La Caduta dell’Impero Romano e quella dell’Occidente Contemporaneo

di Massimo Bordin

L’impero romano cadde per una serie di cause tutte molto complesse e, soprattutto, non vi fu una causa improvvisa. E fin qui, sono tutti d’accordo. La bibliografia è molto ampia: c’è chi tira in ballo la diffusione del cristianesimo; chi la corruzione della classe dirigente romana; chi l’abilità dei guerrieri barbari che sapevano maneggiare e forgiare spade più grandi; chi dice che i germani sapevano combattere a cavallo. Insomma, se ne sono scritte e se ne sono lette di ogni. Quel che invece, palesemente, è stato troppo trascurato, è l’impatto multiculturale all’interno dell’Impero Romano da un certo punto in avanti. Non è il caso di analizzare ora perché questo aspetto è stato trascurato, ma certamente lo è stato, se è vero che fino a pochi anni or sono era considerato elemento implicito, quasi ovvio, mentre ora guai a parlarne. Ecco dunque che, ancora una volta, la politicizzazione della storia fa torto alla verità. La storia la scrivono i vincitori? Ok, ma questo mica significa credere per forza alla narrazione interessata del potere!

In questa fase storica a qualcuno conviene negare l’impatto delle culture non-latine sulla caduta dell’Impero. Possiamo anche capirlo, ma ciò non deve impedirci di dire la verità, e senza paura. E la verità è che alcune culture hanno dato una spallata decisiva alla civiltà latina (e greca) favorendo secoli di oscurantismo, di saccheggi, di imbarbarimento, appunto. Mi spiace per il grande medievalista Le Goff, ma nella sue fasi iniziali, il Medioevo fu un regresso dell’Umanità e sfido chiunque non tanto a replicare, ma a rivivere gli usi ed i costumi di quegli anni.

Qualche mese or sono ho chiesto ad un amico, smisuratamente favorevole all’arrivo di stranieri in Europa, per quale motivo, a suo dire, la civiltà romana fosse decaduta, facendo perdere all’umanità non solo la perizia tecnica nella costruzione di opere pubbliche e private, ma anche i punti elevati della filosofia occidentale raggiunti dai greci e dai romani. Lui, insegnante di storia al Liceo, mi rispose candidamente che non erano stati i Barbari provenienti da fuori a favorire il crollo, ma che i barbari erano già da qualche lustro DENTRO l’Impero romano. “Integrati dunque”, aggiunsi io.

Non avendo nessun interesse a sostenere una tesi piuttosto che un’altra, mi ricordai di quanto ci spiegava a lezione il compianto professor Antonio Baldini, esperto di storia romana all’Università di Bologna. Baldini conveniva sull’insieme delle concause, ma non abbracciò mai l’idea, trasmessa a livello scolastico, che la colpa fosse di orde di barbari armati fino ai denti pronti a sferrare attacchi ai confini e desiderosi di saccheggio. La gente, all’epoca di Romolo Augustolo, non cambiò radicalmente il proprio modo di vivere. In altre parole, non si accorsero della caduta dell’Impero. Semplicemente, la civiltà latina smise di produrre quei capolavori letterari, artistici, architettonici che siamo abituati a visitare quando andiamo a Roma e nelle città di impronta romana. In Europa si imposero piano piano, lentissimamente, ma inesorabilmente, altre CIVILTA’ di gran lunga meno capaci di produrre progresso, di realizzare strade e acquedotti, di scrivere capolavori come il De rerum natura, di Lucrezio, o le poesie di Catullo. Civiltà che provenivano da tradizioni nomadi o seminomadi, appunto, e che per far tornare l’Occidente a splendide produzioni umane dovettero attendere diversi secoli.

Com’è potuto succedere che questi barbari, già DENTRO l’Impero romano da tanti anni, finissero per imporsi sui più attrezzati e “civilizzati” romani?

La prima importante causa, che non troverete sui manuali manco se piangete in ginocchio, è la tassazione alta e la burocrazia rigida. La tassa più odiosa, la capitazione, era pagata come dice il nome in base alle teste e non in base alla ricchezza. Tante teste volevano dire tante tasse a dispetto del reddito dei contribuenti. Punto, e non si discuteva sulla pressione fiscale che divenne sempre maggiore.

Nelle istituzioni statali, inoltre, ed in particolare nell’esercito, venivano “assunti” in misura sempre maggiore uomini di cultura non-romana, col nome di federati. Questo pesò molto sulle campagne militari e di espansione latina, che si arrestò, in pratica, e anzi subì sonore sconfitte da Marco Aurelio in avanti. E’ un copione già visto: guai ad inserire troppi elementi stranieri nella macchina statale. Se qualcuno ritiene che una simile analisi possa essere sconveniente, beh pazienza. Chiedete maggiori lumi a Napoleone nella campagna di Russia, ad esempio, che fu spazzato via dalla ritirata anche a causa dell’esercito di stranieri che aveva messo in piedi.

La distanza tra cittadini (cives) romani ed il gruppo di potere aumenta a dismisura e nessuno si riconosce più nelle decisioni prese dall’alto. Molti cittadini di Roma preferirono migrare, persino, cioè lasciare Roma e l’Italia per ricostruirsi una vita in altre zone d’Europa. Anticamente i romani erano attaccatissimi alla res publica romana, erano patriottici, per così dire. Dal II secolo in poi questo non si può più affermare: i romani cominciarono a disinteressarsi dello stato, e spesso preferirono altri lidi.

Il calo demografico. Questa è, con ogni probabilità, la causa più importante. Il Top, per dirla all’inglese. Già esaurito e in ristampa, il libro dello storico Michel De Jaeghere Gli ultimi giorni dell’Impero Romano arriva finalmente anche in Italia. In Francia, dove è uscito ormai due anni fa, ha scatenato un putiferio, ovviamente per motivi politici, il lepenismo ecc. ecc. Io non ho avuto modo di leggerlo nel dettaglio, ma ho maneggiato la copia in francese ed è documentatissima, con riferimenti alle fonti. Un VERO libro di storia.

L’autore dimostra che quella civiltà collassò per il calo delle nascite impressionante per far fronte al quale (basti pensare alla peste) si inaugurò una persecuzione fiscale che distrusse l’economia.

Ma se non ci sono nuovi nati, dovuti al lassismo governativo e alle nuove malattie, se l’economia a causa del calo demografico non girava più… come si pensò di ovviare?

Ma certo, Lapalisse, con l’immigrazione indotta, che però si trascurò di governare. Detta diversamente, la classe dirigente romana si appiattì sui propri privilegi e trascurò la politica patriotica che aveva reso Roma la più evoluta civiltà dell’epoca. I barbari erano dentro l’impero da tempo, ma prima erano LORO ad adeguarsi alla civiltà romana, perché era, semplicemente, più evoluta e dinamica. E non solo e non tanto da un punto di vista militare, ma soprattutto per la fermentazione delle idee, la dinamicità del foro romano, la perizia tecnica trasmessa e migliorata di generazione in generazione. Quindi è vero, c’erano già i Galli e gli Ispanici ed i nomadi Unni dentro l’Impero, ma vivevano pacificamente nella parte romanizzata dell’Europa perché non erano indotti a prendersi la leadership. Con il calo delle nascite e il bisogno di tasse, il governo romano, da Marco Aurelio in poi, si affrettò a iscrivere i barbari nei ranghi dell’esercito, nella pubblica amministrazione , ecc. Verso la penisola italiana vi fu una immigrazione INDOTTA.

Ecco cosa dice una recensione del libro di De Jaeghere:

I legionari, tornati a casa dopo anni di leva, mal si adattavano a una condizione di lavoratori che, quanto a profitto, li metteva a livelli quasi servili. Così andavano a ingrossare la plebe urbana, cui panem et circenses gratuiti non mancavano. Le virtù stoiche della pietas e della fidelitas alla res publica vennero meno, e il contagio, al solito, partì dalle élites. Nelle classi alte si diffuse l’edonismo, per cui i figli sono una palla al piede. Coi costumi ellenistici dilagarono contraccezione, concubinaggio e divorzio, tant’è che Augusto dovette emanare leggi contro il celibato. Inutili. Anche perché, secondo i medesimi costumi, l’omosessualità era aumentata in modo esponenziale. Roma al tempo di Cesare aveva un milione di abitanti: sotto Romolo Augustolo, l’ultimo imperatore d’Occidente, solo ventimila … Le regioni di confine divennero lande semivuote, tentazione fortissima per i barbari dell’altra parte. Si pensò allora di arruolarli: ammessi ai benefici della civiltà romana, ci avrebbero pensato loro a difendere le frontiere. E ci si ritrovò con intere legioni composte da barbari che non tardarono a chiedersi perché dovevano obbedire a generali romani e non ai loro capi naturali. Metà di loro erano germanici, e si sentivano più affini a quelli che dovevano combattere. La spinta all’espansione era cessata quando i romani si erano resi conto che, schiavi a parte, in Europa c’era poco da depredare. I barbari, invece, vedevano i mercanti precedere le legioni portando robe che li sbalordivano (e ingolosivano). Si sa come è andata a finire.

Intanto, che fa il fisco per far fronte al mancato introito (dovuto alla denatalità)? La cosa più facile (e stupida) del mondo: aumenta le tasse. Solo che gli schiavi non le pagano, e sono il 35% della popolazione. Gli schiavi non fanno nemmeno il soldato. I piccoli proprietari, rovinati, abbandonano le colture, molti diventano latrones (cosa che aumenta il bisogno di soldati). Il romano medio cessa di amare una res publica che lo opprime e lo affama, e non vede perché debba difenderla. Nel IV secolo gli imperatori cristiani cercarono di tamponare la falla principale con leggi contro il lassismo morale, intervenendo sui divorzi, gli adulteri, perfino multando chi rompeva le promesse matrimoniali. Ma ormai era troppo tardi, la mentalità incistata e diffusa vi si opponeva. Già al tempo di Costantino le antiche casate aristocratiche erano praticamente estinte…

Solo una cosa può estinguere una civiltà, diceva Arnold Toynbee: il suicidio. Quando nessuno crede più all’idea che l’aveva edificata.

ORA, AL NETTO DELLA NATURALE EMPATIA VERSO CHIUNQUE CI STIA ACCANTO, A VOI LETTORI, QUANTO ABBIAMO APPENA LETTO, NON RICORDA PROPRIO NULLA?

Concludo con una frase di Aristotele, il più importante allievo di Platone: “Sono amico di Platone, il mio maestro, ma mi è molto più amica la Verità”

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