Nel 1981 il presidente francese François Mitterand incaricò il giovane laureato alla Scuola Nazionale di Statistica Guy Abeille
di calcolare in meno di un un’ora una “regola” che stabilisse il limite massimo al deficit pubblico.
La cifra fu buttata lì sul tavolo senza la minima analisi macroeconomica, semplicemente guardando ai dati del bilancio del governo francese degli anni precedenti al 1981.
Nel 2012 lo stesso economista Guy Abeille racconta al quotidiano francese Le Parisien come fu calcolato, sostanzialmente a caso, questo parametro.
Il dramma di questa storia è che sull’altare di questo parametro “a caso” è stato sacrificato il destino di milioni di cittadini europei, da quando il parametro fu adottato, su proposta del banchiere Trichet, come parametro fondante dell’appartenenza all’Unione Europea, con il trattato di Maastricht del 1992.
Per il “sacro rispetto” ideologico del 3% massimo di deficit pubblici l’Europa ha prodotto milioni di disoccupati, ha causato l’aumento delle morti negli ospedali greci, per mancanza di denaro per pagare le medicine, ha causato i flussi migratori di giovani (200 mila l’anno ed oltre) che stanno lasciando l’Italia, ha causato suicidi, ha causato denatalità e disperazione.
Chiunque sostenga a priori la validità di questo parametro dimostra, quindi, una estrema ignoranza sui temi della macroeconomia ed un approccio alla questione totalmente ideologico, slegato dalla realtà.
Sottomettere il destino di milioni di persone ad una cifra teorica senza senso è, quindi, una terribile forma di folle dittatura.
Cosa penseranno i nostri posteri quando giudicheranno il nostro periodo storico come un tempo in cui decine di milioni di persone soffrirono stupidamente la povertà in Europa a causa di un numero sparato a caso ed assunto come fondamento delle politiche economiche del continente?
Condividiamo con voi la traduzione dell’intervista rilasciata da Guy Abeille al quotidiano Le Parisien nel 2012.
Signor « 3% », è lui.
Pull-over in cachemere e piccoli occhiali, Guy Abeille è l’inventore del concetto ripetuto in modo martellante da tutti i governi di destra e di sinistra da 30 anni: «Il deficit non deve superare il 3% della ricchezza nazionale (PIL)».
Una regola del 3% che giustifica gli aumenti di imposte e tutte le riforme da 30 anni a questa parte.
Avendo incrociato questo economista in un caffé della riva sinistra della Senna, ci si attendeva che questo ex alto funzionario della Direzione delle Finanze tirasse fuori degli strani grafici a supporto.
Ma, a sorpresa, esce con questa frase: «Questa cifra del 3% è stata inventata in meno di un’ora, è stata buttata lì sul tavolo, senza alcuna riflessione teorica».
E’ difficile credergli, quindi continua il racconto: «Era una sera di maggio del 1981. Pierre Bilger, il Direttore delle Finanze del tempo, ci convocò insieme a Roland de Villepin (cugino di Dominique, primo ministro francese dal 2005 al 2007). Ci disse: “Mitterand vuole che gli si fornisca una regola facile, che sembri economica e che possa essere posta come freno ai ministri che sfilano nel suoo ufficio per chiedere del denaro”».
Nel suo ufficio del Louvre, al tempo sede del Ministero delle Finanze, questo giovane laureato della Scuola Nazionale di Statistica e di Amministrazione si gratta il capo. «Avevamo bisogno di qualche cosa di semplice», raccoonta. Scelsero come parametro di riferimento il PIL (prodotto interno lordo), dato che «in economia tutti si riferiscono al PIL».
E andarono verso una cifra interna, senza virgola?
«Al tempo avevamo un deficit che arrivava a 100 miliardi di franchi, che rappresentava pù di 2% di deficit.
1% ? Decidemmo di non adottare questa cifra, impossibile da raggiungere.
2% ? Ci metteva troppo sotto pressione.
3% ? Era una bella cifra, una cifra che ha attraversato le epoche, che faceva pensare alla Trinità».
Si decise quindi per un 3% di deficit pubblico.
«Mitterand voleva una regola e gliela facemmo avere. Non pensavamo che sarebbe andata ben al di là del 1981», racconta Abeille.
Ma questo 3% in seguito ha fatto molta strada. Secondo lui è Laurent Fabius, al tempo Ministro delle Finanze, che per primo parlò di deficit calcolato in percentuale rispetto al PIL.
«100 miliardi di franchi di deficit era una cifra enorme, per cui preferì parlare del 2,6%», ci racconta Guy Abeille.
E per il 3% ?
«Fu Mitterand che lo recupererà per conto suo, dando al valore una legittimità. Più tardi questo riferimento verrà teorizzato da degli economisti e ripreso nel Trattato di Maastricht, diventando uno dei criteri di integrazione della Zona Euro».
Trent’anni dopo questo 3% dà ancora il ritmo alle nostre vite quotidiane. Da essa derivano le decisioni di costruire nella località X, e non nella località Y, una scuola, un ospedale, una scuola materna. Da essa le decisioni di aumentare le imposte.
Guy Abeille, lei ha coscienza di questo?
«Siamo noi all’origine di questo parametro, ma abbiamo avuto molti complici. E se non ci fosse stato questo 3%, ci sarebbe stato un altro limite ai conti pubblici».
Quest’uomo da salotto di 62 anni cita continue metafore per giustificarsi: «Il piccolo seme è diventato un campo, ma forse è un campo di organismi geneticamente modificati», o ancora: «Al tempo era qulcosa di insignificante. Ma la belva è uscita dalla gabbia e ci è scappata». «Insignificante», ripete ancora per scagionarsi.
E poi: «Mitterand avrebbe potuto fare la sua domanda all’INSEE [l’ISTAT francese], per esempio, reputato come più indipendente. No, scelse la Direzione delle Finanze»,
Et puis, « Mitterrand aurait pu faire sa demande à l’Insee, par exemple, réputé plus indépendant. Non, il a choisi la direction du Budget », explique-t-il. Un service administratif qui sait composer avec l’air du temps. Un exemple? « Moi, j’étais chargé, au ministère de l’Economie, d’établir le chiffre du déficit au début des années 1980. On travaillait sans ordinateur à l’époque. Je ne trichais pas. Mais il fallait parfois comprendre les contraintes politiques. A l’approche des échéances électorales, de façon informelle, il n’y avait jamais rien d’écrit bien sûr, on me demandait parfois de bien vouloir faire le ménage dans les comptes. »
Que pense « Monsieur 3% » du nouveau seuil de 0,5% de « déficit structurel » qu’impose le nouveau traité européen ? « C’est vrai que le chiffre 0, ça a des avantages. Mais si on avait mis 0,7%, les gens se seraient posé des questions : pourquoi ce chiffre? Alors que 0,5%, c’est une moitié, c’est pas mal, c’est un chiffre confortable. » En partant, il nous rattrape : « Ah sinon, j’ai une autre idée pour faire baisser la detteâ?¦ » Rendez-vous dans trente ans!
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