La crisi economica del Mezzogiorno: un po’ di numeri

di Davide Gionco

 

I dati recentemente pubblicati dalla SVIMEZ, l’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno, sono la fotografia di un totale fallimento delle politiche di sviluppo del Mezzogiorno.

Anzi “sviluppo” è un ossimoro: le attuali politiche stanno distruggendo l’economia del Sud Italia, con una riduzione del Prodotto Interno Lordo del 10% negli ultimi 10 anni. Dato che, tenuto conto del tasso di inflazione negli ultimi 10 anni in Italia (12,4%), significa che, al netto del potere di aquisto, la produzione di beni e servizi nel Mezzogiorno è crollata del 22,4%.
Un dato che non si registrava dai tempi dell’ultima guerra mondiale.

Il crollo riguarda in modo particolare la produzione manifatturiera e industriale, oltre a che, come in tutta Italia, il settore delle costruzioni.

In TV e suoi giornali continueranno a raccontarci che le ragioni della crisi economica del Mezzogiorno, che sarebbero legate alla “mancanza di competitività”, alla mafia, alla corruzione.

In realtà le ragioni sono molto più semplici: sono crollati gli investimenti nel settore ‘produttivo.

Di conseguenza è crollata l’occupazione,

in particolare quella giovanile.

Di conseguenza le persone, soprattutto i giovani, emigrano. Al Nord o all’estero. Quasi 2 milioni di persone dall’entrata in circolazione dell’euro nel 2002.

Gli investimenti sono crollati a causa dei problemi causati dalla moneta unica europea, di cui ci siamo già occupati delle ragioni tecniche del non funzionamento della moneta unica in questo articolo.

Tali problemi, anche se in misura minore, erano già presenti ai tempi della “lira unica” in Italia.
A differenza dell’Unione Europea, in Italia erano previsti, ed esistono tutt’ora, dei meccanismi di redistribuzione fiscale del denaro dal Nord, area più ricca, al Sud.
Questi meccanismi, tuttavia, non sono sufficienti a compensare gli enormi squilibri di distribuzione monetaria causati dalla moneta unica europea.

Peraltro il meccanismo della “redistribuzione fiscale” non risolve alla base il problema degli squilibri fra il Nord ed il Sud Italia.
L’economia del Nord, infatti, continua ad essere una economica basata fondamentalmente sulla produzione privata di beni e servizi, alla quale si aggiunge la produzione di beni e servizi originata dalla spesa pubblica.
L’economia del Sud, invece, è basata sempre di più quasi soltanto sulla spesa pubblica ovvero su stipendi a dipendenti pubblici e sui sempre più rari appalti pubblici. Una economia sempre più priva di iniziativa privata.

In un prossimo articolo illustreremo la soluzione che è stata elaborata a questi problemi, che consentirebbe di portare nel Mezzogiorno sviluppo vero, basato non solo su maggiori trasferimenti pubblici, ma anche e soprattutto sullo sviluppo di un sistema produttivo privato, in grado di portare posti di lavoro veri, benessere e ricchezza, ponendo fine all’impoverimento ed all’emigrazione dei giovani.

Alla prossima.

 

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