di Giovanni Lazzaretti
29.10.2023
Dopo l’ultimo articolo ho ricevuto alcune mail e tre di queste le ritengo particolarmente significative. Non le commento subito, ma le utilizzerò in seguito. Omesse alcune parti personali, fatto qualche piccola correzione, eccole qua.
BORIS PIETRI, mail
Caro Giovanni, come al solito ho “bevuto” tutto di un fiato il tuo Taglio Laser ma “il gusto” mi ha consigliato alcune osservazioni.
- In primis: tratti gli ebrei come una falange così come i palestinesi.
- Secondo: la realtà locale è molto più complessa di quanto la fai apparire. Ho frequentato per trent’anni il mondo produttivo israeliano ed ho conosciuto un centinaio di persone. Ritengo che i concetti seguenti, da me acquisiti, meritino attenzione.
- Secondo la cultura ebraica e araba il concetto di terra è più importante di quello di persona.
- Molti dei miei contatti ritenevano che nella cultura palestinese faccia difetto il concetto di COMPROMESSO. Qualsiasi offerta viene giudicata segno di debolezza.
- La società israeliana è molto complessa e se non ci fosse un nemico esterno si sarebbero già scannati da mo’!
- Recentemente ho letto da qualche parte che la società israeliana non si divide tra destra e sinistra ma israeliani ed ebrei. L’ho trovata molto calzante.
- Gli ebrei sono minoranza ma molto influente. La lotta feroce pro e contro Netanyahu è in effetti una lotta tra queste due realtà. Se valesse il “cui prodest” direi che Hamas abbia fatto un grosso favore agli “ebrei”
- Il Presidente della società che rappresentavo in Italia sosteneva che occorreranno dieci generazioni per trovare una convivenza pacifica.
L’ultima volta che sono stato sulla spianata del tempio con Shimon (Presidente della società da me rappresentata) mi confessò che lui non credeva più in Jahweh perché aveva permesso la Shoah.
Obiettai che senza Shoah non ci sarebbe stato lo stato di Israele. Sono convinto che Dio non produce scarti e tutto ha un senso e uno scopo anche il dolore, soprattutto il dolore.
Qualcuno un giorno capirà.
VITTORIA CARINI, mail
Ho letto il tuo intervento sull’attuale caos in Palestina e pensavo, circa i tuoi dubbi – che erano pure miei – sulla non credibilità di un’intelligence israeliana debole, che queste parole di Caracciolo sull’intrinseca confusione interna israeliana possono spiegare abbastanza le cose.
https://youtu.be/mXcYLQvaRcI?si=WPYuV5q1BItJWzI2
Penso proprio che Israele è un grande calderone dove ribollono infiniti modi di considerare la “Terra santa”. In primis basate sul rifiuto di ciò che la Chiesa ha sempre chiesto: riconoscere lo status di città internazionale a Gerusalemme e finirla di attribuirsela unilateralmente come capitale.
È terribile quello che l’ignavia (o malafede) occidentale ha permesso a Israele di fare sulla pelle dei palestinesi.
EREMITA GIOVANNA, mail
Caro Giovanni, prendo l’occasione del tuo invio per salutarti e ringraziarti per il tuo lavoro certosino.
Sono rimasta desolata dall’iniziativa del digiuno e preghiera del 17 ottobre per la guerra in Palestina. Naturalmente non sono stata capita, nemmeno dalle persone più in sintonia, tranne due o tre, e questo mi ha lasciato tanto perplessa. Siamo diventati veramente così? Così superficiali e ignoranti delle Scritture?
Non critico l’iniziativa, perché senz’altro è buona cosa, e il Signore accetta tutto e tutto porta a compimento, ma pensare che due preghiere e un giorno di digiuno possano bastare a metterci la coscienza a posto per me è inspiegabile.
Il Signore non se ne fa nulla dei nostri digiuni e dei nostri sacrifici, ce lo ricordiamo? Il Signore vuole la conversione del cuore e della vita! Non faceva meglio Pizzaballa a dirlo chiaramente? A dire che un mondo che continua a disattendere le leggi di Dio non può stupirsi del male che dilaga?
Vabbè ci sarebbe tanto da dire ma mi fermo qui.
Un carissimo saluto e dammi tue notizie.
Giovanna l’anziana
RIPARTIRE È DIFFICILE, CON LA VMC IN ATTO
Ripartire è difficile. L’ultimo articolo sulla Palestina è stato il punto di inizio, ma è ovvio che bisogna riparlarne, non fosse altro per l’ecatombe che si profila all’orizzonte.
Stando al Resto del Carlino di ieri (28.10.2023), le vittime a Gaza sono già 7.300 (chissà quante sono in realtà; prendiamo questa cifra “pubblica” come numero minimale) e non interessano a nessuno.
Non interessano a nessuno a livello mediatico. L’enfasi data ai 1.400 uccisi in Israele dal 7 ottobre dovrebbe già essere moltiplicata per 5 pensando a quanti sono gli uccisi di Gaza.
Ma questi non contano nulla, perché vengono “dopo”. Quelli “prima” sono stati uccisi dai cattivi. Quelli “dopo” sono stati uccisi dai buoni. È, di fatto, l’accettazione della vendetta per via mediatica.
Mi ero messo a usare l’espressione “cornice mediatica” per definire lo schema comunicativo dal quale non si può sfuggire. Rileggendo però un mio vecchio articolo dei tempi della strage al Bataclan mi sono accorto che avevo coniato una definizione mia:
VMC = Versione Mediatica Consolidata.
Cosa prevede la VMC? Faccio qualche esempio.
- Il TG1 di stasera inizia con un’intervista all’ambasciatore d’Israele in Italia, che ribadisce che Hamas sarà spazzato via e ci vorrà molto tempo. Propaganda ebraica pagata da tutti noi.
- La giornalista con l’elmetto va a visitare la zona del rave party «ancora da finire di bonificare» (cosa ci sarà mai? Qualche terrorista su un albero? Al massimo qualche ordigno inesploso). Ci fa vedere “orrori” tipo un’auto bruciata // un’auto col vetro rotto // una bambolina per terra. Poi improvvisamente la telecamera inquadra 4 soldati in assetto di guerra che puntano l’arma su un uomo disarmato in maglietta: un’immagine che sa di “finto”, un po’ come le immagini della guerra di Libia 2011. Soprattutto un’immagine che stride con la mancanza assoluta di protezione armata del 7 ottobre. Un servizio televisivo costruito sul nulla, che solo le parole della giornalista provvedono a trasformare in “orrore”.
- Quando viceversa inquadrano distruzioni a Gaza niente fa orrore. I commenti sono così sbiaditi, le immagini sono talmente asettiche che, togliendo l’audio, potrebbero essere scambiate per le immagini di un terremoto: macerie, qualche ferito che viene portato fuori dalla casa distrutta. Una sorta di disgrazia, quindi; posto che il nemico che ha bombardato non si vede.
Potrebbero addirittura essere DAVVERO le immagini di un terremoto, tanto nessuno di noi sarebbe in grado di distinguere Idlib distrutta da Gaza distrutta. Vi stupisce? Ma no. Nella guerra di Libia non usarono un normale cimitero per comunicarci l’idea delle fosse comuni? Allora l’immagine falsa servì a INVENTARE le fosse comuni. Stavolta l’immagine falsa potrebbe servire a NON FARCI VEDERE la vera situazione a Gaza.
Israele, con l’operazione “Piombo fuso” del 27.12.2008-18.01.2009 fece 1.300/1.400 morti a fronte dei suoi 13 morti: rapporto di 1 a 100. Anche allora ci fu un’invasione di terra, oltre ai bombardamenti.
Se va avanti la linea descritta dall’ambasciatore d’Israele in Italia (estinguere Hamas), 100.000 morti sono una stima sensata. Già adesso mi chiedo come si faccia a sopravvivere a Gaza senza acqua, luce, gas, carburante.
L’IDEOLOGIA SIONISTA
La storia del passato dovrebbe portare a non schierarci.
Tutto il caos attuale nasce dal movimento sionista. Il movimento sionista nasce ufficialmente nel 1897, a seguito dell’affare Dreyfus (antisemitismo in Francia) e si inserisce nell’epoca delle grandi migrazioni dall’impero russo generate dai pogrom antisemiti del 1881-1882 e del 1903-1906.
L’idea quindi di costituire un «luogo in cui l’antisemitismo fosse assente per definizione» poteva anche avere un senso. Ciò che aveva poco senso era la scelta del luogo.
La cosa certa è che oggi, per la vita di un ebreo, non esiste un luogo più pericoloso di Israele. Considerato che doveva essere il luogo della sicurezza, l’esito è quindi deludente. L’Uganda, prima proposta sionista del 1903 per uno Stato ebraico, sarebbe stato certamente un posto più sicuro.
Ma il sionismo non è “logica”, è ideologia. Riprendo alcune parole dal libro di Zabotinskij [Vladimiro Giabotinschi “La legione ebraica nella guerra mondiale” editrice L’Idea Sionistica, Milano 1935-XIII], che si rivolge al sionista ungherese Max Nordau. Siamo nel 1914.
«Dottore, noi non dobbiamo prendere la strada degli idioti. Non soltanto il turco non è nostro cugino, ma neanche col vero Ismaele non abbiamo niente in comune. Noi, grazie a Dio, apparteniamo all’Europa; per duemila anni abbiamo contribuito a creare la cultura occidentale. Dalla vostra stessa bocca ho sentito pronunciare, nei discorsi al Congresso [sionista], le parole: “Noi andiamo in Palestina per estendere i confini (morali) dell’Europa fino alle rive dell’Eufrate. Il nostro massimo nemico per questa guerra è il Turco”. È venuta adesso la sua ora. Dobbiamo noi rimanere a far niente?»
È facile sentire delle “sonorità” ancora attuali.
- L’Europa identificata con l’occidente.
- L’esportazione dell’Europa a forza, in terre non europee (niente di diverso dalla “esportazione di democrazia” teorizzata dagli USA in questo millennio).
- Confini “morali”, intendendo quindi una superiorità morale.
- Un nemico da distruggere, non perché ti abbia fatto qualcosa (i pogrom antiebraici erano principalmente in Europa) ma semplicemente perché si trova su quelle terre.
I “luoghi in cui l’antisemitismo era assente per definizione” esistevano già, si chiamavano “ghetti”. Zabotinskij lavora quindi per la realizzazione del più grande dei ghetti, la Palestina. Anzi nel libro la parola Ghetto è scritta con la maiuscola.
Lo “spirito del Ghetto” è l’idea che lo anima. E i nemici sono gli “assimilati”, quelli che hanno sciolto il legame fisico e mentale col Ghetto e sono diventati, ad esempio, inglesi tra gli inglesi. Ebrei inglesi assimilati furono inquadrati come coscritti nella Legione Ebraica, ma (lo riferisce lo stesso Zabotinskij) cantavano una canzoncina che in italiano suonava così.
Quando ritorneremo tutti a Blighty [Parola indiana, forse “paesello”. Nel gergo militare era l’Inghilterra.]
al più presto,
e lasceremo la Città Santa
al Comitato Sionistico…
Non c’era coincidenza alcuna tra l’essere ebreo e l’essere sionista.
C’era invece coincidenza tra l’essere sionista e l’essere “uomo in armi”, anche se fisicamente non tenevi un’arma in mano.
Così (ed ecco il primo contatto con le mail citate all’inizio) quando Boris dice «Caro Giovanni, tratti gli ebrei come una falange così come i palestinesi» posso dire in risposta «è così».
Non mi sarebbe venuto in mente il termine “falange”, ma, se falange sta per “un’idea politica che si mette in armi”, allora sì: l’esercito di Israele nasce dall’evoluzione di 50 anni di “falange” e diventa esercito quasi per caso. Ne ho subìto il fascino al tempo di Moshe Dayan, quando l’esercito d’Israele distruggeva l’aviazione egiziana al suolo, non ne subisco certo il fascino da Sabra e Shatila in poi [Responsabilità israeliana “indiretta”, la strage avvenuta a opera della Falange Libanese]. Men che meno da quando sono iniziate le “guerre di Gaza”.
LA DIVISIONE DELLA SOCIETA’ ISRAELIANA
Boris scrive anche «Recentemente ho letto da qualche parte che la società israeliana non si divide tra destra e sinistra ma israeliani ed ebrei. L’ho trovata molto calzante.»
Ecco che diventa buono il collegamento segnalato da Vittoria Carini nell’altra mail. Qui potete ascoltare le parole di Caracciolo (Limes) che descrivono la società israeliana.
https://youtu.be/mXcYLQvaRcI?si=WPYuV5q1BItJWzI2
Attenzione. Il video è del 13 aprile 2023, quindi “prima”. Si può ascoltare senza pensare a “secondi fini” riguardo agli avvenimenti attuali.
Sentirete dire da Caracciolo che Israele è diviso in 4 tipologie di “tribù”.
- Ebrei laici
- Ebrei religiosi
- Ultraortodossi (haredim)
- Arabi (arabi israeliani, non palestinesi dei territori; sono il 20% di Israele)
Caracciolo inquadra le categorie 1 e 2 nei “sionisti”. Le categorie 3 e 4 sono esentate dal servizio militare. Le 4 categorie hanno una cosa in comune, per noi inaudita: 4 percorsi scolastici indipendenti, nonché il controllo di fatto di certe zone del paese.
In Israele destra e sinistra sono cose diverse dalle nostre. La destra sono “gli ebrei”, che volentieri amerebbero un’espulsione di tutti i non ebrei dal territorio. La sinistra sono “gli israeliani”, che preferiscono lo Stato multinazionale a controllo ebraico.
Aggiungo io i Naturei Karta, ebrei ortodossi antisionisti e contro lo Stato di Israele, stanziati in Palestina ben prima dei sionisti.
Israele non ha una Costituzione, non sono mai riusciti ad accordarsi. Hanno delle “leggi fondamentali”, ma vengono votate in modo ordinario. Ad esempio la legge che definisce Israele “Stato nazionale del popolo ebraico” è stata adottata con la maggioranza di 1 voto. Non hanno una definizione dei confini, si tengono “mano libera”. Sono finanziati dagli USA e al contempo hanno ampia componente di ebrei russi.
L’esercito ricade nelle categorie 1 e 2, tendenzialmente contrarie a Netanyahu. Alcuni riservisti avevano cominciato a disertare l’addestramento periodico.
La definizione di “violento guazzabuglio” calza quindi a pennello. L’esistenza di un nemico esterno fa da ottimo collante; vale in generale in ogni paese, qui in particolare.
Questa società divisa può darci elementi per valutare l’attacco del 7 ottobre? Si potrebbe pensare all’esercito che “allenta la presa” in funzione anti-Netanyahu. Ma l’esito dell’allentamento è un attacco di Hamas che, come dice Boris, ha fatto un grosso favore all’altra componente, quella della destra ebraica.
In ogni caso a qualcosa bisogna pur pensare. Perché l’idea banale della VMC, ossia “Israele è stato colto impreparato”, stride con la situazione di un paese iper-militarizzato e iper-controllato.
L’esito comunque è dolore e morte, perché Israele è come un elefante tra i cristalli.
Israele, sia come PIL che come ordine di grandezza della popolazione, è paragonabile all’Irlanda. Dovrebbe avere un esercito modesto come quello dell’Irlanda. Invece ha una potenza militare e tecnologica spropositata, finanziata dagli USA e in generale dalla diaspora ebraica (la quinta tribù, la chiamerebbe Caracciolo).
Le sue azioni militari perdono facilmente il senso del limite, come dimostrano i numeri dei morti (altrui).
OGNI ALBERO SI RICONOSCE DAL SUO FRUTTO
Credo che avremmo una percezione migliore dei fatti se la smettessimo di considerare gli ebrei come “buoni”.
L’olocausto serve benissimo a definire la cattiveria nazista, ma non rende buone le vittime. Le vittime erano buone, cattive, e tutte le sfumature intermedie; come in ogni gruppo umano. Avevano una sola cosa in comune: erano CIVILI INNOCENTI, ossia non meritevoli di morte.
Invece noi li abbiamo trasformati in “buoni” a prescindere. Buoni loro, e buoni tutti quelli che si richiamano a loro. Buoni a prescindere, anche se tolgono acqua, luce, gas, carburante, cibo, medicine ad altri uomini.
Hamas ha ucciso i civili? Frutto cattivo, albero cattivo.
Ma Israele imposta la guerra di abbattimento di Hamas come vendetta su un popolo colpevole. Sta sbagliando, non fosse altro per il fatto che nella striscia di Gaza c’è un manipolo di cristiani. Un popolo non è mai colpevole, visto che i capi delle nazioni normalmente le opprimono.
Se sei un vero esercito, queste cose le devi capire. Se invece sei impregnato di un’ideologia che non distingue tra miliziani, papà, mamme, vecchi e bambini, allora è un’altra cosa. Vuol dire che hai ancora il modo di operare dell’Irgun o della Banda Stern.
Il sionismo ha portato esiti oggettivamente disastrosi in termini di morte e di conflitto permanente: una terra senza pace da più di cent’anni.
Frutti cattivi, albero cattivo. Se non lo ammettiamo, finiremo per schierarci come tifosi e non capiremo mai le sofferenze atroci della gente comune.
Ecco la cartina con la divisione ONU del 1948.
50% di territorio ebraico 50% di territorio palestinese, più o meno. E soprattutto, faccenda vitale, le micro-connessioni tra gli spezzoni di territorio. E, ancora più vitale, lo status di Gerusalemme come città internazionale, come ricorda la mail di Vittoria Carini.
Adesso i palestinesi sono chiusi in due ghetti che occupano circa l’11% del territorio. È impossibile saltarci fuori, se non si eliminano entrambi gli alberi cattivi.
Che, forse, si sintetizzano nella frase di Boris Pietri: «Secondo la cultura ebraica e araba il concetto di terra è più importante di quello di persona». Ossia il dolore umano non viene mai contabilizzato.
PREGHIERA & DIGIUNO. E CONVERSIONE
La mail dell’eremita Giovanna è la più semplice, perché è una delle verità più solide per un cattolico. Verità già pienamente presente nell’Antico Testamento.
Il Salmo 50 si legge ogni venerdì. «Non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi. […] Allora gradirai i sacrifici prescritti, l’olocausto e l’intera oblazione».
Dio gradisce o non gradisce? Gradisce, se il sacrificio del digiuno è l’abito esterno che rappresenta il digiuno interiore, il digiuno dal peccato e dalle passioni.
In altre parole, se pensiamo di fermare la guerra senza essere in Grazia di Dio, costruiamo sulla sabbia. Confessione & preghiera & digiuno, allora forse ci saltiamo fuori. Non per opera nostra, ovviamente.
Giovanni Lazzaretti
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