Proseguiamo la rassegna sui diffusioni di fake news in tv, sui giornali, ma anche nelle università.
Il professor Francesco Lippi risulta essere fra i principali economisti in Italia per numero di pubblicazioni nelle riviste internazionali, è professore di macroeconomia alla LUISS, insegna all’Einaudi Institute of Economics and Finance. E’ certamente una persona che fa opinione, formando i futuri “economisti” nelle università, scrivendo sulle riviste internazionali e, in Italia, scrivendo su Il Foglio, oltre a comparire di tanto in tanto in televisione in qualità di esperto.
Peccato che utilizzi il suo ruolo eminente per confondere le idee a chi ascolta, sostenendo posizioni che fanno a pugni con la logica e con la realtà dei fatti. Oltre ad ignorare dei concetti fondamentali dell’economia, come quello del moltiplicatore fiscale.
Lo scorso mese di novembre Lippi ha pubblicato l’articolo “Il gioco delle tre monete” su Il Foglio nel quale vorrebbe dimostrare ai lettori che lo Stato non ha alcuna possibilità di creare una moneta parallela che consenta di far ripartire la domanda interna, ponendo fine alla crisi economica. Lippi si riferisce in particolar modo alle proposte dei mini-bot e della moneta fiscale, che sono ben note ai nostri lettori.
Prima di tutto evidenziamo l’indebito ricorso alla tecnica retorica della fallacia per generalizzazione indebita, mettendo sullo stesso livello ogni tipo di moneta complementare e coloro (neofiti!) che le hanno concepite, come gli esperimenti del tutto improvvisato del Napo di Napoli, del Marso di Avezzano o dei patacones emessi in tutta urgenza in Argentina nel 2001 a seguito del blocco dei bancomat. Come sostenere che ho mangiato una pizza cattiva non fatta da Michele, ogni pizza non fatta da Michele sarebbe cattiva.
Denominare “alchimie monetarie” eventuali emissioni di mini-bot o di moneta fiscale, studiate da persone competenti in materia, significa affermare che solo Michele (ovvero le banche) sa fare la pizza buona, tutto il resto non ha ragione di esistere.
Sorvoliamo su queste scorrettezze logiche, che tuttavia non fanno fare una bella figura al professor Lippi.
Lippi esordisce sostenendo che “i neofiti non capiscono che giocare con la quantità di moneta equivale a manipolarne il prezzo, la sua unità di misura, ma non il valore, ovvero i beni acquistabili con quei pezzi di carta”. Questa affermazione significa sostenere che vi sarebbe una sorta di formula matematica che modifica il valore di una valuta in funzione della sua quantità.
Supponiamo che Lippi si riferisca alla formuletta che insegnano al primo anno di università:
MxV = PxY
dove M è la quantità di moneta, V la velocità di circolazione del denaro, P il livello dei prezzi ed Y la quantità di prodotti disponibili sul mercato (livello di produzione).
Lippi sostiene che essendo V costante ed Y costante, allora M/P = Y/V = costante: se aumenta la quantità di moneta, in qualsiasi forma, i prezzi sono destinati ad aumentare, per cui stampando nuova moneta non sarebbe possibile aumentare il potere di acquisto.
Peccato che Lippi dimentichi di confrontarsi con la realtà.
Prima di tutto il denaro non viene utilizzato solo per fare acquisti, ma anche per risparmiare.
Se io guadagno 1’000 euro al mese, li spenderò tutti entro fine mese per vivere, il che significa un’alta velocità di circolazione del denaro.
Ma se guadagno 10’000 euro al mese, magari ne spenderò 4’000-5’000 al mese per vivere da persona agiata, ma gli altri soldi li metterò da parte per eventuali spese future o per investimenti nell’economia finanziaria, al di fuori dell’economia reale, il che significa una bassa velocità di circolazione del denaro.
Un semplice ragionamento logico fa capire che la velocità di circolazione varia in funzione di M a seconda dei soggetti che percepiscono quella quantità di denaro M. Detto in termini matematici: V=f(M).
Detto questo, se le monete complementari create vanno a beneficio delle persone con maggiore attitudine alla spesa, aumentano la velocità di circolazione l’effetto dovrebbe essere un aumento dei prezzi P.
Ma ancora una volta il professor Lippi dimentica che Y, la quantità di prodotti disponibili, non è affatto una costante. Oggi in Italia il sistema produttivo soffre per mancanza di domanda. Nel caso in cui un aumento della massa monetaria e/o della velocità di circolazione porti ad un aumento della domanda, il sistema produttivo l’ultima cosa che farà sarà aumentare i prezzi, preferendo invece portare a pieno regime produttivo le imprese, assumendo poi personale per aumentare la produzione. Oppure i commercianti si rivolgeranno ai mercati internazionali: la Cina non avrebbe alcun problema ad impiegare nel giro di pochi mesi 5-10 milioni di persone in più per soddisfare l’aumento di domanda in Italia.
No, caro Lippi, le sue affermazioni fanno a pugni con la logica e con la realtà dei fatti.
Lippi ha un passaggio di realismo quando si rende conto che il fatto di poter pagare le imposte future con la moneta complementare la rende spendibile e le consente di circolare. E’ quello che fanno da sempre tutti gli stati che intendono imporre l’uso di una certa valuta. Un caso storico emblematico è il caso del Madagascar.
Dopo di che, però, Lippi crolla di nuovo di fronte ad una banale questione di logica: “Se il livello generale dei prezzi rimane invariato l’emissione di moneta fiscale distribuita gratuitamente ai cittadini è analoga ad una riduzione delle tasse”. Non è proprio così. Se la moneta complementare va a beneficio di persone che già pagavano le tasse, allora si tratta di una forma di riduzione della pressione fiscale, ma se la moneta complementare va a beneficio di persone prima disoccupate, questa aumenterà semplicemente il loro potere di acquisto, senza ridurre le imposte a loro carico, che zero erano e zero rimangono.
Ma soprattutto una riduzione di tasse in euro comporterebbe degli squilibri di bilancio in euro, mentre l’emissione di moneta complementare andrebbe ad aumentare il potere d’acquisto degli italiani, quindi la produzione interna (quelle monete complementari non sarebbero spendibili sui mercati esteri), senza interagire direttamente sui bilanci in euro, notoriamente blindati dalla Commissione Europea.
L’emissione di moneta complementare non sarebbe destinata a “risparmiatori e mercati” (che non si lascerebbero confondere…), ma sarebbe destinata a rilanciare l’economia interna del paese, fatta di produzione e consumo di beni e servizi. Nulla a che vedere con la “solvibilità in euro” del paese, che nella peggiore delle ipotesi resterebbe la stessa di oggi, essendo i bilanci in euro identici a quelli attuali.
In realtà una interazione con i bilanci in euro ci sarebbe, ma non pretendiamo troppo dal professor Lippi. Ne parliamo più sotto.
Il professore si lancia, quindi, in una critica ai mini-bot da utilizzarsi per il pagamento delle imprese creditrici verso lo Stato. Dal punto di vista sostanziale gli attuali crediti delle imprese sono giustamente “illiquidi”, ovvero non cedibili a terzi, ma i mini-bot sarebbero molto “liquidi”, in quanto cedibili a terzi. Le imprese li userebbero per liquidare i debiti verso i loro fornitori ed i fornitori verso i fornitori dei fornitori. E alla fine i mini-bot verrebbero utilizzati per pagarci le tasse, ritornando allo Stato che li ha emessi.
Non si tratta dolo di un “formalismo contabile”, per quelle imprese. Esse verrebbero realmente pagate dallo Stato, potendo utilizzare quella moneta parallela per pagare i propri debiti.
E non è vero che lo Stato potrebbe emettere dei semplici BOT ordinari, perché l’emissione eccessiva di BOT è vietata dall’Unione Europea, che ci impone di non aumentare il debito, mentre le emissioni di mini-bot pare che non contabilizzata nel debito pubblico.
Effettivamente per lo Stato si tratterebbe di un “formalismo contabile”, ma, guarda-caso, la stessa moneta a corso legale, l’euro, viene creata a mezzo di formalismi contabili (la BCE scrive formalmente a contabilità un passivo pari alla banconota emessa). Lo stesso debito pubblico è una formalità, non essendo costituito da debiti reali (misurabili in beni e servizi), ma in compensazioni formali fra titoli di stato e banconote: carta contro carta, disposizioni giuridiche contro disposizioni giuridiche. Perché il formalismo dovrebbe essere valido per Mario Draghi e non per Claudio Borghi e Marco Cattaneo che propongono di emettere i mini-bot e la moneta fiscale? Forse che Mario Draghi è parente del pizzaiolo Michele ed è l’unico al mondo a saper fare la pizza?
Nella parte finale del suo articolo Lippi ritorna sulla storiella dei prezzi e dell’accresciuta quantità di moneta, citando Turchia e Venezuela, come se la struttura economica di un paese fosse del tutto irrilevante rispetto alle politiche monetarie e come se le modalità di emissione e di allocazione delle moneta complementari fossero dei dettagli trascurabili. Questo livello di semplificazione non fa onore a qualcuno che insegna all’Einaudi Institute of Economics and Finance. Come sostenere, come faceva un altro genio dell’economia chiamato Zingales, che l’alto livello di indebitamento del Giappone sarebbe equivalente a quello della Grecia.
Lippi dichiara addirittura che “Il conferimento della nuova moneta a un gruppo particolare di cittadini aumenta il loro potere d’acquisto a spese di quelli che non ricevono il trasferimento”. Ma scusi, professor Lippi, il “gruppo particolare di cittadini” verso chi spenderà l’aumentato potere d’acquisto? Bruceranno la moneta complementare ricevuta nella stufa o la cederanno ad imprese e professionisti in cambio dei beni e servizi di cui bisognano per vivere? Quindi imprese e professionisti aumenteranno il proprio reddito in conseguenza al maggior potere d’acquisto dei primi. Come fa a sostenere addirittura che ridurrebbe i saldi monetari di chi non riceve dallo Stato?
Nelle sue conclusioni Lippi dimostra di non avere la minima idea di cosa sia un moltiplicatore fiscale. E’ evidente a tutti che l’emissione di moneta fiscale, da utilizzarsi per il pagamento futuro di imposte, comporterà un ammanco futuro di euro nel pagamento di quelle imposte. Se avesse letto il libro di Cattaneo e Zibordi avrebbe imparato qualche cosa di nuovo in macroeconomia ed avrebbe evitato di criticare dei meccanismi che gli autori dimostrano di conoscere a fondo.
La messa in circolazione di nuova liquidità parallela fa crescere il PIL, aumentando gli scambi di beni e servizi. La moneta fiscale sarà certamente spendibile e, quindi, accettata dalle banche come forma di garanzia per l’emissione di nuovo credito, che rifornirà il mercato interno di ulteriore liquidità che farà crescere in modo pro-ciclico la domanda interna.
Quando la moneta fiscale arriverà in scadenza, il PIL in euro sarà cresciuto a sufficiente per garantire allo Stato delle entrate fiscali superiori, tali da compensare le mancate entrate a causa dello sconto della moneta fiscale.
Caro Lippi, ci vuole così tanto a capire che in Italia molti sono esclusi dal lavoro ed hanno salari bassi proprio perché non circola sufficiente liquidità per i pagamenti?
Questa sua affermazione gratuita “I cittadini hanno poca moneta perché sono impiegati in lavori a basso valore aggiunto, non viceversa” non corrisponde alla realtà. Le confonde le cause con le conseguenze. Gli italiani con alte qualifiche stanno emigrando all’estero per potere lavorare, dove circola più denaro per i pagamenti. Il sottoscritto è uno di quelli. Quelli che restano si accontentano di paghe ridicole o restano disoccupati.
Se i miei potenziali clienti in Italia non hanno denaro per pagare un ingegnere qualificato, l’ingegnere qualificato non potrà lavorare in Italia oppure dovrà lavorare sottopagato. Se una impresa non ha clienti disposti ad acquistare i suoi prodotti, non investirà per diventare più produttiva, anche perché non avrebbe modo di vendere i nuovi prodotti, in mancanza di clienti.
Stampare moneta parallela per rifinanziare, per via pubblica, l’economia interna, è l’unica via di uscita dall’attuale crisi economica (oppure, se preferisce, usciamo dall’euro). Non è un “artifizio”. Non abbiamo alternative, in quanto le banche non fanno credito in una economia in crisi.
Se lo Stato non può stampare euro (vietato dai trattati europei), l’unica possibilità è utilizzare un’altra moneta che metta nelle mani dei cittadini un mezzo per aumentare il proprio potere d’acquisto e fare crescere l’economia.
La proposta di stampare moneta parallela non si fonda sulla “scarsa comprensione del bilancio pubblico”, ma si fonda su profonde conoscenze dei sistemi monetari e della macroeconomia, che vengono utilizzate per proporre a chi ci governa delle vie di uscita dall’attuale crisi economica causata dalla scarsa liquidità circolante nell’economia reale.
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