Condividiamo con voi questo articolo pubblicato il 27 giugno 2019 sul sito internet www.albawaba.com in cui si riporta una intervista rilasciata dal Dalai Lama, uno dei “migranti” più famosi del mondo, che dal 1959 ha dovuto lasciare il suo Tibet per trovare asilo come rifugiato in India.
Il Dalai Lama sostiene sostanzialmente che è doveroso offrire accoglienza ed ospitalità a persone in difficoltà obbligate a lasciare il proprio paese. Tuttavia l’obiettivo non deve essere l’integrazione di tutte queste persone nei paesi che le ospitano. L’obiettivo deve invece essere aiutarli a ritornare nei loro paesi di origine, per farli crescere dal punto di vista sociale ed economico.
Lo sradicamento di milioni di persone dalla loro terra e cultura d’origine costituisce un problema per le persone coinvolte, per i paesi che vengono privati di queste importanti risorse umane e per la presenrvazione della cultura dei popoli che si trovano ad accogliere i migranti.
Come diceva giustamente Papa Benedetto XVI, prima del “diritto di emigrare” deve venire il “diritto a non dover emigrare” ed a potere rientrare nella propria terra.
Il dibattito degli ultimi anni fra chi vuole accogliere tutti i disperati che salpano dalla Libia e chi vorrebbe bloccare tutte le navi in partenda, le liti fra coloro che condannano Salvini per le politiche contro gli emigranti e coloro che, giustamente, ricordano che è doveroso salvare delle vite umane in mare, sono evidentemente una discussione senza via di uscita.
Ed una discussione che mai si occupa delle cause dei fenomeni migratori.
E’ giusto aiutare chi è nel bisogno, anche ospitandolo temporaneamente. Ma non è pensabile di ospitare in Europa tutti i migranti, né sarebbe giusto farlo. Anzi, i molti che già sono stai accolti denotano con ogni evidenza delle difficoltà di integrazione, per ragioni culturali, mentre nei loro paesi di origine l’Europa nulla ha fatto per rimuovere i motivi scatenanti dei flussi migratori.
Buona lettura.
Il Dalai Lama ha asserito che “l’Europa è per gli europei” e che il continente potrebbe diventare “musulmano o africano”, se i migranti non verranno rimandati ai loro paesi d’origine.
Il leader spirituale buddista, che ha vissuto come rifugiato in India dopo la fuga dal Tibet nel 1959, ha detto che solo a un ‘numero limitato’ di migranti dovrebbe essere concesso di rimanere.
Durante un’intervista alla BBC ha aggiunto che i rifugiati fuggiti in Europa dovrebbero ottenere le competenze necessarie prima di essere rimpatriati.
Ha affermato che l’Europa aveva l’obbligo di accogliere coloro che avevano bisogno di aiuto, ma alla fine queste persone dovrebbero essere restituite alle loro terre.
Dichiara l’ottantatreenne: “I paesi europei dovrebbero prendere questi rifugiati e dare loro istruzione e formazione, e l’obiettivo è di tornare alle loro terre con determinate abilità”.
Non è la prima volta che il monaco rilascia tali dichiarazioni. In un discorso dello scorso anno a Malmö, in Svezia, il buddista tibetano ha detto che i rifugiati dovrebbero tornare per aiutare a ricostruire i loro paesi.
Ha detto: “Accoglieteli, aiutateli, istruiteli, ma alla fine dovrebbero aiutare lo sviluppo del loro paese. Penso che l’Europa appartenga agli europei.”
Alla domanda su cosa si dovrebbe fare con quelli che vogliono rimanere nei loro paesi adottivi, ha risposto: “un numero limitato va bene, ma l’intera Europa (diventerà), alla fine, un paese musulmano o un paese africano. E’ una cosa impossibile”.
Il Dalai Lama, che è il capo spirituale del popolo tibetano, ha proseguito dicendo che ammirava l’Unione europea quale metodo per evitare conflitti globali.
I dati dell’UE dello scorso anno riportano che circa il 4,4% su un totale di 512 milioni sono cittadini non comunitari.
Secondo le statistiche nel 2017, 2,4 milioni di migranti sono entrati nell’UE da paesi non appartenenti all’UE. Ci sono circa 70 milioni di rifugiati in tutto il mondo.
Alla domanda su Donald Trump ha risposto che il suo mandato alla casa bianca “manca di un principio morale” e che la sua politica del “America First” è sbagliata.
l monaco buddista ha fatto dell’India la sua casa da quando è fuggito dalla capitale Lhasa nel 1959 durante la rivolta tibetana. Istituì un governo in esilio a Dharamsala nel nord dell’India e lanciò una campagna per recuperare il Tibet dalla Cina, che si trasformò gradualmente in un appello per una maggiore autonomia, la cosidetta “via di mezzo”.
L’India, che gli ha concesso asilo nel 1959, ha sostenuto il leader tibetano, ma più di recente il governo ha mantenuto una certa distanza, citando ragioni di “senbilità diplomatica”.
Nel 2015 ha affermato che se il suo successore come Dalai Lama fosse una donna, dovrà attraente, anche se dichiara un femminista.
Parlando di nuovo alla BBC, ha ripetuto ridendo : “Se arriva un Dalai Lama donna, dovrebbe essere più attraente”. In occasione della festa internazionale della donna quest’anno a Marzo, ha chiesto che vengano assegnati a più donne ruoli di leadership, anziché a degli uomini, che vengono “celebrati per aver ucciso i loro avversari”.
Questo il suo post: “Le donne hanno dimostrato di essere più sensibili alla sofferenza altrui, mentre i guerrieri celebrati per aver ucciso i loro avversari sono quasi sempre uomini”.
Traduzione di Renato Nettuno
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