, Prof Alberto Bagnai, quando ancora era solo un economista e professore universitario.
2. “Everybody wants to be famous and success is always measured in money. If you are not making money out of what you are doing, you are no good. On the other hand if you are making money even from not so moral activities, you are treated as a king. Having a small cigarette kiosk on the street is considered a low life, while being the CEO of Philip Morris is highly respected, even though in both cases the money comes from the same place.”
3. “La dittatura perfetta avrà la sembianza di una democrazia, una prigione senza muri nella quale i prigionieri non sogneranno di fuggire. Un sistema di schiavitù dove, grazie al consumo e al divertimento, gli schiavi ameranno la loro schiavitù.”, Aldous Huxley, (1894 – 1963), scrittore britannico.
4. “L’intellettuale idiota: non sa niente e pontifica su tutto”
«Quello che stiamo vedendo in tutto il mondo, dall’India alla Gran Bretagna fino agli Stati Uniti, è una ribellione contro i più smidollati “impiegati della politica”» e contro i loro giornalisti di complemento. Contro, cioè, quella classe di esperti semi-intellettuali usciti da Oxford, Cambridge «o da qualche altro istituto formatta-cervelli», per spiegarci cosa fare, cosa mangiare, come parlare, come pensare e per chi votare. Lo afferma Nassim Nicholas Taleb, filosofo, saggista e matematico libanese naturalizzato statunitense. La gente, dice, ha tutto il diritto di fare affidamento più sul proprio istinto ancestrale (e di dar retta ai consigli della nonna) piuttosto che «stare a sentire le parole di questi sicari della politica». Sono “accademici della burocrazia” che vogliono gestire le nostre vite, ma «confondono la scienza con lo scientismo». Taleb lo chiama “l’intellettuale-idiota”, e lo definisce «un prodotto della nostra modernità, che ha cominciato a correre troppo dalla metà del XX secolo, per arrivare al suo apice ai giorni nostri, quando una larga schiera di persone, che non hanno nessuna idea di come funziona il gioco, stanno invadendo molti campi della nostra vita». A dominare è lui, l’Iyi: Intellectual Yet Idiot. Perché?
Proseguimento:
https://www.libreidee.org/2016/10/lintellettuale-idiota-non-sa-niente-e-pontifica-su-tutto/
5. Conclusioni.
Quindi, se il denaro è diventato il metro del successo individuale indipendentemente se con il proprio lavoro si contribuisca in modo positivo, neutro e negativo alla società e se questo tipo di sistema capitalistico ( globalizzazione selvaggia + turbo finanza ) si nutre anche molto dei vizi legali e illegali della gente e allora è una conseguenza logica che ai piani medi del potere che conta per davvero ci vadano i mediocri e ai piani alti ci vadano, oltre che mediocri, anche psicopatici che promuovo anche guerre inutili in giro per il mondo e qual’è il paese dove tutto questo avviene in modo più pesante? Gli USA.
E gli USA hanno influenza in Italia e in giro per il mondo? In Italia hanno ancora tantissima influenza da ogni punto di vista e per giunta dopo più di 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, altrettanto in altri paesi in giro per il mondo, quindi il primo passo da fare non è solo a livello individuale come dice l’autore dell’articolo ma anche a livello politico, insomma, se vai con lo zoppo ( USA ) impari a zoppicare e quindi fare tutto il necessario e il possibile per dargli un taglio definitivo, e qual’è la prima mossa assolutamente prioritaria in questo senso per l’Italia?
La riconquista della sovranità monetaria!
E la seconda mossa?
Una volta riconquistata la sovranità monetaria si potrà fare tutto il necessario e il possibile per riconquistare finalmente la propria sovranità militare.
Insomma, la sovranità monetaria e la sovranità militare sono per un paese due condizioni assolutamente necessarie per poter elaborare un proprio autentico sistema economico e sociale che si confà in modo ottimale alle vere esigenze economiche e sociali del proprio popolo, praticamente sono la classica “Conditio Sine Qua Non”, negarlo o far finta di niente significa nelle migliore delle ipotesi essere degli utopisti che sperano nelle virtù miracolose dei singoli individui piovute dal cielo.
Rinnovo complimenti per il vostro ottimo Blog controinformativo, cordiali saluti e buona settimana.
TheTruthSeeker