Dei Mostri Camminano Sulla Terra. Quali sono i veri paesi della troika del male.

di Philip Giraldi
28.06.2019

Ci sono dei mostri tra di noi.
Ogni giorno leggo di un “piano” americano per invadere un nuovo paese o per infliggere sanzioni ad un governo straniero “non conforme”, al fine di convincerlo a “comportarsi bene”.
La settimana scorsa è stata la volta dell’Iran, ma la prossima potrebbe facilmente trattarsi di nuovo del Libano, la Siria o il Venezuela. O perfino la Russia o la Cina, entrambe viste come “minacce”nonostante soldati, marinai e marines americani siedano sui loro confini e non viceversa.
Gli Stati Uniti sono forse gli unici nella storia del mondo nel loro a vedere minacce ovunque, anche se non sono, di fatto, minacciati da nessuno.

Altrettanto spesso, si sente di nuove atrocità inflitte dallo stato di Israele sugli arabi indifesi, solo perché ha il potere di farlo.
Lo scorso venerdì a Gaza, l’esercito israeliano ha fatto fuoco e ucciso quattro manifestanti disarmati e ne ha feriti altri 300, mentre la polizia dello stato ebraico ha invaso un orfanotrofio palestinese nella Gerusalemme occupata e lo ha fatto chiudere perché gli studenti stavano celebrando una festival della poesia per il “Sì alla pace, No alla guerra”. La pace non è parte del curriculum autorizzato israeliano.

E poi ci sono i Sauditi, che tagliano pubblicamente le teste di 37 “dissidenti” in una dimostrazione di barbarie di massa e che uccidono e smembrano uno sfortunato giornalista.
E non dimentichiamo il bombardamento e il deliberato affamamento di centinaia di migliaia di civili innocenti nello Yemen.

E’ davvero una troika del male, un’espressione coniata dal Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti John Bolton, sebbene lui la stesse applicando a Cuba, Venezuela e Nicaragua, tutte nazioni “socialiste” attualmente sulla lista dei “grandi successi” di Washington. Americani, israeliani e sauditi sono diventati mostri agli occhi del mondo anche se nelle loro menti sono dotati di privilegi speciali in virtù del loro essere “eccezionali”, ‘eletti da Dio” o “Guardiani della Mecca e di Medina”.
Tutti e tre i paesi condividono un senso disonesto di diritto che sostiene la narrazione fantasiosa che il loro comportamento oppressivo e spesso illegale sia in qualche modo perfettamente legittimo. Sicuramente non tutti gli americani, i sauditi e gli israeliani sono dei mostri individualmente. Molti sono persone oneste che rimangono sconvolte da ciò che i loro rispettivi governi stanno facendo. I cittadini sauditi vivono nel dispotismo e non possono dire molto sul loro governo, ma c’è un formidabile seppur frammentato movimento pacifista in Israele (un po’ meno totalitario) e negli Stati Uniti c’è un crescente sentimento anti-guerra.

Il disagio in America è guidato dalla sensazione che i conflitti successivi all’11 Settembre hanno solo coinvolto il paese ancora più profondamente in guerre senza vie d’uscita e senza fine.
Sfortunatamente il movimento per la pace in Israele non avrà mai alcun potere reale, mentre in America gli attivisti contro la guerra non hanno un capo e sono disorganizzati, in attesa di qualcuno che si faccia avanti e prenda in mano la situazione.

L’attuale dibattito sulla politica estera si concentra su quelle che potrebbero essere le prossime mosse di Washington in Medio Oriente. Il processo decisionale coinvolgerà inevitabilmente gli Stati Uniti e i loro “stretti alleati” Israele e Arabia Saudita, cosa che non sorprenderebbe nessuno. Se è chiaro che il presidente Trump abbia ordinato un attacco all’Iran prima di cancellare l’ordine all’ultimo minuto, cosa sia successo esattamente è ancora un mistero.

Una teoria, promossa dallo stesso presidente, è che l’attacco sarebbe stato sproporzionato, andando ad uccidere probabilmente centinaia di militari iraniani a fronte della pedita di un semplice drone di spionaggio, anche se certamente molto costoso.
L’uccisione degli iraniani avrebbe compotato una escalation immediata da parte dell’Iran, il quale ha sia la volontà che la capacità di colpire obiettivi di alto valore all’interno e in possimità della regione del Golfo Persico, uno scenario che potrebbe essersi materializzato nei calcoli presidenziali.

L’annullamento dell’attacco da parte di Trump ha provocato immediatamente urla di rabbia da parte della solito pollaio di polizioti neoconservatori a Washington, come anche una reiterazione più sommessa delle richieste israeliane e saudite che l’Iran fosse punito, sebbene entrambi fossero preoccupati delle possibili e dure conseguenze di una massiccia rappresaglia iraniana. Tutti e due i paesi sperano che gli immensi armamenti strategici di Washington riescano a sconfiggere l’Iran rapidamente e in modo netto, ma hanno anche imparato che non ci si può fidare completamente della Casa Bianca.

Per domare la bestia, il presidente ha avviato un pacchetto di nuove “grandi” sanzioni contro l’Iran che senza dubbio colpiranno il popolo iraniano, ma che non cambieranno di una virgola le decisioni del governo. E’ venuta fuori anche una storia relativa agli attacchi informatici statunitensi ad obiettivi iraniani militari e infrastrutturali, un altro tentativo di agire in maniera aggressiva per mitigare gli schiamazzi del coro dei neoconservatori.

Per capire il comportamento stop and go di Trump è necessaria l’applicazione del principio del rasoio di Occam, cioè che la spiegazione più semplice è con tutta probabilità la più corretta. Per qualche strana ragione Donald Trump vuole essere rieletto presidente nel 2020 nonostante il fatto che non si trovi troppo a suo agio nel ruolo. Una guerra veloce e di successo aumenterebbe le possibilità di un suo secondo mandato, che è quello che probabilmento Pompeo promette. Ma qualsiasi azione militare che non fosse immediatamente decisiva danneggerebbe le sue prospettive, infliggendogli molto probabilmente dei danni fatali.

A quanto pare Trump ha avuto un colloquio con l’analista di Fox News, Tucker Carlson, che forse gli ha spiegato quella realtà poco prima che decidesse di annullare l’attacco. Tucker è, per quello che vale, un critico molto rispettato proveniente dalla destra e che è scettico sulle guerre per scelta, sulla costruzione della democrazia e sull’ordine liberale mondiale.

La verità è che l’intera politica estera americana nel corso del prossimo anno sarà progettata per assecondare alcuni collegi elettorali che saranno cruciali per le elezioni presidenziali del 2020.

Si può scommettere su ulteriori concessioni accordate a Israele, ed al suo Primo Ministro omicida e teppista Benjamin Netanyahu, per portare voti ebraici e, soprattutto, denaro. John Bolton è già stato in Israele nel week-end per ricevere gli ordini da Netanyahu e Pence è stato pieno di elogi nei riguardi di Israele, quando ha parlato al meeting di Orlando all’inizio della settimana per il lancio della campagna presidenziale di Trump del 2020, quindi il giochino è già in corso.
E’ interessante osservare come gli oligarchi ebrei come Sheldon Adelson contribuiscano con decine di milioni di dollari ai politici che a loro volta danno allo stato ebraico miliardi di dollari generati dai contribuenti. Corrompere i politici corrotti è uno degli investimenti migliori che si possano fare nell’America di oggi.

Trump ci andrà piano anche con l’Arabia Saudita perché vuole venderle miliardi di dollari in armi che renderanno felice il collegio elettorale chiave del Complesso Industriale Militare (MIC). E continuerà ad esercitare la “massima pressione” su Iran e Venezuela per mostrare quanto possa essere forte al suo pubblico del “Make America Great“, pur evitando la guerra finchè potrà, nel caso qualcuna delle sfortunate vittime provasse a reagire e a metterlo in imbarazzo.

E’ quindi questo il racconto.
La guerra con l’Iran per il momento è in stand-by, ma risintonizzatevi la prossima settimana, dato che la memoria collettiva della Casa Bianca non va oltre i 3-4 giorni.
Entro la prossima settimana noi americani potremmo essere in guerra con la Mongolia.

 

Tratto e tradotto da Renato Nettuno dal sito internet
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