di Giovanni Lazzaretti
Il D-dimero è un frammento proteico rilevabile nel sangue in caso di fibrinolisi, come prodotto di degradazione della fibrina. Il nome deriva dal fatto che è costituito da un dimero di frammenti D di fibrina, stabilizzati da legami crociati covalenti. La sua determinazione mediante un esame del sangue è stata introdotta negli anni novanta e oggi trova indicazione clinica nella diagnosi dell’embolia polmonare, della trombosi venosa profonda (TVP) e della coagulazione intravascolare disseminata (CID). L’esecuzione del test del D-dimero può evitare un numero significativo di esami di imaging ed è meno invasiva. La misurazione presenta alta sensibilità (se basso, può permettere di escludere una patologia trombo-embolica) ma bassa specificità (se è alto, non è necessariamente dovuto a una patologia trombo-embolica).
Da Wikipedia. Poi sono andato a leggermi le linee guida del primo ospedale che è apparso in Google (Ospedali Riuniti di Trieste) per capire meglio.
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Supponiamo
Supponiamo che il dottor Gioacchino sia un medico attento che studia le statistiche degli effetti avversi da vaccino. Rileva che le parole “trombosi” e “embolia” ricorrono un po’ troppo spesso per ritenerle casuali. Si mette allora a testare
il D-dimero dei suoi pazienti come standard e rileva valori sballati in troppi casi. Sa benissimo che il test viene utilizzato normalmente per il suo alto VPN (valore predittivo negativo); ma lui non si pone il problema di trombosi o embolia in atto, si sta ponendo un quesito scientifico: «Questi valori sballati nelle persone vaccinate sono “preparatori” ai troppo frequenti casi di trombosi e embolia post vaccino?»
Supponiamo che il dottor Gioacchino conosca l’onorevole Gioele, deputato. Gli racconta la faccenda. L’onorevole Gioele, che aveva scelto di non vaccinarsi, si rafforza nella convinzione. Supponiamo che l’onorevole Gioele racconti tutto a Giorgio, un suo collaboratore organizzativo/nOmismatico. E supponiamo che Giorgio, conoscendo il sottoscritto Giovanni per ragioni nOmismatiche, anche lui racconti.
Adesso che sappiamo, che facciamo? Niente, è ovvio. Il dottor Gioacchino non può parlarne con nessuno: se ne parla, ricaverà solo l’ammonizione di piantarla con questi esami di laboratorio inutili. Niente può fare l’onorevole Gioele, sia perché non può usare dati ricevuti solo con un racconto, sia perché non troverebbe ascolto da nessun collega.
Figuriamoci cosa possono fare Giorgio e Giovanni, se non aggiungere un tassello alle loro conoscenze. Però, con questa conoscenza in più, possiamo accorgerci del ministro Castelli.
Il D-dimero di Castelli
Roberto Castelli, già ministro della Giustizia, viene invitato a Tagadà, trasmissione di La7 condotta da Tiziana Panella, e racconta rapidamente e sorprendentemente i suoi danni da vaccino. Prima la febbre; poi l’infiammazione alla prostata; da due mesi stremato; ha sempre mal di testa; fatica a fare le scale. E ha il D-dimero a 1’300 (i citati ospedali di Trieste fissano il limite di normalità a 500).
Certo, se il D-dimero è alto non significa necessariamente che sia dovuto a una patologia trombo-embolica. Di fatto gli hanno detto che rischia un trombo, e proseguiranno le indagini con un eco-doppler e una risonanza al cranio.
In trasmissione c’era anche Pregliasco, che gli ha detto più o meno che quel valore indica uno stato infiammatorio, ma non è detto che sia collegato al vaccino. Al solito.
Ora, Pregliasco e tutti quelli come lui bisogna che la smettano con questa solfa. Il monitoraggio passivo l’hanno adottato loro, non io. All’inizio del monitoraggio passivo c’è il paziente e solo il paziente, che ha solo due parametri in mano: il tempo e la stranezza del sintomo.
Ho fatto il vaccino contro lo pneumococco. Se mi fossero venuti bruciore di stomaco, dolore cervicale, ed[omissis], epicondilite, foruncoli all’interno del naso, herpes labiale, mal di gola, mal di schiena, raffreddore, sangue al naso, stitichezza, voce bassa, non li avrei attribuiti al vaccino, perché mi vengono con una certa cadenza.
Qualunque altra cosa l’avrei attribuita a vaccino.
Dopo di che cosa mi fanno? Esami completi per stabilire se la mia segnalazione comporta una correlazione? Sì, figuriamoci. Mettono la mia segnalazione in un algoritmo che stabilisce la correlazione su base statistica, e tende ad assolvere il vaccino ogni volta che si trovano altre cause possibili.
Per il vaccino contro lo pneumococco può anche andare bene, perché è un vaccino “consolidato”.
Ma per i vaccini covid che non hanno mai avuto la Fase IV, ossia la lenta e cauta somministrazione a una popolazione crescente, è una cosa estremamente grave.
Perché il monitoraggio passivo è sottostimato
Il monitoraggio passivo è sempre sottostimato, enormemente sottostimato. Lo stesso ministro Castelli ha confessato candidamente di non aver fatto la segnalazione, perché non aveva le prove. Quindi l’ex ministro (non Pippo Staniscia disoccupato cronico) ignorava che la segnalazione andava fatta a prescindere, perché l’onere della prova spettava ad altri.
Elenchiamo perché non si segnala.
- Non si segnalano tutte le cause “prevedibili”; quelli che hanno diarrea, dolori articolari, febbre, mal di testa, nausea, spossatezza, vomito, non segnalano mai.
- Ho constatato la non segnalazione anche di “pressione al petto e mancanza di fiato”. Perché? Perché si aspetta che passi. E quando passa c’è altro a cui pensare nella vita.
- C’è chi segnalerebbe, ma teme la reazione del medico. Non vuole sentirsi dire «Eh, ma capirai se…!»
- C’è chi si chiede: «Sto male. Mi cureranno meglio se lo segnalo come danno da vaccino o come male generico?» Come male generico, certamente. Almeno il medico non si arrabbia.
- Poi ci sono i morti che non interessano a nessuno. Se muore un uomo in RSA, troverà mai qualcuno che si fa carico di una segnalazione di danno da vaccino? Ma in generale se muore una persona da tot anni in su, devi essere molto determinato per avviare una segnalazione.
- Infine ci sono quelli che hanno un concetto di “vicinanza temporale” limitata a qualche giorno; non immaginano che per certe patologie il concetto di “vicinanza” va portato a un mese e oltre.
Da questo meccanismo perverso che fa sparire le segnalazioni alla fonte, si entra poi nell’algoritmo, che fa sparire il resto, lasciando solo le briciole. Per questo mi rivolgo ai PDF di Sua Maestà Britannica: il loro metodo di filtraggio sembra più sano e più credibile.
Come dovrebbe essere fatto un monitoraggio attivo
Come dovrebbe essere fatto un monitoraggio attivo? Si accettano proposte. In fondo questa è la prima somministrazione di massa di vaccini sperimentali, non ci può essere un protocollo consolidato.
Certamente so come mi muoverei nel caso del D-dimero, percependo i due “buchi” che angustiano il dottor Gioacchino: primo, non sa come era il D-dimero nei pazienti prima del vaccino; secondo, non ha un gruppo di non vaccinati coi quali fare un raffronto.
Per cui, appena il sospetto del D-dimero emerge:
- testare il D-dimero prima della vaccinazione a un campione di persone;
- monitorare il D-dimero dopo la vaccinazione;
- bloccare subito la campagna vaccinale se vedono che il vaccino fa sballare il D-dimero.
Ridi, ridi, faccina. Sappiamo bene che la campagna vaccinale non la bloccheranno mai.
Resta solo l’altra possibilità. Ma capite bene che è una possibilità a posteriori, quando il danno è già fatto: confrontare il D-dimero dei vaccinati col D-dimero dei non vaccinati.
Così è più chiaro perché ambiscono alla vaccinazione totale: non per una immunità di gregge, impensabile con un virus mutante, ma semplicemente per cancellare le prove. Se tutti sono vaccinati, qualunque danno riscontrato sarà un malanno riscontrato su tutta la popolazione, non un danno da vaccino.
Dite che non è vero? Può essere, è una mia ipotesi. Intanto hanno già cancellato, vaccinandoli, il gruppo di controllo della Fase III (procedura detta “unblinding”, togliersi la benda dagli occhi).
È stata una questione discussa fin da dicembre 2020 e ha una motivazione etica: una volta che la sicurezza [solo la sicurezza a breve termine! Nota mia] ed efficacia del vaccino è nota e il vaccino è approvato, non sottoporre al vaccino coloro che, senza saperlo, hanno ricevuto il placebo, li mette a rischio di infettarsi. L’unblinding, sebbene possa effettivamente rendere più difficile raccogliere dati a lungo termine dopo la conclusione degli studi clinici di fase 3, non inficia i dati raccolti finora.
E’ ovvio che “non inficia i dati raccolti finora”, ma erano quelli a lungo termine che ci interessavano. Sorvoliamo sulla “motivazione etica”.
Chi ha scelto di non vaccinarsi, resista, se può. Il gruppo di controllo si riduce sempre di più, per certe fasce d’età è praticamente scomparso. La verità sui vaccini ha necessariamente bisogno dei non vaccinati.
Giovanni Lazzaretti
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