La psicosi di massa al tempo dei social (TUTTI CONTRO TUTTI)

La psicosi di massa, al tempo dei social, è diventata un’isteria avvolgente e delirante, una spirale che ipnotizza le coscienze e le rende disponibili a qualsiasi credenza. In questi giorni di clima surreale, infatti, di disinformazione e odio reciproco, abbiamo varie fazioni che si stanno sfidando in un pericolosissimo scontro tutti contro tutti.

Abbiamo i cosiddetti “giustizieri”, pronti a inveire – spesso senza cognizione di causa – contro chiunque non rispetti le misure restrittive imposte. Sono bravi a puntare il dito e a condannare. Poi, però, nelle situazioni bisogna trovarcisi. Abbiamo i “tuttologi”, disposti ad attaccare scienziati, medici e politici. “Io avrei fatto così”, “questi sono pazzi”, “è tutto un complotto”. Peccato, però, che le loro parole si trasformano presto in fiato sprecato e versano ulteriore benzina sul fuoco nell’isteria generalizzata. Abbiamo i “divulgatori seriali”, quelli che condividono ogni genere di link e notizia, senza mai approfondire, senza rendersi conto che il più delle volte si tratta di fake news. In pratica, non fanno altro che creare ulteriore confusione e panico. Poi abbiamo i “disobbedienti impauriti”, quelli che scappano, quelli che delle regole se ne sbattono e trovano ogni escamotage possibile per aggirarle. Senza rendersi conto che la loro disobbedienza per qualcun altro può significare “morte”.

Queste fazioni sono diverse ed estremizzate, e tutti coloro che scelgono la propria fazione di appartenenza, iniziano in maniera lenta ed inconscia una vera e propria lotta, volta a disgregare anziché unire. Nasce così la psicosi di massa. Questa terminologia, abusata da molti nelle ultime settimane, è in realtà il riassunto perfetto che descrive la situazione della nostra società social in seguito all’emergenza del Covid-19. La causa, però, non sta nel virus in sé, in quanto esso è solo lo strumento che permette a social media e giornali un accanimento mediatico ai danni dei cittadini che, inermi, sono sottoposti quotidianamente a uno stress costante.

Ansia, disinformazione e poca lucidità, sono le migliori amiche della psicosi, di questa maledetta distorsione della realtà che nei momenti di stress o di cambiamento subentra violentemente nella nostra testa, avvinghiandosi come un mostro dai mille tentacoli al nostro cervello. Tutto ciò che vediamo e leggiamo all’improvviso ci sembra la verità assoluta. Leggiamo qualsiasi informazione ci viene fornita e non vediamo l’ora di divulgare la notizia con altre persone come dei messia, diffondendo così il peggiore dei virus: l’ignoranza.

La capacità di pensare in modo critico e razionale svanisce, non si ricerca il perché o il meccanismo complesso delle cose, ma anzi si cerca di arginare il problema attraverso una distorsione della realtà che ci permette di vedere le cose in maniera più semplice e comprensibile. Con questa premessa possiamo supporre che la psicosi di massa non è nient’altro che un meccanismo difensivo, morboso, che entra in atto non appena il mondo intorno a noi sembra guastarsi, permettendo a tutti coloro che si sentono in balia del destino di nascondere ciò che è scomodo, facilitando la comprensione dell’evento che ha guastato il normale corso della nostra vita.

Questo metodo ricorda vagamente quello di nascondere la polvere sotto il tappeto. Con la sola differenza che lo sporco, in questo caso, non rimane sotterrato per molto tempo. Perché proprio i bombardamenti mediatici, per lo più all’insegna dell’estremismo e dell’allarmismo, sono la causa scatenante delle psicosi di massa e di questo polverone che tentiamo disperatamente di nascondere e che confonde le persone anziché aiutarle a capirci qualcosa in più. La psicosi alimentata dall’accoppiata disinformazione-paura, ha generato un enorme falò di odio che viene amplificato dalla forza della condivisione sui vari social media.

In questo drammatico tutti contro tutti, la lotta da portare avanti per annientare il “nemico” risiede proprio nella convinzione di voler possedere la verità assoluta, mettendo in campo prove, testimonianze, racconti e quanto di più credibile si possa trovare in giro, per poi formulare la propria verità sulla base di ciò.

La psicosi di massa, che in un primo momento distorceva semplicemente la realtà, adesso ne crea una nuova, basandosi anch’essa su delle distorsioni di letture, articoli, video e interviste. In un mare di numeri non vi sono dei dati oggettivi che dimostrano con chiarezza una cosa o l’altra, così come non potranno dimostrare complotti di governi o l’esistenza degli alieni. Ma una persona psicotica leggerà tra le righe la conferma delle sue ipotesi, come se vivesse in un mondo allucinato, lontano dal resto del mondo e dalla zona grigia che, al contrario, si pone il beneficio del dubbio. E parte la caccia al nemico, al colpevole di turno.

“L’uomo ha dentro di sé il piacere di odiare e di distruggere. In tempi normali la sua passione rimane latente,
emerge solo in circostanze eccezionali; ma è abbastanza facile attizzarla
e portarla alle altezze di una psicosi collettiva.”
Albert Einstein, dalla lettera a Freud del 30 luglio 1932.

Prima erano i migranti. Poi i cinesi. Poi quelli che scappavano da Milano. Adesso lo sono runners, passeggiatori solitari e possessori di cani. Il “nemico” ci deve sempre essere, qualcuno contro cui puntare l’indice, per sfogarsi sui social, per sentirsi “al di sopra di ogni sospetto”. Sia chiaro, non sto avvallando nessuna tesi, ognuno si attenga a quelle che sono le direttive.

Quello che invece contesto sono le badilate di rabbia e aggressività che adesso risultano utili quanto una mascherina bucata. Perché bisogna cercare a tutti i costi un colpevole lì fuori, un nemico da combattere? Perché anziché unirci e camminare insieme nella stessa direzione, ci siamo fermati per duellare nel peggiore dei far west a colpi di calunnie, giochi di spionaggio, diffidenza generalizzata e odio reciproco?

Tutto questo ci danneggia come umanità, altro che “restiamo distanti per abbracciarci domani”. Di questo passo il domani non ci sarà. L’odio brucia, riduce tutto e tutti in cenere. E ricorda la brutta storia dei vicini che denunciavano la presenza degli ebrei nelle case accanto. È proprio vero che la storia insegna, ma le persone non imparano mai.

Ora, in questa follia condivisa, in questo stato di allucinazione collettiva, di psicosi di massa, abbiamo quelli che riprendono le persone per strada con i cellulari e le sbattono senza ritegno sul primo social che capita a tiro. Quelli che stanno al balcone ad additare chi esce a fare la spesa e contano i sacchetti. Quelli che minacciano di sparare a vista al primo ciclista che passa sotto casa. Per poi scoprire, magari, che si trattava dell’infermiera di turno che rincasava. Quelli che invocano l’esercito, manco fossimo in una guerra civile.

Facile fare gli eroi da tastiera, in un momento come questo. Però questi eroi vorrei vederli anche a emergenza terminata, a filmare e denunciare il mafioso del loro quartiere, a condividere video di chi sotterra rifiuti, di chi spaccia, denunciare chi taglia le pensioni e chi chiude gli ospedali per acquistare armamenti bellici. Perché vedete, segnalare delle trasgressioni è una cosa, e lo si fa alle autorità competenti. Altra cosa è fare il delatore di professione e allestire pubbliche piazze virtuali di odio.

La gente sembra aver disconnesso quella bellissima cosa chiamata empatia e adesso conta solo far parte della fazione dei “bravi cittadini”. Una situazione già descritta da Orwell nel suo romanzo distopico “1984”, dove il partito non vuole cittadini, ma solo automi obbedienti. Esseri umani privati del libero pensiero e ridotti ad un meccanismo soggiogato ed obbediente. Ecco perché oggi ci ritroviamo dei cittadini – come i nostri vicini – ai quali è scattata la molla di un delirio di onnipotenza tale da sentirsi in diritto di odiare, umiliare, aggredire e bullizzare chi automa ancora non lo è.

In tutto questo grottesco bordello, io dico fermamente e semplicemente: fermatevi, rallentate, riflettete con le vostre teste. Non è più di notizie e di allarmismi che abbiamo bisogno, ma di silenzio e riflessioni personali. Perché per la prima volta nella storia, lo stato di pandemia è parallelo a quello di infodemia. Sissignori, un’infodemia che alimentiamo e di cui ci alimentiamo. In un nocivo circolo vizioso. È arrivato il momento di silenziare le città, le nostre case, i nostri dispositivi digitali e imparare a tornare ad ascoltare i suoni della natura e la melodia dei cuori che battono all’unisono. Come società abbiamo già prodotto tanto rumore per nulla, è arrivato il momento di ascoltare in silenzio, di evolvere per davvero e possiamo riuscirci sfruttando questa situazione surreale come un’occasione di crescita. Ma per farlo, dovremo usare quel dispositivo incorporato ormai dimenticato: il cervello. Smettendo, magari, di fare la caccia alle streghe.

Tratto da:
https://www.tragicomico.it/psicosi-di-massa-al-tempo-dei-social-tutti-contro-tutti/

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