di Giovanni Lazzaretti
Ho la struttura del dipendente, non del lavoratore autonomo: lavoro bene, non spreco un minuto, i clienti ci sono, ricevo lo stipendio dalla mia ditta. Funziona così per più di trent’anni. Poi nella ditta iniziano delle vicissitudini. All’inizio solo voci, poi lo stipendio comincia a ritardare, poi gli arretrati si accumulano, e infine arriva la botta che tanti hanno patito di questi tempi: fallimento, soldi in parte persi, in parte recuperati con fatica. La faccenda è stata dolorosa, ma culturalmente interessante, perché così sono stato costretto a provare cosa è una partita Iva gestita in proprio e a capire alcune cose che da dipendente non avevo ben afferrato.
Ci chiediamo innanzitutto: i cosiddetti “contributi previdenziali” ossia la IVS (Invalidità, Vecchiaia e Superstiti) è tassazione sì o no? Sì, è tassazione.
«La tassazione che lo Stato impone sul rapporto di lavoro si distingue per le destinazioni di spesa pubblica in: (1) fiscalità generale (2) spesa previdenziale. La tassazione che finisce nella fiscalità generale, serve a finanziare la spesa pubblica per servizi indivisibili generali es. sicurezza, infrastrutture, scuola ecc. La tassazione che è destinata alla spesa previdenziale, pur essendo anch’essa spesa pubblica indivisibile e legata alle assicurazioni sociali obbligatorie, ha comunque un rapporto sinallagmatico con il rapporto giuridico di lavoro e con il costo del lavoro in quanto in via indiretta costituisce un servizio pubblico a prestazione individuale.» (Wikipedia)
Prendiamo allora il caso del dipendente di un contratto di lavoro che conosco, dipendente pagato il 10 del mese. Il 10 del mese arriva al dipendente lo stipendio netto; in quel momento, si è soliti dire, il dipendente sta pagando le tasse “fino all’ultimo centesimo”, perché gli sono trattenute alla fonte.
Vero? Vero in parte. In quel momento gli viene trattenuta l’intera IRPEF e il 9,19% per la suddetta IVS, più lo 0,15% di FIS (Fondo Integrazione Salariale) e un po’ di addizionali comunali e regionali.
Queste trattenute le dovrà versare il datore di lavoro il 16 del mese. Il dipendente sta pagando fino all’ultimo centesimo nel senso che tutto il suo debito verso l’erario è stato spostato sul flusso di cassa del datore di lavoro.
Il datore di lavoro pagherà se avrà i soldi, e avrà i soldi se a sua volta sarà pagato con regolarità dai clienti: è un abominio sostenere che un datore di lavoro che non paga l’erario è automaticamente “un evasore”; spesso è semplicemente uno vessato da pagamenti ritardati, in primis quelli dovuti dalla Pubblica Amministrazione.
Ma c’è un’altra faccenda che viene spesso dimenticata: il 23,81% della IVS dovuta all’INPS non è a carico del dipendente, è a carico direttamente della ditta.
Vediamo allora la situazione concreta di un dipendente normale, sottoposto a un contratto normale.
La sua situazione è quella della tabella a fianco: passa da uno stipendio lordo di 22.894,00 euro a un netto di 17.611,83 euro, subendo un prelievo totale di 5.282,17 euro, pari al 23,07%.
Nello stesso anno di lavoro di questo dipendente, ho fatto attività come ditta artigiana, quindi a partita Iva.
Il mio utile di esercizio è stato di 31.189,76 euro, ottimo! 8.295,76 euro in più del dipendente!
Ma se andate a vedere il mio netto è 16.620,53 euro, ossia 991,30 euro in meno del dipendente.
Ho subito un prelievo di 14.569,23 euro (9.287,06 euro in più rispetto al dipendente), per una percentuale del 46,71%.
Considerato poi che una ditta, anche se piccola, va gestita (devo fatturare, caricare la contabilità, stampare registri, fare bonifici, tenere un archivio, eccetera), vedete bene che c’è una forma di ingiustizia.
Se quindi si fa l’affermazione «il dipendente paga fino all’ultimo centesimo», allora dovete aggiungere l’affermazione «la partita Iva paga il doppio» (46,71% contro il 23,07%).
Quando quindi “San” Matteo Salvini mise la flat tax per le partite Iva come le mie, fece un piccolo atto di giustizia. Niente di travolgente, intendiamoci: invece del 46,71% il prelievo sarebbe sceso al 39,52% (a fronte, lo ricordo, del 23,07% del dipendente).
Adesso invece, poiché sono pensionato costretto a continuare a lavorare, mi hanno tolto il “privilegio”: già c’è l’assurdo di dover continuare a pagare la IVS ormai inutile per un pensionato, e in più tutto l’utile della ditta verrà tassato all’aliquota massima.
Ho fatto i conti che il prelievo arriverà al 60%, qualunque sia il reddito. Accetterei anche volentieri, se i soldi andassero al mio Paese. Ma pensare che vadano in interessi passivi a favore dei redditieri mi fa rivoltare lo stomaco.
Poi mi calmo perché c’è di peggio nella vita.
Giovanni Lazzaretti
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