di Davide Gionco
Il prossimo 29 marzo 2020 voteremo al referendum per confermare o respingere la legge di riforma costituzionale che prevede la riduzione del numero di parlamentari. Da 630 a 400 il numero di deputati e da 315 a 200 il numero di senatori.
Prima di tutto, recatevi a votare. Si tratta di un voto importante. Non è vero che “tanto non cambia niente”: stiamo votando sul nostro diritto a votare delle persone che ci rappresentino in Parlamento per votare le leggi a cui siamo soggetti.
Nel mondo, e anche in Italia, ci sono state centinaia di migliaia di persone che hanno pagato con la vita l’ottenimento del diritto di voto democratico.
Per secoli l’Italia è stata comandata dai potenti di turno, che insieme a pochi altri decidevano il destino del popolo senza neanche interpellarlo.
L’ultimo di questi potenti è stato al governo 22 anni e 80 anni fa portò il paese in una guerra disastrosa, per tutelare gli interessi di pochi e causando distruzione e povertà per molti.
Abbiamo ottenuto il diritto di voto universale da pochi decenni, non riduciamolo.
Perché il numero di parlamentari è importante
Il numero di parlamentari è importante in una Democrazia, perché un maggior numero di parlamentari rende più facile incontrarli per esprimere loro i nostri bisogni e consente ai deputati di coprire in modo sufficientemente capillare il territorio.
Avere meno parlamentari significa avere minori possibilità che un deputato conosca i nostri problemi, per impegnarsi a risolverli.
Silvio Berlusconi aveva proposto negli anni ’90 di eliminare il “votificio” del Parlamento, sostituendolo con un “consiglio di amministrazione” composto dai segretari dei partiti di maggioranza, ciascuno con un voto pesato in proporzione ai voti presi alle ultime elezioni politiche. Senza l’opposizione, in quanto irrilevante per l’esito delle decisioni.
Ecco: se in Democrazia fosse importante solo dare una delega a dei partiti e non votare delle persone che ci rappresentano, allora potremmo adottare la proposta di Berlusconi e non limitarci a ridurre da 900 a 600 il numero di parlamentari.
Se invece è importante avere delle persone che rappresentano la nostra opinione, allora è necessario che ve ne sia un numero sufficiente. Perché ridurre i parlamentari da 900 a 600 e non a 300 o a 100? La risposta è quella data sopra: per garantire una rappresentanza popolare sufficientemente ampia.
Una quantità minore di deputati può essere più facilmente corrotta o manipolata o minacciata da eventuali lobbies che intendano curare i propri interessi modificando i testi di legge, azione che diventa via via più difficile all’aumentare del numero di deputati.
Alcuni dei partiti che, dopo aver votato in Parlamento per la riduzione del numero di deputati, ora dicono di essere contrari, lo fanno probabilmente per “salvare le poltrone” (detto alla Di Maio). Ma che si tratti di poltrone su cui guadagnare senza merito un lauto stipendio o di seggi di reale rappresentanza del Popolo italiano, questo dipende da chi votiamo durante le elezioni. Ridurre il numero di poltrone significa ridurre il potenziale numero di deputati che ci rappresenteranno. Come se anziché lavare i vestiti sporchi decidessimo invece di buttarli via, rimanendo poi senza abiti per vestirci.
La riduzione dei costi della politica
Alcuni sostengono che ridurre il numero di parlamentari sia positivo, in quanto consentirebbe di ridurre la spesa pubblica.
La prima considerazione è che per ridurre del 30% i costi della politica sarebbe sufficiente ridurre del 30% tutti i grassi salari dei parlamentari e dei funzionare pubblici che lavorano in Parlamento, senza dover necessariamente ridurre il numero di parlamentari. Riducendo il loro numero, ma non il loro stipendio, continueranno a percepire stipendi scandalosi, mentre noi avremo perso il 30% di rappresentati del Popolo in Parlamento.
Chi sostiene questa tesi, quindi, lo fa evidentemente per finalità diverse da quelle dichiarate.
La seconda considerazione è che gli stipendi di tutti i parlamentari, per quanto scandalosamente alti, rappresentano solo lo 0,06% della spesa pubblica, tale è 1 miliardo di euro.
Ovvero: se anche eliminassimo il Parlamento, reintroducendo la monarchia assoluta delegando ad una sola persona tutto il potere legislativo, i benefici per il bilancio dello Stato sarebbero del tutto trascurabili.
La terza considerazione è che dobbiamo guardare ai nostri deputati come ad un investimento per il nostro Popolo. Ovvero gli effetti economici (ma anche sociali) positivi o negativi causati dai nostri deputati dipendono in piccolissima parte dal loro stipendio e in grandissima parte dalla qualità delle loro scelte. Delle buone scelte dei nostri parlamentari possono generare vantaggi economici del valore di decine e decine di miliardi di euro, a fronte di un modesto investimento di poche decine di milioni di euro. Ma è anche vero che delle cattive scelte dei nostri parlamentari possono causare danni al Paese per decine e decine di miliardi di euro.
Le persone informate sulle ragioni dell’attuale crisi economica, che costa all’Italia l’equivalente di 300-400 miliardi l’anno di perdite economiche per mancata crescita, sanno bene che queste perdite sono causate esclusivamente da pessime decisioni politiche di chi ci governa e fa le leggi.
Quindi non è tanto importante ridurre il costo dei deputati, quanto lo è piuttosto fare in modo che i deputati facciano le scelte giuste per il Paese.
E’ statisticamente più probabile che faccia cattive leggi un Parlamento composto da meno deputati più soggetti all’azione dei poteri forti.
Ovvero: un Parlamento meno rappresentativo della popolazione porta con sé maggiori rischi di fare leggi che avvantaggiano specifici gruppi di potere e ai danni del Popolo, generando dei costi a nostro carico ben superiori a quelli attuali.
Non lasciamoci ingannare
E’ solo il caso di ricordare che nel “Piano di rinascita democratica” della loggia massonica P2 di Licio Gelli, al titolo V, comma 1, conteneva la proposta di ridurre il numero di deputati a 450 e a 250 il numero di senatori, il tutto al fine di facilitare il controllo del Parlamento da parte dei gruppi di potere, come lo era la Loggia P2.
Non abbiamo nessun vantaggio a ridurre il numero dei parlamentari, ma solo grandi svantaggi. Non lasciamoci ingannare da coloro che con falsi argomenti vogliono convincerci a votare contro i nostri interessi di cittadini, riducendo gli spazi di Democrazia.
“L’ultimo di questi potenti è stato al governo 22 anni e 80 anni fa portò il paese in una guerra disastrosa, per tutelare gli interessi di pochi e causando distruzione e povertà per molti.”, Ing Davide Gionco, finale del secondo paragrafo.
Diciamo che questa è la vulgata dei media mainstream, le cose storicamente però stanno molto diversamente, ecco qualche buono spunto storico controinformativo.
“Prima o Seconda Guerra Mondiale?” a cura dell’Indiscreto
5 Novembre 2018
Il centenario della fine, per l’Italia, della Prima Guerra Mondiale ci impone tre minuti di serietà nonostante con il ‘Di qua o di là’ noi si tenti spesso di andare nella direzione opposta, più vicina ai nostri ideali. Il 4 novembre è passato e con esso è passata anche la bolsa retorica delle istituzioni che ha resistito al Sessantotto e che anzi molti sessantottini hanno fatto diventare dogma. Ma veniamo al punto, perché al di là delle ovvie cose negative che si possono dire su tutti i conflitti della Grande Guerra ci hanno sempre nella nostra prospettiva colpito alcuni aspetti.
1) Il fatto che abbiano perso la vita il triplo degli italiani (1.250.000 i morti, incalcolabili i feriti e i mutilati) rispetto a quanti l’avrebbero persa nella seconda, addirittura con un maggior numero anche di vittime non militari. 2) Il fatto che l’Italia avesse un altissimo numero di volontari, con una notevole rappresentanza anche di classi sociali storicamente di imboscati: una generazione di borghesi idealisti fu quasi distrutta. Un vero mistero, perché con gli occhi di oggi non poteva scaldare i cuori una guerra iniziata tradendo gli alleati di pochi mesi prima e con obbiettivi non chiari. 3) La trasversalità di interventismo e neutralismo rispetto a quasi tutte le formazioni politiche, socialisti compresi, cosa che spiega in parte anche l’ascesa del fascismo qualche anno dopo. 4) L’incompetenza criminale degli alti comandi italiani (i loro nomi sono in molte nostre vie e piazze), che svanito l’effetto propaganda portò a quasi un milione di procedimenti giudiziari (e a quasi 4.000 condanne a morte) su circa 5 milioni di arruolati o mobilitati.
Tutto ciò rende ridicola la campagna mediatica degli ultimi giorni, alla ricerca di una memoria condivisa, che non potendo giocare le sue carte per la Seconda Guerra Mondiale prova a tornare ancora più indietro perché per i ragazzi morti in trincea non è che l’Anpi o Casa Pound scendano in piazza. Peccato che il conteggio delle vittime e l’approssimazione nelle prime fasi del conflitto dicano chiaramente che il liberale Salandra (ma liberale era anche il suo ex sponsor Giolitti, che invece era neutralista) sia stato per il nostro paese più dannoso del fascista Mussolini. Se poi dall’Italia allarghiamo lo sguardo il mondo è chiaro che la guerra 1939-1945 sia stata un’altra cosa, ma noi non siamo il mondo ed è come italiani che siamo purtroppo entrati in guerra entrambe le volte, sempre a guerra iniziata e la seconda volta con un tocco di viltà in più.
Proseguimento:
https://www.indiscreto.info/2018/11/prima-o-seconda-guerra-mondiale.html
In conclusione e in breve, non è per niente vero che una democrazia formale assicuri molta più pace che guerre, basti pensare anche che gli USA che sono sempre stati una democrazia formale hanno fatto più guerre ( dirette e indirette ) al mondo da quando sono stati fondati, solo per pochi anni sono stati senza fare guerre.
A parte questo, l’Italia, democrazia formale, ha retto il moccolo agli USA per la guerra nei Balcani negli anni 90, recentemente, da un punto di vista storico, per il regime change in Libia con l’eliminazione di Gheddafi ha retto il moccolo agli USA, UK e Francia, per non parlare poi di tutte le porcate che gli statunitensi hanno fatto in Sud America dalla fine della seconda guerra mondiale in poi che ha visto l’Italia e altri paesi europei formalmente democratici mai protestare in modo vigoroso e fattivo, anzi sono stati sempre più fedeli alla NATO a comando americano.
Quindi il principio fondamentale non è più o meno parlamentari ma democrazia formale o democrazia sostanziale, in Italia dalla caduta del Muro di Berlino, in un’ipotesi ottimistica, di democrazia sostanziale non si è vista neanche l’ombra perché altrimenti non sarebbe stata privata della sua sovranità monetaria in modo subdolo e truffaldino e non starebbe ancora priva di sovranità militare da più di 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale.
Cordiali saluti e buona serata.
TheTruthSeeker