La filosofia della scienza: tutto quello che non sappiamo del metodo scientifico

Il filosofo Karl Popper

di Giacomo Bo

L’epistemologia ha dovuto affrontare nel Novecento gli effetti di una crisi delle certezze dovuta soprattutto alle grandi scoperte nel campo della fisica. Questa crisi ha fatto cadere l’immagine di verità assoluta della scienza favorendo una situazione di caos in cui nulla è definitivamente vero, ogni conoscenza è provvisoria.

 

1) La scienza è un insieme di verità comprovate dall’esperienza

Questo modello di risposta è rappresentato dal positivismo e dall’epistemologia delle fasi iniziali del neopositivismo, un movimento che ripropone le tesi dell’empirismo classico e del positivismo ottocentesco. I neopositivisti partono da una ripartizione delle proposizioni vere tra analitiche e sintetiche: le prime sono vere in virtù della forma logica e prive di contenuto informativo sulla realtà, le seconde all’opposto sono giustificate dall’esperienza. Le proposizioni analitiche comprendono le leggi logiche e le verità matematiche, le cosiddette tautologie, mentre le scoperte delle scienze empiriche sono espresse da proposizioni sintetiche suscettibili di essere vere o false. Viene rifiutata la terza alternativa costituita dal sintetico a priori kantiano, mentre le proposizioni della metafisica sono considerate pseudo-proposizioni prive di significato conoscitivo, perchè il loro valore di verità non dipende nè dalla forma logica nè dall’esperienza. La verità delle proposizioni che hanno significato conoscitivo deve essere verificata mediante la logica e la matematica che dimostrano le proposizioni analitiche e con le scienze empiriche che costruiscono e verificano teorie generali sulla base dell’osservazione di fenomeni particolari. La filosofia invece ha il compito di analizzare logicamente l’uso del linguaggio per evitare quei fraintendimenti che sono la vera causa dei presunti problemi a priori di cui si occupa la filosofia tradizionale. Il filosofo deve unificare i risultati definitivi acquisiti dalle scienze così da riassumere le certezze razionali del patrimonio conoscitivo dell’umanità.

Il sapere positivo:

Quella di Comte è una visione della scienza carica di ottimismo, tipica del clima culturale di fine Ottocento. La scienza permette straordinari risultati conoscitivi e pratici perchè si occupa solo di fatti osservabili. Essa mette in luce la costanza delle leggi naturali e tramite esse è in grado di prevedere fenomeni che si presenteranno in futuro. La scienza arricchisce sempre di più il suo bagaglio di certezze e a successive fasi storiche fa corrispondere una sempre migliore conoscenza del mondo. Quindi il progresso scientifico è la vera speranza per il futuro dell’umanità.
( Auguste Comte, Discorso sullo spirito positivo)


Auguste Comte

L’osservazione come base del significato:

La via positiva della scienza di Comte non basta però a risolvere i problemi che rendono necessaria un’approfondita riflessione sull’epistemologia della scienza moderna. Schlick e gli scienziati raccolti nel circolo di Vienna lavorano in particolare sul rapporto tra osservazione di dati di fatto e formulazione di ipotesi, che devono essere poi confermate, e divenire leggi, sempre però in contatto con l’osservazione. Solo ciò che è effettivamente osservabile può fondare concezioni certe dei processi fisici e si pone come criterio metodologico insuperabile.
( Moritz Schlick, Sul fondamento della conoscenza)

La conoscenza come costruzione di ipotesi:

Quello di Reichenbach è un passo avanti in una riflessione sull’epistemologia delle scienze. Per lui bisogna studiare le recenti acquisizioni della ricerca che sconvolgono la visione tradizionale delle leggi di natura: la teoria della relatività, la meccanica quantistica, il calcolo delle probabilità. Le teorie accettate e sperimentate non possono mai avere una validità definitiva: rimangono sempre probabili e confermate, ma solo parzialmente.

 

2) La scienza è costituita da teorie sempre provvisorie compatibili con l’esperienza

Il termine “razionalismo critico” indica in particolare le concezioni di Popper. Egli sostiene che l’induzione non può costituire un fondamento tale da garantire la verità necessaria di alcun asserto universale, e sottolinea che il requisito neopositivista della verificabilità empirica non è soddisfatto dalle teorie scientifiche. Egli osserva che un’affermazione può avere un significato conoscitivo ed essere connessa con l’esperienza anche se non è verificabile, infatti è possibile dedurre da leggi generali delle conseguenze particolari.

Pertanto il metodo scientifico teorizzato da Popper deve essere ipotetico-deduttivo e non induttivo e ha come obiettivo la falsificazione, anzichè la verifica, delle teorie accettate. Ogni teoria falsificabile ma non ancora falsificata va considerata come una congettura, che viene rafforzata a ogni controllo superato. Popper insiste sul carattere ipotetico e congetturale delle teorie, ma in realtà da un posto centrale alla nozione di verità nella metodologia scientifica: tra molte ipotesi compatibili con gli stessi dati sperimentali quella che spiega il maggior numero di fenomeni con la minore complessità teorica e la maggiore capacità di superare i controlli si può considerare la più vicina alla verità. La teoria della scienza è quindi concepita da Popper come un’infinita approssimazione alla verità, che migliora selezionando le teorie in base alla razionalità che è istanza di libertà e di comunicabilità intersoggettiva.

Il problema della demarcazione tra scienza e metafisica:

Popper critica la sufficienza del criterio di verificabilità empirica delle teorie interpretative della natura. Non è possibile infatti arrivare a una verifica definitiva. Per fondare la scienza e distinguerla dalla metafisica bisogna ricorrere al principio della falsificabiltà. La scienza procederà selezionando le teorie falsificabili, aperte a verifiche che non finiranno mai, ma che raccolgono sempre nuovi contributi dell’osservazione e sperimentali.
(Karl Popper, Logica della scoperta scientifica)

 

3) La scienza è un’impresa irriducibile a criteri e prescrizioni razionali

Paul Feyerabend risponde a che cos’è la scienza mediante l’”anarchismo metodologico”. Si tratta di una rivoluzione epistemologica che sposta il discorso intorno alla scienza su un piano differente da quello dell’epistemologia del Novecento.

Egli contesta tutti i tentativi di ricondurre lo sviluppo della scienza a canoni fissi di razionalità, compreso quello di Popper.

Egli insiste sul fatto che il motore del progresso scientifico non è la razionalità, e che le prescrizioni metodologiche sono l’effetto e non la causa della crescita del sapere, perchè sono cristallizzazioni interne a particolari cosmologie, così da non poter costituire criterio di giudizio e scelta tra sistemi di riferimento differenti.

 


Tratto da:
https://www.dima.unige.it/~denegri/PLS2/PENSIERO_SCIENTIFICO%20DEF/FILOSOFIA%20DELLA%20SCIENZA/Pages/le%20risposte%20della%20filosofia1.htm

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