di Davide Gionco
Signore e signori, oggi vogliamo stupirvi con effetti speciali, spiegandovi il segreto de futuro prestigiatore che farà scomparire il debito pubblico!
Il nostro presidente Sergio Mattarella oggi ci ha ricordato, per l’ennesima volta, che è necessario che l’Italia abbia i conti in ordine “per la sostenibilità del debito pubblico”.
Il nostro debito pubblico viene utilizzato quotidianamente dai giornali e dalle forze politiche che hanno governato il paese negli ultimi 25 anni (sappiamo in quali condizioni lo hanno lasciato) come il principale spauracchio, insieme alle reazioni dei “mercati”, per imporci politiche di lacrime e sangue, generalmente consistenti in aumenti di tasse, in tagli di servizi pubblici o in privatizzazioni di servizi pubblici, trasformandoli in monopoli privati (con peggioramento della qualità e aumenti dei prezzi).
Se trovassimo il modo per fare scomparire il debito pubblico, scomparirebbe lo spauracchio ed i futuri governi, finalmente, potrebbero cambiare le politiche economiche: ridurre le tasse e aumentare gli investimenti pubblici (manutenzione di ponti, messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici, messa in sicurezza idrogeologica del territorio, ammodernamento di scuole ed ospedali e mille altre opere pubbliche utili da troppo tempo trascurate). Ci sarebbero persino le risorse per rinazionalizzare molti servizi di utilità pubblica maldestramente affidati a dei gestori privati che fanno solo grandi utili, senza darci adeguati servizi.
Se esistesse un modo per fare scomparire il debito pubblico, quindi, varrebbe la pena di prenderlo in considerazione, essendo le conseguenze politiche molto rilevanti.
Ed ora veniamo al dunque, le 2 mosse politiche che consentirebbero di risolvere una volta per tutte il problema del debito pubblico.
Primo provvedimento
Il primo provvedimento politico da prendere è modificare le modalità di emissione dei titoli di stato.
Oggi lo Stato emette dei titoli di debito ad interesse in cambio del denaro ricevuto dagli investitori.
La prima “mossa politica” consiste nel creare presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) un “Conto Titoli”.
Ovvero lo Stato cessa di consegnare titoli di debito in cambio del denaro ricevuto e inizia a registrarli come depositi sul “Conto Titoli”.
Si tratta di un cambiamento puramente formale.
Oggi io, cittadino risparmiatore, cedo allo Stato 1’000 euro per acquistare dei titoli di stato, scadenza a 2 anni, al tasso di interesse dell’1,5%.
Domani io, cittadino risparmiatore, cedo allo Stato 1’000 euro depositandoli presso il “Conto Titoli”, ricevendo in cambio dallo Stato per 2 anni un tasso di interesse dell’1,5%.
E’ esattamente la stessa cosa!
Secondo provvedimento
A seguito di questo “riforma formale” il MEF diventa sostanzialmente proprietario di una banca pubblica nella quale dei risparmiatori hanno depositato, alle condizioni pattuite, i loro risparmi con la certezza di ricavarne un certo tasso di interesse.
Ci ritroveremmo quindi con la più grande banca d’Italia, con depositi pari a 2’350 miliardi di euro, pari all’attuale valore del debito pubblico.
Si tratterebbe di una banca con un altissimo patrimonio a garanzia dei risparmi (tutto il patrimonio pubblico) e che, ogni anno, incassa 800 miliardi di liquidità (le nostre tasse): cifre da fare impallidire anche le più grandi banche italiane ed europee.
Viene costituita una banca pubblica, denominata Cassa Pubblica di Risparmio, di proprietà al 100% del MEF, presso la quale risultano formalmente depositati i fondi del “Conto Titoli”.
A questo punto potremmo fermarci qui.
Nessuno chiede a Unicredit o a Intesa San Paolo di “ridurre” il loro debito formale con i risparmiatori, in quanto questo significherebbe eliminare il servizio di risparmio.
Inoltre le garanzie che le banche devono fornire sui depositi sono di molto inferiori a quelle che potrebbe fornire la futura Cassa Pubblica di Risparmio.
Ci ritroveremmo con una nuova grande banca in Italia, accessibile online o, eventualmente, tramite gli sportelli di Banco Posta, di cui lo Stato potrebbe facilmente prendere il controllo della maggioranza azionaria con una spesa minima di qualche miliardo di euro.
Il debito pubblico, come lo conosciamo oggi, avrebbe cessato di esistere. Avremmo solo una grande banca pubblica, la Cassa Pubblica di Risparmio, che offre un servizio di risparmio privo di rischi, molto più sicuro di quello fornito dalle banche private.
Vogliamo esagerare con la sicurezza, la terza mossa politica
Certo, resterebbe ancora un problema da risolvere per la nuova Cassa Pubblica di Risparmio.
Oggi lo Stato non riceve dalla Banca Centrale Europea lo stesso supporto finanziario che ricevono le banche private.
Ovvero: se l’attuale servizio pubblico di risparmio erroneamente denominato “debito pubblico” venisse trasformato in una Cassa Pubblica di Risparmio, la banca pubblica non riceverebbe dalla BCE prestiti alle stesse condizioni delle altre banche private.
Un’ulteriore mossa politica, nel caso si volessero offrire ai risparmiatori le migliori garanzie di restituzione dei risparmi depositati, potrebbe essere che il MEF inizi ad emettere dei “biglietti di stato”, simili a quelli da 500 lire a suo tempo emessi da Aldo Moro.
Non si tratterebbe di una moneta a corso legale, che salvo aprire un contenzioso con l’Unione Europea continua ad essere l’euro emesso dalla BCE. Si tratterebbero di banconote che lo Stato metterebbe in circolazione e che accetterebbe per il pagamento delle tasse.
Naturalmente potrebbe esistere anche la “forma elettronica” delle stesse banconote. Emissioni di “importi elettronici” da parte del MEF e accreditate ai cittadine o alle aziende che ritengono opportuno (senza obblighi legali) di accettarle.
Tali mezzi di pagamento avrebbero certamente una vasta diffusione, in quanto potrebbero essere utilizzati dai cittadini e dalle imprese per pagare fino a 800 miliardi di tasse l’anno, circa il 50% del PIL italiano.
Avendo un così ampio mercato, potrebbero certamente essere emessi dal MEF come forma alternativa di pagamento dei tassi di interesse sui depositi.
I risparmiatori potrebbero scegliere fra l’avere l’1,5% di interessi in euro o avere il 2,5% di interessi in “biglietti di stato”.
A quel punto quasi tutti opterebbero per il 2,5% di interessi, che utilizzeranno per pagare le tasse al posto degli euro.
Al MEF tutto questo costerebbe l’emissione di 58 miliardi di euro di “biglietti di stato” per pagare gli interessi su 2’350 miliardi di euro depositati presso la Cassa Pubblica di Risparmio (ex “Debito Pubblico”). Biglietti che, come ovvio, sarebbero emessi semplicemente stampandoli o scrivendoli sui computer del MEF.
Quindi nessun rischio per i risparmiatori, in quanto il MEF potrebbe emettere fino ad 800 miliardi di euro di biglietti di stato (richiesti per pagare 800 miliardi l’anno di tasse), che consentirebbero di pagare il 2,5% di interessi su depositi bancari fino a 32mila miliardi di euro, 20 volte il PIL italiano.
Colpo di scena: la magia finale
Dopo avere fatto scomparire il debito pubblico ed avere offerto le migliori garanzie ai risparmiatori, l’illuminato governo potrebbe ancora attuare la magia finale. Non necessaria per tutelare i risparmiatori, ma utile per aumentare il grado di autonomia del Governo dai mercati finanziari internazionali, quelli che all’inizio dell’articolo ci ricattavano a causa dell’alto debito pubblico.
La messa in circolazione di biglietti di stato, resi accettabili dalla possibilità di utilizzarli per pagare le tasse, potrebbe essere aumentata se la Cassa Pubblica di Risparmio proponesse un interesse magari del 10-15% sui depositi in euro, se il risparmiatore accetta di convertirli in biglietti di stato alla scadenza del deposito.
I risparmiatori accetterebbero la proposta, in quanto per loro conveniente.
La Cassa Pubblica di Risparmio, infatti garantirebbe ai depositi in “biglietti di stato” un interesse del 5%, a fronte di un misero 1,5% di rendita (in euro) per i depositi in euro.
Supponiamo che metà dei risparmiatori accettino la proposta.
La Cassa Pubblica di Risparmio si ritroverebbe con 1’175 miliardi di euro (50% dell’attuale debito pubblico) ceduti dai risparmiatori in cambio dei nuovi “biglietti di stato” che offrono maggiore rendimento.
Ovvero: lo Stato si ritroverebbe proprietario di 1’175 miliardi di euro. Una riserva di valuta tale da potersi difendere da qualunque tipo di speculazione internazionale.
Il segreto del mago?
1) Fare come i mezzi di informazione: presentare il servizi pubblico di risparmio come un credito dei risparmiatori, anziché come un debito (pubblico) dello Stato.
2) Fare come la Banca Centrale Europea: creare biglietti di stato, cartacei o elettronici, dal nulla, assumendosene la proprietà e utilizzandoli per acquistare asset finanziari di pari valore (titoli di stato, azioni, altra valuta, ecc.)
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