Il virus cinese: come la Cina bara e colonizza i mercati internazionali – di Costantino Rover

Il virus cinese si annida in molti settori, e più si spande tra gli interstizi del sistema economico, produttivo e sociale del mondo, più si avvicina a noi senza che facciamo caso alle enormi trasformazioni che sta apportando alle nostre vite.

È un virus che si è manifestato palesemente sotto le sembianze di una pandemia che ha travolto tutto l’occidente grazie alle sue frodi ed ai trucchi di bilancio.

Per capire come difendersi, è necessario conosceree la sua strategia.

Il virus cinese ha come main sponsor il governo cinese stesso che, celato dietro la bandiera comunista, sta combattendo una guerra finanziaria, commerciale ed alimentare, senza che ce ne accorgiamo.
La combatte quindi contro un sistema aperto come quello del WTO, alla libera concorrenza e senza dazi, utilizzando le armi del mercantilismo e del doping dei prezzi. L’esatto contrario di ciò che aveva promesso di fare per restare nell’organizzazione mondiale del commercio.

 

La colonizzazione mondiale cinese
per mezzo dell’intrusione nel libero mercato

Lo stile imperialista, ricalca le finalità delle classiche potenze colonialiste, solo che lo fa utilizzando le armi della sofisticazione dei prezzi e delle merci.

Dopo oltre quattro anni dal mio breve intervento in una TV locale in cui ho potuto fare un accenno al problema del virus cinese, e i relativi articoli che ne vanno a spiegare tutti i pericoli, ritorno sull’annoso problema sollecitato da due azzeccatissimi post del trader attivo su Facebook sotto lo pseudonimo Eric Packer.

I suoi interventi oltre ad affrontare il tema della concorrenza sleale, scavano più a fondo.
Nonostante riescano ad essere estremamente sintetici, snocciolano dati ed informazioni che vanno molto la di là dei concetti finanziari, andando a toccare alcune note dolenti anche se meno conosciute.
Una delle più sentite dalle persone comuni è quella dell’adulterazione alimentare.
Per quanto sconosciuta ai più, sotto il profilo tecnico, è ben chiara nelle menti dei consumatori italiani.
Ciò non toglie che possa insinuarsi tra i prodotti dei nostri mercati e supermercati, ecco perché non guasterà menzionarli come meritano.


Le sofisticazioni alimentari

In questi mesi ci siamo indignati, neanche più di tanto a dire il vero, per i silenzi della Cina all’alba dell’ outbreak pandemico ma sono oramai 20 anni che l’ Occidente subisce passivamente le pratiche da Quarto Mondo della predetta in ambito alimentare e sanitario.

Per quanto possa sembrare strano, da circa 20 anni l’ Occidente compra sempre più frutta, verdura, pesce, carne, vitamine, farmaci dalla Cina.
Il Paese asiatico produce circa il 90% degli antibiotici al mondo, il 70% delle aspirine, l’84% delle tachipirine ed ha conquistato anche gran parte del mercato mondiale di enzimi,aminoacidi, vitamine (il 90% della vitamina C al mondo è prodotto dalla Cina).
È dunque abbatanza normale che la Cina risulti sempre al primo posto tra i Paesi esportatotari i cui prodotti vengano bloccati o richiamati dalla U.S. Food and Drug Administration, dalla European Food Safety Authority e via discorrendo.
Un oceano di spazzatura arriva ogni giorno nei nostri porti ed aeroporti per poi essere da lì smistata nei nostri guardaroba, nei nostri armadietti, nei nostri frigoriferi.
Si stima che il 10% dei ristoranti cinesi faccia uso del “Gutter Oil”, cancerogeno e causa di reazioni allergiche fatali, per le proprie fritture.
Meno noto è invece il fatto che la Cina per anni ed anni abbia esportato per il mondo prodotti zeppi della sua melamina, una sostanza chimica preziosa specie nella produzione della plastica ma utilizzabile anche come ritardante negli incendi, come fertilizzante nonché nell’ ambito della produzione di calcestruzzo ad alta resistenza.

Abitudini cinesi da esportazione

Tuttavia, in Cina amano aggiungerlo al mangime per i polli, nel cibo per animali domestici, nel latte per bambini. I cinesi mettono questa sostanza negli alimenti poiché ricca di azoto e dunque in grado di facilitarne la frode in commercio facendo risultare artificiosamente alti i livelli proteici del prodotto d’interesse (cosiddetta adulterazione proteica).
Nel 2008, 300.000 bambini si ammalarono e 22 morirono dopo che 22 caseifici decisero di aggiugere la melamina al latte per bambini e quando il giornalista Zhao Lianhai, il cui figlio si ammalò a causa di quel latte, cercò di portare all’ attenzione dell’ opinione pubblica il problema venne fatto incarcerare dal Partito Comunista Cinese per aver incitato alla rivolta sociale.

Gli Stati ed i settori merceologici più coinvolti nella violazione dei diritti di proprietà intellettuale dei prodotti italiani

Oltre alla questione alimentare vi è anche l’annoso problema della contraffazione di marchi e prodotti e della violazione dei brevetti. Un campo questo in cui la Cina primeggia.

Uno studio non molto recente ci restituisce il quadro completo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale su marchi, prodotti e brevetti italiani (e sulle ben note contraffazioni).

Ecco i due dati più facili da comprendere:

Virus cinese: la contraffazione del made in Italy

Virus cinese: la contraffazione del made in Italy

Leggendo lo studio redatto dall’ Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OEDC) è possibile andare più a fondo.


Il senso della Cina per l’innovazione

Anche se non sembra, la Cina è un Paese che ama innovare e quindi dalle frodi a mezzo melamina è passata nel tempo alle frodi sull’ eparina. L’eparina ad uso farmaceutico viene ricavata generalmente dalla mucosa di intestino suino o di polmone bovino ed essedo la Cina il più grande allevamento di maiali al mondo è ovvio che produca anche gran parte dell’ eparina in circolazione.
Tuttavia, la Cina ama tagliare i costi e quindi tagliare l’ eparina con condroitinsolfato ipersolfatato il quale costa 100 volte di meno dell’ eparina ma che può risultare fatale.
Negli ultimi 30 anni, la Cina è passata dall’ esportare verso gli USA 10.000 galloni di concentrato di succo di mela ad esportarne mezzo miliardo.
Il succo di mela costa molto di meno di quello americano grazie ai pesticidi a base di arsenico vietati negli USA ma largamente usati in Cina.
La Cina è anche il primo Paese al mondo per la produzione di pesci da allevamento e la qualità è, mediamente, molto elevata essendo cresciuti nelle putride acque del Fiume Azzurro, del Fiume Giallo o delle Perle.

Non solo beni di consumo, ma anche cibo

Infatti, il pesce non è solo pesce ma molto di più: per far fronte alla salubrità delle condizioni di allevamento, ai normali mangimi i piscicoltori amano aggiungere antibiotici, antifungini, antivirali.
Infine, una spruzzatina di monossido di carbonio per colorarli un po’ e via verso l’ Occidente: infatti mentre queste pratiche sono legali per i prodotti destinati all’ export non lo sono se riguardanti quelli destinati al consumo interno.
La Cina ama anche fare riso di qualità: negli ultimi anni, una delle frodi in commercio tra le più innovative è stata quella del riso di plastica destinato ai cinesi più poveri.
Una bella miscesa di patate normali e dolci lavorata a forma di chicchi di riso con l’aggiunta di una resina di plastica in grado di garantirne la tenuta alla cottura come se fosse di alta qualità: mangiarne 3 ciotole equivale a mangiare un’ intera busta di plastica.

Se poi dovesse piacervi il riso dello Wuchang non c’è problema: si prende del riso normale e si aggiungono dei profumi chimici in modo tale che sembra proprio quello di Wuchang.
Si stima che, effettivamente, vengano prodotte 800.000 tonnellate all’ anno di riso Wuchang ma che ne vendano vendute circa 10 milioni di tonnellate.
Fortunatamente a noi italiani, nel 2020, ci hanno truffato soltanto sulle mascherine senza rovinarci anche i pasti.
Eric Packer

Il virus cinese è immune alle regole del libero scambio

Anche se la Cina è, per tramite di molte aziende, portatrice di innovazione e cultura avanzata del fare azienda e business pulito, è innegabile che complessivamente si stia muovendo optando per la concorrenza sleale.
Di questo parlammo sul nostro blog sempre cinque anni fa.

Una delle tante leve che ama usare è l’adozione di dazi sui prodotti importati.

Ma il problema maggiore è un altro.
Per scardinare le economie concorrenti, la Cina mette in atto pratiche di dumping, ovvero di concorrenza sleale attraverso la sofisticazione dei prezzi.
In poche parole esporta merci a basso costo dopandone i prezzi e mettendo fuori mercato i prodotti concorrenti.


Lo smantellamento della produzione italiana

Da quando nel 2001 la Cina ha aderito alla WTO promettendo falsamente di porre fine alle sue pratiche mercantilistiche e protezionistiche, tutto l’ Occidente industrializzato ha invariabilmente perso enormi quote di mercato dal settore tessile a quello degli arredamenti, dal chimico alla carta, dall’ acciaio alla componentistica per auto, dalle produzioni high-tech all’elettronica, dalla moda al calzaturiero, dall’ automotive all’aerospaziale e via discorrendo.
Nel mentre perdevamo posti di lavoro praticamente in tutti i settori industriali, i nostri grandi politici ed i nostro grandi giornalisti continuavano ad associare la Cina soltanto alla spazzatura che produce quando, in realtà, questa iniziava a mettere la bandierina su tutte le supply chains possibili ed immaginabili specie su quelle ad alto valore aggiunto.
Per anni – e questa è una delle cose più grottesche – grazie al supporto statale, le società cinesi hanno messo all’ angolo le cosiddette industrie green (auto elettriche, energia solare, energia eolica) ad esempio garantendosi non solo il primato nella produzione delle turbine eoliche ma anche importanti dazi protezionistici su tutta una serie di semilavorati e prodotti finiti nel mentre alle aziende occidentali era fatto divieto di vendere in Cina la stessa “…”  e mentre la Cina ampliava l’ uso del carbone trollando i restanti membri dell’ Accordo di Parigi.

Cos’è il WTO?

L’acronimo WTO sta per World Trade Organization (Organizzazione Mondiale del Commercio). Si tratta di un accordo internazionale che regola il libero scambio delle merci tra i Paesi aderenti, ovvero di tutto i mondo, che si impegnano a rispettare le regole comuni per il commercio coordinato fra economie nazionali.

Gli apparati economici appartenenti alla cosiddetta Economia di Mercato, dal 2001 hanno accolto la Cina come membro provvisorio. I membri del WTO infatti erano sicuri che allo scadere dei 15 anni dal suo ingresso la Cina sarebbe riuscita ad adeguarsi a tutti i criteri necessari per essere considerata una vera e propria economia di mercato.

Detto termine è scattato l’11 dicembre 2016, data concomitante con la decisione sulla compatibilità della Cina con il WTO.

Vediamo quali sono i requisiti minimi per considerare effettiva un’Economia di Mercato:

  1. Grado stabilito di influenza governativa sull’allocazione delle risorse e le
decisioni delle imprese;
  2. Assenza di interventi dello Stato nelle operazioni di privatizzazione delle
imprese e nell’impiego di meccanismi di compensazione e di scambio che non
rispettino le regole del libero mercato;
  3. Esistenza di un diritto societario trasparente e non discriminatorio in grado di
garantire un’adeguata governance societaria;
  4. Trasparenza dello Stato di diritto volta a garantire il diritto di proprietà e il
funzionamento di un regime fallimentare;
  5. Esistenza di un settore finanziario che operi indipendentemente dallo Stato.

In rosso abbiamo evidenziato i criteri non soddisfatti dalla Cina, in verde l’unico soddisfatto.


La UE non riconosce alla Cina lo status di economia di mercato.

In prossimità della data fatidica, in Europa si è acceso un dibattito sul tema. Dobbiamo continuare a considerare la Cina un’economia di mercato o adottare le contromisure per fare come se non lo fosse? Fu fatta una campagna per lo stop allo status di economia di mercato alla Cina. Alla campagna di informazione ha partecipato anche questo blog, portando la questione in una TV locale.

 

Il risultato raggiunto fu quello che la maggioranza dei membri della commissione europea votarono per lo stop.

“Pechino ha lasciato decadere la clausola perché si sentiva in diritto di avere un riconoscimento automatico di economia di mercato. Ma così non è stato, infatti la questione si è trascinata per qualche anno, fino al 2019 quando la Cina ha perso una sentenza provvisoria contro la Ue. Pechino aveva la possibilità di ricorrere fino al 15 giugno, termine ultimo per riaprire la partita “storica” per costringere Bruxelles a riconoscere l’Impero Celeste con lo status di “economia di mercato” ma non l’ha fatto.”.

Vai alla fonte.


Problema risolto dunque? Non proprio, visto che la politica di aggressione cinese continua.
Sta a noi cittadini e consumatori difenderci.

Mentre informazione e politica combattono
per battaglie petalose, il virus cinese dilaga

Quindi: in Occidente ci chiedevamo se fosse normale chiamare mamma la mamma e papà il papà e nel frattempo la Cina è divenuta l’ industria del mondo.
Questo suo divenire l’ industria del mondo ha condotto il Drago di Cartone a sviluppare istinti famelici verso tutte le fonti di energia e di materie prime della terra.
Attualmente, la Cina consuma metà del cemento mondiale, metà dell’ acciaiaio, un terzo del rame ed un terzo dell’ alluminio.
Per soddisfare questo appetito, il governo cinese ha stretto patti ed alleanze con i più spietati dittatori contemporanei.
Per poter stringere patti ed alleanze con questi personaggi, i diplomatici cinesi hanno usato al meglio il ruolo di membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ ONU nell’ ambito del quale la Cina potuto porre il veto su qualsiasi tipo di sanzione non fosse di suo gradimento.
Così, da circa un ventennio, i diplomatici cinesi hanno acconsentito ad accordi del tipo “Blood for Oil” e “Rape for Raw Materials”.
Ad esempio, in cambio del petrolio sudanese, la Cina ha impedito alle Nazioni Unite di intervenire nel genocidio del Darfur (300.000 morti) così come la Cina ha impedito di sanzionare l’Iran all’apice dei suoi deliri antisemiti al fine di poter accedere alle sue riserve di gas naturale.
“…”
la Cina si è trasformata da potenza isolazionista a potenza coloniale in pieno sfregio delle originarie teorie anti-coloniali marxiste.

Mentre il cittadino dorme…

Così, mentre l’ Occidente cercava di trovare una soluzione ai problemi esistenziali degli snowflakes, la Cina sfruttava il NIRP/ZIRP globale per costruire qualche infrastruttura nei territori appena colonizzati in cambio di materie prime nonché dell’ accesso ai mercati locali.
I Paesi poveri, privi di alternative “…” sono stati costretti a legarsi alla Cina la quale, anziché usare la manodopera locale, ha trasferito in loco eserciti di ingegneri ed operai al fine di costriuire porti, aeroporti, ferrovie, linee telefoniche ecc.
“…”
la costruzione delle infrastrutture fisiche e digitali rappresentava il presupposto per poter estrarre e trasportare a Chongqing, Donggua e Shenzhen la gomma del Camerun, il magnesio del Congo, il gesso dello Gibuti, il manganese del Gabon, l’uranio del Malawi, il titatio del Mozambico, il molibdeno del Niger, l’argento dello Zambia.
Per completare l’opera, una volta realizzati i prodotti con le materie prime di cui sopra, la Cina li esporta presso questi Paesi buttando fuori dal mercato i produttori locali e dunque contribuendo a far aumentare la disoccupazione e quindi il livello di povertà.
Eric Packer

Il virus cinese è protetto dal suo Governo

Ma come fa la Cina a dopare i prezzi e a vendere sotto costo?
Per riuscire a mettere fuori mercato i concorrenti occorre fare prezzi più bassi dei loro. Al di là del fatto che la Cina occupa una posizione dominante per l’acquisizione di materie prime e manodopera a basso costo, ciò non basta per ridurre i prezzi tanto da fare fuori i concorrenti.

Del resto è così evidente, dato che anche in occidente, proprio per fare fronte alla globalizzazione, la retribuzione e i diritti dei lavoratori sono stati cinesizzati.

Allora come fare?

Una pratica comune è quella di finanziare con soldi pubblici le proprie aziende esportatrici in modo da sorreggerle economicamente nonostante queste vendano i loro prodotti sotto costo.

Si chiama dumping, come abbiamo visto più sopra.

Quindi il Governo cinese sostiene le aziende che fanno concorrenza sleale ai propri concorrenti internazionali.

Questo comporta che i prodotti cinesi, una volta che avranno invaso i mercati esteri, faranno sparire dalle vetrine e dai banchi dei mercati, tutti quei prodotti incapaci di reggere la concorrenza.
Il rischio maggiore è che una volta invasi i mercati del mondo avranno anche eliminato le aziende straniere concorrenti, fallite nel frattempo. Quando i produttori cinesi avranno raggiunto il monopolio per quei prodotti e alzeranno i prezzi a loro piacimento assorbendo la nostra ricchezza che andrà ad alimentare quella del popolo cinese.

America first: il fascismo non c’entra

Vi dice niente lo slogan “America first” di recente memoria?
Sì, lo so che è stato scambiato per uno slogan fascio-lega-fascista, ma non lo era.
Donald Trump aveva in mente proprio uno scontro sui dazi e sull’importazione di produzione (non di prodotti) in America, proprio per andare contro corrente.
Gli USA infatti soffrono di una bilancia commerciale deficitaria rispetto alla Cina. Ciò ha prodotto anche l’indebolimento del dollaro statunitense e quindi l’aumento dei costi delle importazioni.
A questo punto per gli USA diventa difficile mantenere il tenore di vita medio dei suoi cittadini.

Quindi le soluzioni più immediate sono due:
1) riportare la propria economia a produrre ciò che consuma.
2) riprendere l’espansionismo coloniale dichiarando guerra ai produttori di materie prime e ai loro fiancheggiatori.

Ma secondo voi, se il governo in carica è propenso ad aprire un dialogo con la Cina, quali delle due opzioni sceglierà per prima?

Per arginare il virus cinese, Biden attacca la Siria.


Come fare per immunizzare l’economia italiana?

Gli USA hanno dichiarato che Biden manterrà almeno inizialmente i dazi sui prodotti europei.
È difficile che cambi rotta repentinamente anche rispetto a quelli che Trump aveva imposto sui prodotti cinesi.
Ciò almeno fino a quando gli USA patiranno i problemi a cui abbiamo accennato uniti a quelli di deficit in aumento.
Quindi gli USA hanno già deciso, l’Africa è in balia degli eventi, ma noi?

In un periodo in cui le economie mondiali sono messe in ginocchio dal virus cinese, occorre rimanere desti e concentrati sul consumo consapevole.
Tenere i politici attenti su questa questione è un fatto altrettanto importante.
Ma l’azione che occorre condurre maggiormente, è la vigilanza e la diffusione tra chi ci circonda, del vaccino della consapevolezza.

L’Italia è ancora estranea a fenomeni di importazione di cibi contaminati, per fare un esempio, ma il declino economico favorisce le produzioni a basso costo e quindi scadenti.

Far ripartire l’economia è uno dei fattori immunizzanti. Solo così possiamo contrastare il virus cinese che si insinua laddove c’è poca consapevolezza e molta povertà.

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