di Davide Gionco
01.08.2022
Diceva Sunt-Tzu, antico generale cinese, che scrisse “L’arte della guerra”:
“Quando il nemico ti porta a combatterlo con le armi da lui scelte, a usare il linguaggio che lui ha inventato, a farti cercare soluzioni tra le regole che lui ha imposto, hai già perso tutte le battaglie, compresa quella che avrebbe potuto vincerlo.”
La premessa fondamentale: dove risiede il vero potere politico
La premessa fondamentale è identificare chiaramente il nemico.
Una volta si sapeva che il nemico del popolo era il re di Francia o Benito Mussolini. Ma oggi chi è il nemico del popolo?
Per quale ragione continuano a cambiare i partiti, i deputati, i governi eppure le cose vanno (male) sempre allo stesso modo?
Nel 2013 a Berlino Mario Draghi, allora presidente della Banca Centrale Europea, disse la famosa frase: «L’Italia andrà avanti con le riforme indipendentemente dall’esito del voto. C’è il pilota automatico».
Il nemico del popolo, colui che detiene il vero politico ed ha la forza di imporre le proprie decisioni (il pilota automatico), sta altrove. Non sta a Palazzo Chigi e meno che mai a Montecitorio o Palazzo Madama.
Per questo motivo nessun esito elettorale può, da solo, determinare un reale cambiamento delle politiche di governo del Paese.
Perché le votazioni non cambiano la situazione
Se il reale potere politico non è così evidente dove si trovi, è evidente a tutti che le decisioni vengono ratificate ed eseguite dagli organismi istituzionali che derivano dal voto popolare. A metterci la faccia sono il presidente del consiglio, i vari ministri ed i parlamentari che in più occasioni sono chiamati a votare la fiducia su quanto deciso dal governo, assumendosene tutta la responsabilità davanti ai cittadini.
Per questa ragione moltissimi italiani sono convinti che sia possibile cambiare la politica in Italia cambiando quelle persone e utilizzando le “regole per il cambiamento” previste dal nostro sistema legislativo.
Queste regole, scritte nella Costituzione, nelle leggi, nei manuali di diritto, dicono che le decisioni su come funziona la nostra società le prendono il potere legislativo ed esecutivo. Quindi per cambiare le cose la via da seguire è presentarsi alle elezioni con un partito, avere la maggioranza nel parlamento, andare al governo e votare diverse regole del gioco.
Questo lo pensano quasi tutti, in quanto non ci vengono prospettate altre vie per cambiare la società. Ma poi si constata che, chiunque venga votato, alla fine dei conti dimostra di non voler realmente cambiare le cose o di non essere in grado di farlo (il luogo comune “i politici sono tutti uguali”). L’ultima grande delusione è stata quella del Movimento 5 Stelle, che aveva suscitato molte speranze, ma che ha dimostrato nei fatti di “essere come tutti gli altri”.
Per questo motivo molta gente smette di andare a votare, ritenendola un’azione irrilevante, di fatto rinunciando a far valere i propri diritti. Potremmo definirli, come faceva Dante, gli ignavi politici, che rinunciano ad impegnarsi e a prendere posizione. E’ una situazione analoga al periodo delle monarchie assolute, quando la gente non votava e poteva solo sperare nella benevolenza del re, limitandosi a curare i propri affari privati, senza attendersi un cambiamento del potere politico.
C’è anche chi non va a votare per protesta, pensando che chi detiene il potere potrebbe cambiare a causa dello scarso consenso popolare. L’errore di questo ragionamento è pensare che il potere abbia bisogno di una vasta legittimazione popolare, mentre in realtà il potere, come stabilito nella premessa, esiste al di sopra della politica e usa i meccanismi istituzionali (elezioni, nomina del governo, ecc.) unicamente come occasioni per piazzare i propri uomini (o donne, che fa più politicamente corretto) nei luoghi decisionali che contano. Chi detiene il potere al massimo temerà che venga nominato un ministro non allineato (si veda il caso di Paolo Savona, impedito dal presidente Mattarella, poi sostituito dall’allineato Giovanni Tria) o un primo ministro non totalmente controllabile (Silvio Berlusconi Conte sostituito da Mario Monti), ma di certo non teme l’astensione dal voto.
La maggior parte delle persone che si impegnano in politica pensano che l’unica via di uscita dalla gabbia sia quella scritta nelle regole: presentarsi alle elezioni con un partito, prendere la maggioranza nel parlamento, andare al governo e cambiare le regole del gioco.
Dal punto di vista teorico questo metodo potrebbe funzionare, ma all’atto pratico la storia, non solo italiana, ci dimostra che è estremamente difficile, quasi impossibile.
La prima ragione, evidente, è che le regole del gioco sono truccate
Chi detiene il potere politico dispone di cospicui finanziamenti, dell’appoggio delle istituzioni e dei servizi segreti, dei principali mezzi di informazione (che non si fanno problemi a diffondere falsità di ogni genere). Chi detiene il potere politico decide le regole elettorali, le date, gli ostacoli da porre a chi vorrebbe cambiare. E può usare questi mezzi non solo per favorire i partiti già presenti in parlamento, ma anche per creare nuovi partiti da loro controllati che si propongono fintamente come “alternativi”; può seminare divisioni, tramite infiltrati, nelle forze politiche realmente alternative. Possono decidere di concedere spazi mediatici a persone incapaci come Luigi Di Maio, per farle emergere all’interno del loro partito alternativo, e di non concedere spazi a persone capaci, per non farle emergere. Ovviamente possono corrompere i politici eletti. Oppure li possono ricattare o minacciare. O uccidere.
E se anche le elezioni non andassero come il potere voleva, potranno orchestrare campagne mediatiche contro il nuovo potere politico (vedasi il trattamento subito da Trump negli USA), potranno organizzare attentati destabilizzanti (vedasi strategia della tensione in Italia intorno agli anni 1970). Potranno organizzare un colpo di stato o una invasione armata da parte di una “coalizione internazionale” che libererà l’Italia dal potere antidemocratico”.
Insomma, questa via è teoricamente percorribile, ma c’è da sapere che le regole sono truccate e gli ostacoli da superare sono moltissimi.
E’ ovvio che se una forza politica riuscisse a conquistare e a mantenere per molti anni la fiducia del 40-50% degli elettori, senza dividersi e senza cedere ai fortissimi condizionamenti esterni ed interni, esisterebbe la fattiva possibilità di cambiare le cose in meglio e di limitare l’invadenza dei poteri che stanno al di sopra della politica. Ma rileggiamo cosa diceva il saggio Sun-Tzu:
“Quando il nemico ti porta a combatterlo con le armi da lui scelte, a usare il linguaggio che lui ha inventato, a farti cercare soluzioni tra le regole che lui ha imposto, hai già perso tutte le battaglie, compresa quella che avrebbe potuto vincerlo.”
Pensare di risolvere i problemi usando le regole che l’attuale sistema di potere ci ha imposto significa mettersi in condizioni estremamente favorevoli per chi detiene il potere ed estremamente sfavorevoli per chi intende contrastarlo.
In realtà il fondamento dell’attuale sistema di potere è il farci credere che non vi siano altre vie da percorrere diverse dalle regole che ci mettono a disposizione.
E’ come quando il gatto gioca con il topo che ha catturato. Il topo può scappare solo quando lo decide il gatto, nella direzione che decide il gatto, fino alla distanza decisa dal gatto.
Dopo di che il topo viene ricatturato e ritorna alla mercé del gatto.
Siamo come i polli nella gabbia, a cui viene concesso spazio di libertà fino ai limiti della rete. E se anche le porte della gabbia sono aperte, ci hanno convinti che la spazio in cui muoverci, che fuor di metafora è il sistema di regole vigenti, sia quello all’interno della gabbia.
In realtà esistono altre strade da seguire per sottrarci gradualmente dal potere che ci opprime, ma è necessario fare lo sforzo di uscire dagli schemi che ci vengono proposti.
A volte se ne parla in articoli, in convegni , ma ad ogni tornata elettorale si presentano i soliti “leader politici” che si propongono come risolutori dei problemi, per i quali l’unica urgenza è presentarsi alle elezioni. E le persone li seguono, perché il “richiamo delle elezioni” è fortissimo, al punto che le persone trovano energie per estenuanti riunioni, banchetti in strada, incontri pubblici, con la speranza di essere essi stessi i protagonisti del cambiamento politico tanto atteso.
Dopo di che, passate le elezioni, con conseguente – ovvia – delusione, i più determinati si preparano per la successiva competizione elettorale, mentre i meno determinati si scoraggiano e si ritirano da ogni forma di impegno politico, accrescendo le fila delle persone appartenenti alla categoria degli ignavi politici.
Sarebbe stato possibile impegnarsi per percorrere delle soluzioni alternative (ne parliamo a seguire), ma si è preferito combattere con gli strumenti proposti da chi detiene il potere (nel caso specifico: lo strumento delle elezioni), adeguandosi al pensiero unico dominante. Alla fine il risultato è stata una forte delusione e nessun cambiamento politico e sociale.
Il vero potere sta nell’economia
Ci chiedevamo all’inizio dell’articolo dove sta il potere politico.
Il potere politico nei paesi occidentali sta prima di tutto nell’economia, nelle grandi multinazionali, nella finanza internazionale.
Oggi l’economia è costituita per lo più da società per azioni quotate in borsa. Chi controlla le quote azionarie controlla queste società e determina le loro decisioni.
Le quote azionarie sono detenute da chi possiede molto denaro ovvero dalle grandi società finanziarie, come BlackRock, Vanguard, State Street, le quali da sole ogni anno investono capitali per oltre 20 mila miliardi di dollari, pari a 11 volte il PIL italiano e 5 volte il PIL tedesco.
Sono quindi in grado di “investire” per comperare qualsiasi impresa, qualsiasi giornale e qualsiasi persona per indirizzare le loro decisioni al fine di garantire le rendite degli investitori.
Siccome l’Italia ha aderito al WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) che prevede la libera circolazione dei capitali, questi capitali possono liberamente entrare in Italia per comprare, aprire o chiudere imprese, creando o distruggendo posti di lavoro. Possono decidere di fare aumentare i prezzi dell’energia e del cibo. Possono decidere di boicottare un intero Paese, se non risponde alle loro richieste. Possono comperare le testate giornalistiche e le televisioni, imponendo loro di raccontare una falsa narrativa su cosa accade nel mondo. Ovviamente possono mettere in piedi un partito politico, trovando dei prestanome per guidarlo. Ovviamente possono fare pressioni per far nominare un proprio uomo all’interno della BCE, dell’OMS, della Commissione Europea e imporre regole a loro vantaggio.
Ma non dobbiamo fissarci sui nomi di queste società, perché dietro di loro ci sono migliaia di società più piccole, ci sono milioni di investitori in tutto il mondo i quali richiedono solo una cosa: far rendere i propri investimenti finanziari, senza preoccuparsi di come questo avverrà.
In nome del “dio rendimento finanziario” ogni azione che garantisca una rendita è lecita, che si tratti di far scoppiare una guerra o di imporre all’Italia una riforma fiscale che colpisca le proprietà degli immobili o che riduca le pensioni.
Il potere del denaro: questo è il potere che domina la politica, anche in Italia, a cui difficilmente il potere politico istituzionale, votato dal popolo, è in grado di opporsi.
Il punto debole del sistema di potere e come fare la vera rivoluzione
Tuttavia esiste un punto debole del sistema di potere.
Chi detiene il potere oggi detiene molto denaro, tuttavia il denaro assume valore solo nella misura in cui noi lo accettiamo in cambio del nostro lavoro. Di per sé sono solo pezzi di carta, numeri scritti sui computer.
La quasi totalità della ricchezza reale, costituita dalla produzione di beni e servizi, è prodotta da noi stessi. Chi possiede molto denaro in realtà non produce nulla. Se chi detiene il denaro (euro, dollari, ecc.) non lo potesse usare per comperare il nostro lavoro e se noi non utilizzassimo quel denaro per acquistare ciò che ci serve per vivere, quel denaro cesserebbe di avere valore.
E cesserebbe il potere di chi possiede quel denaro, compreso il potere di determinare le decisioni politiche.
La regola del gioco che ci fa perdere tutte le battaglie (Sun-Tzu) è che siamo noi stessi a dare valore, usandolo, allo strumento che il nemico utilizza per sconfiggerci in ogni nostra battaglia politica.
La vera rivoluzione, quindi, sta nel prendere atto che l’attuale denaro che utilizziamo è uno strumento utilizzato per estrarre ricchezza reale da noi che lavoriamo, concentrandola nelle mani di pochi e rendendoci sempre più poveri. Noi non sappiamo fare a meno di esso, dato che lo usiamo per vivere e questo gli conferisce valore nell’economia e anche nella competizione politica, il tutto a nostro svantaggio.
Ci sarà la vera rivoluzione, rivoluzione politica, solo quando ci saremo organizzati per vivere senza dipendere dal “loro” denaro.
Dobbiamo organizzare una Nuova Economia, una Nuova Società, con una nostra moneta, dove produciamo beni e servizi e ce li scambiamo fra di noi usando quella moneta per pagare gli scambi.
E già quello che facciamo oggi, ma lo dobbiamo fare rifiutandoci di usare, per quanto possibile, le monete della finanza internazionale, che sono lo strumento fondamentale dell’esercizio del potere che ci opprime.
Ovviamente il passaggio sarà graduale. All’inizio la rivoluzione riguarderà magari solo il 10% degli scambi economici. Ma poco alla volta, man mano che più persone e più competenze professionali saranno state coinvolte nell’organizzazione, potremo via procurarci all’interno della Nuova Economia una quantità maggiore di beni e servizi.
Parallelamente alla comunità economica, fatta di persone che hanno capito come disinnescare il meccanismo del potere, crescerà la comunità sociale, formata dalle persone che sono determinate a realizzare un reale cambiamento politico nel Paese.
A quel punto, quando ci si presenterà alle elezioni, non si presenterà solo un partito, ma si presenterà una comunità economica e sociale, che dispone dei propri mezzi di informazione, di una vasta presenza sul territorio, già presente negli enti locali.
Il cambiamento politico, anche nelle istituzioni, sarà quindi una conseguenza del cambiamento sociale ed economico e non viceversa, come pensano coloro che oggi vorrebbero risolvere tutti i problemi presentandosi alle elezioni.
Le emergenze come metodo
Chi detiene il potere non solo ha il potere di determinare le decisioni politiche, ma anche il potere di determinare l’agenda di coloro che intendono opporsi al sistema.
Se si limitassero a governare male il Paese, la gente potrebbe, poco alla volta, organizzare una vera alternativa politica, che rappresenterebbe un potenziale pericolo per il potere costituito.
Per evitare questo problema da qualche decennio utilizzano il metodo dell’emergenza.
Oramai la nostra vita è fatta di emergenze che ci vengono presentate dai mezzi di informazione al fine di spaventarci.
Non si tratta solo di emergenze inventate, ma anche di emergenze reali, causate dalle decisioni del potere politico che conta. La gente non ha tempo da investire per organizzare il cambiamento politico generale, per liberare il popolo dall’oppressione dei poteri finanziari, in quanto è spinta a concentrare la propria azione per difendersi da singole emergenze.
Chi determina le emergenze sa benissimo come la gente reagirà. Sanno che se verrà imposto l’obbligo vaccinale, pena la perdita del posto di lavoro, la gente spenderà energie per andare in piazza a protestare.
Ma loro non temono le proteste in piazza, perché le proteste da sole non organizzano alcun cambiamento.
Sanno che se la gente è più povera dovrà dedicare più tempo a lavorare, per mantenere la propria famiglia, senza trovare il tempo da dedicare al cambiamento politico.
Sanno che la gente penserà di organizzarsi per le prossime elezioni, ma non lo temono, per i motivi che abbiamo spiegato sopra.
E’ il principio di azione e reazione. Mettono in atto le azioni che comporteranno, istintivamente, certe reazioni nel popolo, reazioni da cui non hanno nulla da temere.
Sono loro che determinano la nostra agenda, in modo che nessuno si organizzi veramente per cambiare il sistema di potere.
Rileggiamo di nuovo a Sun-Tzu:
“Quando il nemico ti porta a combatterlo con le armi da lui scelte, a usare il linguaggio che lui ha inventato, a farti cercare soluzioni tra le regole che lui ha imposto, hai già perso tutte le battaglie, compresa quella che avrebbe potuto vincerlo.”
Se ci lasciamo imporre l’agenda da loro, ci porteranno a combattere dove sanno già che saranno loro a vincere.
Non dobbiamo cadere nel loro gioco. Dobbiamo certamente difenderci dai soprusi, ma senza dimenticare che è con “altri metodi” che vinceremo le battaglie. Dobbiamo determinare la nostra agenda dei cambiamenti e portarla avanti, nonostante le emergenze che ci scaglieranno addosso.
Conclusioni
Con quanto scritto non intendo sostenere che sia totalmente inutile presentarsi alle elezioni ed andare a votare, ma intendo sostenere che se limitiamo la nostra reazione alle regole “classiche” della politica non abbiamo la minima possibilità di successo.
E’ invece necessario mettere in atto delle azioni che incidano quotidianamente sul sistema di potere finanziario, aumentando la presenza di una nostra “Nuova Economia” in grado di esistere facendo a meno della “loro moneta”.
Diceva Padre Alex Zanotelli che “noi votiamo ogni volta che facciamo la spesa“. Aggiungo io che “noi votiamo ogni volta che vendiamo il nostro lavoro“.
Ogni volta che usiamo lo stesso denaro che usano le multinazionali per governare l’economia mondiale e per imporre decisioni politiche ai vari popoli, noi conferiamo valore a quel denaro e conferiamo potere alle multinazionali.
Eppure il cambiamento dipende solo da noi, perché siamo noi a decidere a chi vendere il nostro lavoro e da chi comperare i beni e servizi che ci servono per vivere. E noi non abbiamo bisogno del loro denaro per vivere, ma dei beni e servizi che ci sono necessari, che possiamo ottenere anche in cambio della nostra moneta, senza usare la loro.
Sono queste nostre decisioni quotidiane che possono, poco alla volta, ridurre il potere della finanza internazionale e aumentare il potere della nostra comunità economica, sociale e (quindi) politica.
Ora si tratta di organizzarci in modo da sapere chi è disposto a cambiare il proprio modo di fare acquisto e il proprio modo di vendere il proprio lavoro.
Non possiamo scrivere i dettagli di un progetto del genere in un articolo, ma abbiamo già delle idee.
Chi vuole partecipare alla costruzione della Nuova Società e della Nuova Economia, ci contatti.
Davide Gionco
davide.gionco@gmail.com
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