di Giovanni Lazzaretti
Don Giuseppe non mi ha fatto un gran servizio: mi ha fotografato curvo, scarmigliato, pelata ben illuminata, braghe spiegazzate, mascherina penzolante.
Ma il protagonista non ero io, il protagonista era “Sacrum Vaccinum”, l’immagine esposta dal disegnatore Maupal in Borgo Pio, zona Vaticano.
Nell’intento di Maupal questa immagine di Santo Stefano con turibolo, siringa e liquido spruzzato doveva indicare «la Chiesa (che) sta dimostrando elasticità verso la scienza».
Va beh.
Lasciamo perdere le motivazioni di Maupal e concentriamoci sul fatto che ci ha davvero azzeccato, senza volere.
Uno Stato finto-laico ha preso “il Vaccino” e l’ha sacralizzato.
Ne ha fatto un idolo coi suoi riti, vedi la patetica sceneggiata del Vaccino-Day il 27 dicembre 2020.
Un idolo onnipresente: nel 2021 tutti i TG, in tutti i giorni, a tutte le ore, hanno fatto il loro omaggio al “Sacrum Vaccinum”. Per non parlare delle trasmissioni di “dibattito”.
Un idolo al quale si è sacrificato tutto: i fiumi di denaro, lo sfascio della sanità pubblica, i diritti e la dignità dei cittadini, nonché la salute futura degli italiani.
Un idolo nei riguardi del quale ogni parere dissonante è una bestemmia.
Ma andiamo con ordine, nella quinta puntata eravamo solo al 31 dicembre 2020.
Le certezze del 2020
Il 2020, anno senza vaccino, ci lascia con alcune certezze.
- Il covid non può essere gestito per via ospedaliera: il covid nel 2020 ha fatto 75.891 morti e già questa è una débâcle; ma nel 2020, al di là dei morti covid, abbiamo avuto un extra di 35.838 morti, spiegabili solo con la malasanità (1). Ricordiamoli bene questi numeri: 634.417 morti “normali” (normali nel senso che c’erano anche nel 2019) + 75.891 morti covid + 35.838 morti extra. A questi morti non è stato dedicato un solo minuto di TV.
- Il governo e i tecnici nazionali e internazionali hanno mosso una guerra senza quartiere a qualunque ipotesi di cura domiciliare, denigrando ogni proposta volta a contenere gli effetti peggiori del covid; il caso limite è stato l’articolo fasullo di Lancet sulla clorochina.
- Il governo ha dato una importanza spropositata ai tamponi, anche nei momenti della calma estiva in cui i tamponi non servivano a nulla, visto che il virus era “clinicamente morto”. Questo fatto ha portato all’aberrazione di 34,8 giorni di segregazione MEDIA estiva, di individui SANI (estate 2020).
- La “tamponite” ha creato una mentalità nazionale, propria dei vertici e del popolo, secondo la quale è il tampone che definisce la realtà. Invece il tampone è uno strumento, che va usato secondo il bisogno, e quindi certamente mai d’estate (il rapporto costi/benefici del tampone in giugno, luglio, agosto, settembre è disastroso).
- Anche se tutti i TG, in tutti i giorni, a tutte le ore, ci hanno mostrato immagini delle intensive ospedaliere come emblema del covid, la realtà è diversa. La morte per covid arriva in corsia (64%), nelle RSA e hospice (27%), e infine nelle intensive (9%). Attenzione: si muore in corsia anche quando le intensive sono scariche. (2)
- I morti covid vengono per l’85% dalla fascia d’età oltre i 70 anni, per il 10% dalla fascia 60-69, e solo il 5% dalla fascia sotto i 60 anni. Inoltre i morti hanno una media di 3,3 patologie pregresse, e meno del 3% sono morti senza patologie pregresse.
Foto d’insieme
L’obiettivo di questa puntata è di arrivare a luglio 2021, nei giorni dell’annuncio della certificazione verde che modificherà le nostre vite.
Facciamo quindi subito la fotografia del percorso già fatto e del percorso che ci attende.
Il diagramma dei morti è sempre il più significativo (l’ho mediato a 7 giorni per avere una visione più “morbida”).
Il successivo diagramma delle presenze giornaliere in intensiva assomiglia molto al diagramma dei morti ed è importante, anche se, come già detto, le intensive contribuiscono ai morti in percentuale relativamente modesta.
Non metto la curva dei ricoverati, perché come immagine è molto simile a quella dell’intensiva.
Poi c’è la “variabile impazzita”, ossia la curva dei “casi”: se uno la prendesse sul serio, l’estate 2021 sarebbe tragica come la primavera 2020. I casi servono solo per i titoli dei TG e dei giornali.
E infine c’è la curva della follia, i tamponi. 50.000 tamponi giornalieri nell’estate 2020 erano già follia; i 200.000 tamponi dell’estate 2021 sono difficili da definire: l’ossessione parossistica di testare il nulla.
Il covid è come l’influenza? O come il vaiolo?
Il “Sacrum Vaccinum” si inserisce a inizio 2021, in un momento di intensive calanti e morti calanti.
Supponendo per ora che il vaccino sia “buono” (ossia sia eticamente corretto, abbia un costo ragionevole, sia efficace, non abbia effetti collaterali), ci chiediamo: come è stato “interpretato” il vaccino?
Il covid, come è evidente, non è l’influenza.
Il covid, come è evidente, non è il vaiolo.
Ma nel suo comportamento il covid assomiglia più al vaiolo o più all’influenza?
Assomiglia all’influenza e non assomiglia per nulla al vaiolo: assomiglia all’influenza per la sovrapponibilità ampia dei sintomi, per la parziale sovrapponibilità del codice genetico, ma soprattutto per queste caratteristiche.
- Come l’influenza, ha un andamento stagionale; all’inizio della campagna vaccinale avevamo già conosciuto il picco covid di inizio primavera (picco morti a 7 giorni = 821 il 02.04.2020) e il picco covid di tardo autunno (picco morti a 7 giorni = 741 il 03.12.2020); l’influenza ha il suo picco classico in gennaio, entrambi sono virus del freddo.
- Come l’influenza, non dà immunità permanente.
- Come per l’influenza, un eventuale vaccino è “a perdere”. Ossia “il vaccinato”, “l’immunizzato”, esiste col vaiolo, ma non esiste con l’influenza e col covid, visto che danno solo immunizzazioni provvisorie.
- Come per l’influenza, non può esistere quindi una immunità di gregge, perché il gregge perde continuamente degli appartenenti per “scadenza” degli anticorpi.
- Come l’influenza, il covid fa morire quasi esclusivamente degli anziani (mi ripeto: la media dei morti è 80 anni, l’85% dei morti sono sopra i 70 anni, il 10% tra 60-69, il 5% sotto i 60).
- Come l’influenza, il covid fa morire quasi esclusivamente soggetti con patologie pregresse (ancora mi ripeto: nei morti covid la media delle patologie è 3,3 e meno del 3% sono morti privi di patologie).
- Come nell’influenza, il virus è mutevole e genera varianti.
Come si fa una vaccinazione corretta
La vaccinazione corretta per l’influenza si fa secondo questo schema.
- A gennaio si prenotano le dosi per l’inverno successivo.
- E’ una prenotazione di tipo statistico, senza pretese risolutive: si basa infatti sui ceppi che sembrano, a gennaio, statisticamente più ricorrenti e quindi più probabili per l’inverno successivo.
- Si vaccina la gente a ridosso della partenza dell’epidemia, quindi tendenzialmente in novembre. Vaccinare prima non serve, perché si lascerebbero scoperti gli ultimi periodi invernali, visto che gli anticorpi non durano. Questo soprattutto per i molto anziani, che sono poco reattivi.
- Essendo il tempo molto ridotto, non si può vaccinare l’Italia: si vaccinano anziani e fragili. Si accettano anche altri soggetti, pagando il vaccino (ad esempio il sottoscritto si vaccina per l’influenza dal 1991, età 36 anni, dopo un’influenza bruttissima nei giorni della 1a guerra del Golfo).
- Non solo non si può, ma NON SI DEVE vaccinare l’Italia. Se certe fasce d’età non sono a rischio, vaccinarle ha un triplice risvolto negativo: (1) è un costo inutile (2) toglie risorse umane dalla sanità per vaccinare (3) espone il soggetto comunque a danni collaterali, seppur modesti per il vaccino dell’influenza. Il rapporto costi/benefici dice di non vaccinare assolutamente le fasce non a rischio.
- Mai si deve fare una vaccinazione di massa a epidemia avviata; si creano varianti, si espongono i soggetti alle varianti; al massimo servono singoli richiami di persone molto anziane nella fase conclusiva dell’inverno.
Come si doveva procedere per vaccinare contro il covid
Per il covid si doveva procedere esattamente nello stesso modo.
- Il virus muta, la proteina spike muta, per cui il vaccino al massimo “funzionicchia”, non può essere ritenuto il dio risolutore.
- Vaccinare con l’epidemia in corso è una follia, quindi si doveva attendere almeno maggio 2021 per poter iniziare con una situazione di virus “clinicamente morto”.
- Il periodo di movimento del covid aveva già mostrato un lasso temporale molto più ampio dell’influenza (ottobre-aprile; nel 2021 si vedrà una sella al ribasso a fine gennaio); quindi non maggio 2021, ma settembre 2021 era il momento ideale per vaccinare.
- Avendo solo settembre (anche un po’ agosto, anche un po’ ottobre) a disposizione, doveva essere una vaccinazione ben mirata, limitata alle RSA, ai più anziani, ai fragili.
Inoltre c’era una variabile in più:
- mentre con l’influenza nessuno si preoccupa della presenza di anticorpi “vecchi” relativi all’influenza precedente (ci si vaccina in novembre, le ultime influenze sono di febbraio-marzo, avere ancora anticorpi sarebbe un mezzo miracolo)
- al contrario col covid c’è gente che chiude la malattia ad aprile-maggio e andrebbe rivaccinata in settembre: avere ancora anticorpi è più che normale
- e quindi il test anticorpale in estate andava fatto, prima di vaccinare, per evitare il rischio dell’ADE (Antibody-dependent Enhancement, già rivelato ai tempi del vaccino fallito per la Dengue).
Come si è vaccinato in realtà
Il Sistema per la vaccinazione covid (Sistema con la S maiuscola, perché mai un sistema fu più blindato in una società “democratica”: silenzio stampa imposto ai medici, sospensione dei medici non vaccinati, media compatti e unilaterali, demonizzazione dei dissidenti) si è mosso sbagliando tutti i passi, nessuno escluso.
- Il Sistema ha vaccinato i fragili in gennaio-aprile, creando varianti, e donando anticorpi inutili per l’estate (quando il virus non lavora) e svaniti per l’autunno.
- Il Sistema ha vaccinato i giovani e sani in estate, offrendo anticorpi per un virus già vecchio, anticorpi a gente che non ne aveva bisogno, perché “forniva” un numero di morti bassissimo.
- Il Sistema ha vaccinato senza tenere conto per nulla della presenza di anticorpi naturali nelle persone, esponendo tutti al rischio di ADE.
- Il Sistema si ritrova a fare la terza dose di nuovo in pieno inverno, con epidemia modesta (morti 14.09.2020-28.12.2020 = 36.746; morti 14.09.2021-28.12.2021 = 6.928; 81% in meno) ma comunque in essere: la nascita di nuove varianti da vaccino sono probabilissime.
- Il Sistema ha fatto saltare qualunque considerazione sul rapporto costi/benefici: (1) un ENORME costo inutile graverà sulla sanità pubblica per decenni (2) uno storno ENORME di risorse umane dalla sanità viene fatto per vaccinare / fare tamponi / fare controlli (3) soggetti sani vengono esposti a una ENORME casistica di danni collaterali sconosciuti e scoperti in itinere, perché il vaccino è sperimentale nella tecnica e ignoto negli effetti a medio e lungo termine (ma anche negli effetti a breve: la cecità istantanea non venne certo fuori nei test).
- La terza / quarta / quinta dose si sa già in partenza che daranno un arricchimento di anticorpi sempre più inutili, perché sempre mirati alla stessa proteina spike, vecchia e ormai mutata. Però il Sistema farà ugualmente la 3a 4a 5a… dose.
Evidentemente non è stata impostata una vaccinazione.
E’ stata impostata una vendita di vaccini.
Mettiamo intanto in sicurezza anziani & fragili
Ve le ricordate le frasi del cupo Natale 2020?
«Metteremo intanto in sicurezza anziani e fragili».
“Mettere in sicurezza” è una frase che va bene per l’intervento strutturale su un edificio. Potrebbe andare bene se la malattia fosse il vaiolo. Ossia va bene per definire cose che durano per tempi lunghi.
Ma un vaccino simil-influenzale fornisce anticorpi per tempi brevi, e quel tempo breve va scelto.
Per un virus che lavora da ottobre ad aprile, il tempo giusto di vaccinazione, come già detto, è settembre (anche un po’ agosto, anche un po’ ottobre). E quindi non c’era alcuna fretta di far partire le vaccinazioni, ci potevano essere tranquillamente altri 7/8 mesi di test.
C’era fretta per motivi che esulano dalla salute.
Infatti, che effetti ha avuto il vaccino nel periodo che stiamo esaminando?
Le vaccinazioni partono lente e poi si impennano: passano due mesi per arrivare al 5,2% della popolazione (1a dose), poi al 15.03 siamo a 8,4% della popolazione, 31.03 = 12,2%, 15.04 = 17,3%, 30.04 = 24%, 15.05 = 32%, eccetera).
Il virus nel frattempo si fa i fatti suoi, e ripete la curva primaverile del 2020: salgono i morti fino a inizio aprile, poi cominciano a smorzarsi, fino alla quasi estinzione estiva.
Effetti vaccinali visibili, nessuno.
Se guardiamo i morti vediamo certamente una differenza: 01.03.2020-02.06.2020 = 33.630 morti; 01.03.2021-02.06.2021 = 28.361 morti. Sono 5.269 morti in meno, e potrebbe sembrare un effetto vaccinale. Ma non è così.
Le due regioni capofila della morte “hanno già dato” nel 2020 e non possono ripetersi agli stessi livelli.
La Lombardia fa 10.874 morti in meno, l’Emilia Romagna 1.489 morti in meno: gli ottantenni con patologie non sono disponibili in numero illimitato.
Il calo di morti nazionale è semplicemente dovuto allo spargersi dell’epidemia su tutte le regioni; il collo di bottiglia 2020 di Lombardia (47,9% dei morti) + Emilia-Romagna (12,7% dei morti) nel 2021 non poteva ripetersi.
Il vaccino non dà nessuna indicazione di efficacia anche in estate: i morti 03.06.2021-13.09.2021 sono 1.592 in più rispetto allo stesso periodo 2020. Nell’estate 2021 sono più sotto pressione, rispetto all’estate 2020, sia le corsie che le intensive; anche in Lombardia ed Emilia Romagna.
Un occhio sul Piemonte
Nel “collo di bottiglia” del paragrafo precedente potevo citare anche il Piemonte: “fornitore” nella primavera 2020 dell’11,5% dei morti, anche il Piemonte non si ripete nel 2021 è fa 1.606 morti in meno.
Ma solo con un’analisi accurata si vede che in Piemonte è successo qualcosa di diverso.
Piemonte e Emilia-Romagna sul covid sono molto simili: hanno più o meno lo stesso numero di abitanti, hanno avuto lo stesso impatto covid della prima ora, danno un contributo al totale dei morti molto simile. Poi succede qualcosa.
Vedete in questo primo diagramma che le curve dei morti in Emilia-Romagna e Piemonte scorrono molto simili tra loro, addirittura con coincidenza perfetta il 13.11.2020.
Il secondo diagramma della “differenza morti” mostra meglio l’andamento:
- Parte con più spinta l’Emilia-Romagna, fino a raggiungere un +883 morti il 5 aprile 2020.
- Poi il Piemonte “recupera” in questa tragica gara, fino ad arrivare a una differenza di +153 il 15 luglio 2020.
- (Nel diagramma c’è un balzo anomalo dell’Emilia-Romagna il 15 agosto 2020, ma è dovuto a un errore dell’AUSL di Parma che conteggia in quel giorno 154 morti “persi” nei mesi di aprile e maggio).
- Con l’autunno la situazione del Piemonte peggiora, la differenza morti arriva in parità il 13 novembre 2020, poi il Piemonte va in vantaggio (zona del diagramma con differenza in negativo), fino al +546 morti dell’11 dicembre 2020.
- Dal 19 dicembre 2020 succede qualcosa che fa fare al Piemonte un’inversione di tendenza netta, ben evidenziata nel grafico “differenza”: il Piemonte arriva a recuperare 2.153 morti e, tra piccole oscillazioni, la differenza rimane fino a oggi, anzi cresce ancora (il grafico si ferma al 31 luglio 2021, periodo trattato in questa puntata; ma posso anticipare che a oggi il recupero dal 19.12.2020 è arrivato a 2.664 morti).
Nel periodo più pesante dell’inverno-primavera 2021 l’Emilia-Romagna arriva ad avere l’80-90% di morti in più rispetto al Piemonte.
Ho detto più volte che il virus fa quello che gli pare, per cui bisogna mettere in conto anche la variabile “fortuna”. Ma quando la fortuna diventa stabile e, con la ripresa autunnale dei morti, si riconferma a favore del Piemonte, è meglio chiedersi se c’è un motivo.
A metà novembre 2020 il Piemonte realizza il
PROTOCOLLO PER LA PRESA IN CARICO DEI PAZIENTI COVID A DOMICILIO DA PARTE DELLE UNITA’ SPECIALI DI CONTINUITA’ ASSISTENZIALE, DEI MEDICI DI MEDICINA GENERALE E DEI PEDIATRI DI LIBERA SCELTA
Il tempo di attivare la macchina organizzativa, e si arriva al fatidico metà dicembre del cambio di passo. Un caso? Sembra proprio di no, leggendo le parole dell’Assessore regionale alla Sanità Genesio Icardi il 6 marzo 2021, in occasione di un aggiornamento del protocollo. Riporto integralmente da Piemonte Informa, Agenzia quotidiana di informazione sulle attività della Giunta regionale.
E’ stato aggiornato il protocollo per la presa in carico a domicilio dei pazienti Covid effettuata dalle Unità speciali di continuità assistenziale (Usca), dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta.
Ad illustrare le novità l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Genesio Icardi: «Introduciamo l’utilizzo dell’idrossiclorochina nella fase precoce della malattia, insieme a farmaci antinfiammatori non steroidei e vitamina D. In più, prevediamo la possibilità di attivare ‘ambulatori Usca’ per gli accertamenti diagnostici altrimenti non eseguibili o difficilmente eseguibili al domicilio, ottimizzando le risorse professionali e materiali disponibili».
«Siamo convinti, perché lo abbiamo riscontrato sul campo fin dalla prima ondata, che in molti casi il virus si possa combattere molto efficacemente curando i pazienti a casa – precisa Icardi – Non vuol dire limitarsi a prescrivere paracetamolo per telefono e restare in vigile attesa, ma prendere in carico i pazienti a domicilio. Siamo stati tra i primi, l’anno scorso, a siglare un protocollo condiviso con Asl, Prefetture e organizzazioni di categoria dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. L’obiettivo è evitare che i ricoveri, così come le degenze prolungate oltre l’effettiva necessità clinica, delle persone che possono essere curate a domicilio determinino una consistente occupazione di posti letto e l’impossibilità di erogare assistenza a chi versa in condizioni più gravi e con altre patologie di maggiore complessità».
Altra novità è la possibilità di istituire degli “ambulatori Usca” ospedalieri/distrettuali, in modo da consentire il controllo dei pazienti a cadenza regolare ed offrire un pacchetto di prestazioni per una diagnosi e una stadiazione più appropriata della malattia. Luoghi nei quali si potranno eseguire visite mediche, prelievi di sangue, consegne e ritiro urine per esame completo, monitoraggi saturazione ed eventuale emogasanalisi, elettrocardiogrammi, ecografie toraciche, tamponi naso-faringei per test molecolari e antigenici, attivazioni di percorsi preferenziali con invio diretto in Radiologia per eseguire radiografie e Tac al torace. Alle Usca è previsto anche l’affiancamento di un servizio psicologico, svolto in modalità remoto utilizzando le postazioni di telemedicina attivate in sede distrettuale e costituito da colloqui in videochiamata con il paziente e il nucleo famigliare.
Riguardo ai provvedimenti terapeutici consigliati, accanto a eparina, steroidi e antibiotici il protocollo piemontese introduce farmaci antinfiammatori non steroidei, Vitamina D e idrossiclorochina, dopo che il Consiglio di Stato ne ha consentito la prescrizione (off label) sotto precisa responsabilità e dietro stretto controllo del medico.
Chi è il governatore del Piemonte? Confesso che non lo ricordavo. E’ Alberto Cirio. Nei miei fugaci incontri con la TV vedo Bonacini, Fedriga, Toti, Zaia,… Cirio non l’ho mai incrociato.
Vanno in TV i governatori da vaccino; il governatore che vaccina come gli altri, ma al contempo cura a domicilio non lo chiamano.
Lascio a qualche bravo giornalista d’indagine il compito di studiare la situazione del Piemonte a oggi: dal 6 marzo 2021 il Sistema vaccinale ha avuto tutto il tempo di mettere i bastoni tra le ruote al Piemonte che cura a casa.
A occhio direi che il protocollo continua a funzionare, perché, con la ripresa dei morti autunnale, è ripreso anche il vantaggio competitivo del Piemonte sugli altri, tanto che ha abbandonato il terzo posto nel numero dei morti, cedendolo al Veneto.
Chiudo con una considerazione di tipo matematico: il vantaggio del Piemonte in realtà è parecchio più alto di quello che dicono i grafici. Infatti c’è una fascia di morti sui quali non si può fare nulla: non può fare nulla l’Emilia Romagna, non può fare nulla il Piemonte.
E’ per questo che in estate, dove muoiono solo questi casi disperati, cessa il vantaggio competitivo del Piemonte. Se depurassimo i morti da questi casi disperati, troveremmo che l’Emilia-Romagna ha il doppio di morti rispetto al Piemonte, da quel fatidico 19.12.2020.
Vaccino & porchetta
Bene.
Abbiamo messo vecchi & fragili “in sicurezza”.
Poco importa se il vaccinato di gennaio è a zero anticorpi a luglio, e gli altri a seguire. Quello che conta per il governo è il contatore generale delle dosi, senza preoccuparsi degli effetti.
Tanto c’è la terza, la quarta, la quinta dose, già prenotata.
Col 2 giugno si liberalizza l’accesso al vaccino per tutti, e cominciano le scene indegne.
Se prima c’era qualche medico che frenava sulla vaccinazione di qualche soggetto, adesso “liberi tutti”. Del resto cosa ci si può aspettare da vaccinazioni fatte in piazza a margine di feste e sagre?
Caro Lazzaretti, le avevo scritto mesi fa per lodare il mio medico di base, solidale con lo specialista nel dire che le mie patologie e le medicine che prendevo rendevano pericoloso il vaccino. Adesso le racconto il seguito.
Intanto il mio medico dopo qualche tempo comincia a traballare, immagino a seguito di qualche circolare che spinge sul vaccino per tutti. Diventa possibilista, mentre lo specialista resiste ancora.
Poi arriva l’estate, io mi sento molto meglio, iniziano a vaccinarsi gli amici che cominciano a dire «Dai, guarda me, non mi è successo niente».
Ci ritroviamo a fine luglio con l’annuncio del green pass per i ristoranti al chiuso, e penso con un po’ di amarezza all’autunno-inverno della “pizza del sabato sera” (ha sostituito la “febbre del sabato sera” della nostra giovinezza) dove sarò escluso.
Mi ritrovo con gli amici alla festa della porchetta di Bardolino Cesenate, e lo svacco è completo. C’è un’area vaccini, e a ogni vaccinato in piazza regalano “panino con porchetta e un bicchierone di birra”.
Il clima generale mi fa cedere: vado alla tenda vaccinale, dico le mie patologie, il medico mi guarda senza dire una parola (probabilmente è lì solo per parare il colpo di qualche malore) e vado al buco.
Adesso ho il green pass, ma sono ugualmente escluso dalla pizza del sabato sera, perché sto da bestia e conduco una vita grama, nel faticoso cammino per ritrovare il fragile equilibrio perduto.
I soggetti fragili vanno vaccinati? Dipende. Ci sono anche soggetti fragili che certamente non andavano vaccinati. Io, ad esempio. Nonostante il mio nome, non sono furioso, perché ci ho messo del mio.
Un caro saluto. Furio Vizzini
Eccoci quindi, allo svacco vaccinale, dove i medici ricevono consigli e pressioni per non fare nessuna esenzione (o la visita dei NAS per contestare le esenzioni fatte), mentre “vaccino & porchetta” banalizza il tema e fa il resto.
Tutto è pronto per la nuova era della “certificazione verde”.
Una dimenticanza?
Nel periodo trattato in questa puntata c’è un evento importante: la fine del governo Conte, la nascita del governo Draghi.
Non è una dimenticanza, l’ho saltato volutamente perché Draghi, più che ai vaccini, è legato alla certificazione verde.
Conte aveva il compito di togliere i diritti a tutti per un certo periodo di tempo.
Draghi ha invece il compito di
- togliere i diritti a tutti,
- fingere di restituirli attraverso la certificazione verde che non è altro che un “permesso a tempo”,
- e gestire i dissidenti attraverso l’apartheid.
Un compito oggettivamente più complesso.
Apparentemente la certificazione verde è il ricatto per far vaccinare.
In realtà il vaccino è il mezzo per arrivare alla certificazione verde.
Alla prossima, a Dio piacendo.
Giovanni Lazzaretti
giovanni.maria.lazzaretti@gmail.com
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