di Davide Gionco
Il Giappone è il paese con il più alto debito pubblico al mondo.
Attualmente il debito è al 253% del PIL (prodotto interno lordo), quasi il doppio del debito dell’Italia (132% del PIL).
In Giappone la BOJ, banca centrale, opera costantemente per conto dello Stato, non è “indipendente” come la BCE o Bankitalia.
Il Tesoro giapponese decide a quale (basso) tasso di interesse emettere i nuovi titoli di stato, emessi per finanziare gli investimenti pubblici.
I risparmiatori giapponesi che lo vogliono, acquistano quei titoli a quel (basso) tasso di interesse.
Se non tutti i titoli sono stati acquistati, BOJ emette (dal nulla, pigiando i tasti di un computer) dei nuovi yen per acquistare i titoli invenduti.
Attualmente la banca centrale giapponese possiede quasi metà del debito pubblico, il quale è, quindi, solo una partita di giro formale fra banca centrale e Tesoro.
In questo modo vengono ottenuti i seguenti risultati:
1) Il Governo non ha mai problemi a finanziarsi: quando ha bisogno di nuovo denaro per i nuovi investimenti (ad esempio per fare fronte alle urgenze di Fukushima), emette nuovi titoli di stato, essendo certo che verranno convertiti in yen e potranno essere spesi.
2) I cittadini che lo vogliono ricevono dallo Stato un servizio di risparmio sicuro, affidando il loro denaro al Tesoro giapponese. I tassi di rendimento sono bassi, ma i rischi di default sono nulli, in quanto il denaro del Tesoro è garantito dal 100% dalla BOJ.
3) Il Tesoro paga dei tassi di interesse molto bassi, per cui anche a fronte di un debito pubblico del 253% del PIL, con tassi di interesse dell’ordine dello 0.2% paga solo lo 0.5% del PIL di interessi sul debito (l’Italia paga un interesse medio del 4% su un debito del 132%, quindi paga oltre il 5% di interessi sul PIL). E li paga tramite nuove emissioni di yen della BOJ, senza alcun bisogno di massacrare di tasse i cittadini.
4) I bassi tassi di interesse scoraggiano l’acquisto di titoli giapponesi da parte di investitori stranieri, quindi il debito pubblico giapponese rimane in larghissima parte in mano agli stessi giapponesi e non sono soggetti ad attacchi speculativi (spread o cose del genere) da parte degli investitori internazionali
Avere il 253% di debito pubblico per Giappone significa che:
a) Lo Stato giapponese ha fatto (e fa tutt’ora) molti investimenti pubblici, consentendo al Giappone di essere uno fra i paesi più sviluppati del mondo.
b) I giapponesi dispongono mediamente di un alto risparmio privato, che consente loro di fare fronte ad eventuali imprevisti familiari.
c) L’alto livello di investimenti pubblici garantisce la piena occupazione (disoccupazione al 2,2%) e, quindi, molte persone che lavorano, producendo ricchezza per il benessere del popolo giapponese.
Dopo di che anche il Giappone ha i suoi problemi, ma certamente chi vuole lavorare lavora (se lo vuole) e con un salario dignitoso.
I servizi pubblici funzionano bene.
Non ci sono milioni di poveri, come in Italia.
Se l’Italia avesse subito un disastro come quello di Fukushima (maremoto più distruzione di una centrale nucleare più fuga di sostanze radioattive), il cui costo è stimato a 70’000 miliardi di yen (532 miliardi di euro), circa il 12% del PIL nazionale, dove avrebbe mai potuto trovare il denaro necessario a pagare gli interventi urgenti e non rimandabili nel tempo?
Il Giappone arriva a fare tutto questo in quanto sanno bene che l’ultima cosa da fare per un governo è “ridurre il debito pubblico” e la prima cosa da fare è investire.
Facendo nuovo debito.
E controllando i tassi di interesse, tramite una banca centrale pubblica.
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