di Sandro Veronesi, tratto dalla prefazione del libro “Nessun aereo è caduto sul Pentagono” di Thierry Meyssan :
“Quando facevo il pompiere i turni erano di ventiquattr’ore. Alle otto del mattino noi ausiliari in servizio di leva si smontava, ma prima di andarcene dovevamo pulire le camerate. Era un lavoro piuttosto noioso, e lo facevamo controvoglia, tirando via, tanto più che alle nove veniva comunque una donna che puliva più a fondo. Ma un giorno il caposquadra ci disse che tiravamo troppo via, che lasciavamo troppo sporco, che era una questione di senso del dovere, oltre che d’igiene, che noi lì non eravamo a far marce e esercitazioni contro un nemico finto ma stavamo veramente al servizio degli altri, eccetera eccetera, e ci ordinò di darci più da fare. Così ci impegnammo di più, ci organizzammo, e in effetti, impiegando lo stesso tempo, riuscivamo a pulire molto meglio. Malgrado ciò, dopo alcuni giorni il caposquadra ci rimproverò di nuovo, perché la donna delle pulizie che veniva dopo di noi continuava a trovare molto sporco nelle camerate, e minacciò di punirci. Era un brav’uomo, non aveva mai dato punizioni. A noi parve strano, poiché davvero ci impegnavamo, e glielo dicemmo, gli dicemmo che venisse a controllare mentre pulivamo, gli dicemmo che la donna delle pulizie era una professionista, che forse aveva degli strumenti sofisticati, non solo scopa e spazzolone, e che dunque riusciva a trovare lo sporco anche dove noi non lo trovavamo, ma lui aveva deciso di fare il severo e ci ripeté l’ordine di pulire meglio o ci avrebbe punito. La faccenda ci frustrò e diventò un vero problema, perché era chiaro che per noi, dopo ventiquattr’ore di servizio a volte anche molto faticoso, era impossibile pulire meglio di così. Non c’era via d’uscita.
Fu a quel punto che un giovane commilitone, un guascone tutto foruncoli che giocava bene a pallavolo, disse una cosa alquanto paranoica. “Per me se lo porta da casa”, disse. “Chi? Cosa?”. “La donna delle pulizie.
Secondo me si porta lo sporco da casa”.
Be’, era proprio così. La donna delle pulizie aveva paura di perdere quel lavoro, e si portava veramente lo sporco da casa. La sorprendemmo una mattina in cui invece di smontare ci eravamo nascosti nelle camerate; la vedemmo rovesciare per terra porcherie varie da un sacchetto del supermercato e poi mettersi a spazzarle con la scopa. Non la denunciammo, ovviamente, ma ci accordammo perché smettesse di farlo, rassicurandola che nessuno l’avrebbe mai licenziata solo perché quel posto non le veniva consegnato abbastanza sporco. Quella donna era convinta che portarsi lo sporco da casa fosse necessario alla sua sopravvivenza. Quella donna era paranoica. E noi non saremmo mai venuti a capo di quella faccenda senza l’intuizione paranoica del commilitone coi foruncoli.
La lezione che ho tratto io da tutto ciò è che quando si ha a che fare con un paranoico, la paranoia diventa uno strumento di conoscenza.
Quando la ragione, questo esile lumino, non riesce a diradare il buio in cui ci si ritrova, quando si intuisce che c’è qualcosa che non va ma il normale modo di ragionare non dà alcun frutto, e anzi accresce la sensazione di malessere e di frustrazione che ci attanaglia, la paranoia può essere utile per vedere dove la ragione non riesce a vedere.
Purché sia paranoia vera, e in quantità sufficiente. Come dice Tom Sizemore nel film di Kathryn Bigelow Strange Days, “Il punto non è se sei paranoico. Il punto è se sei abbastanza paranoico” e, curiosamente, questo stesso concetto compare pressoché identico in un’altra grande opera americana contemporanea, letteraria questa volta, quell’Infinite Jest con cui David Foster Wallace ha conquistato l’ammirazione di uno sterminato numero di lettori, quando descrive il manifesto del Re Paranoico appeso nella stanza di Pemulis all’Accademia di Tennis, e sotto l’immagine di un re “divorato dalle preoccupazioni” riporta la didascalia: “Sì, sono paranoico – Ma sono abbastanza paranoico?”…..”
Questo libro di Thierry Meyssan è abbastanza paranoico. È abbastanza paranoico per mettere a fuoco la divorante, terribile, imperdonabile paranoia americana, che da un certo giorno dello scorso anno ha per simbolo l’attacco terroristico alle Torri Gemelle e al Pentagono. C’era da prima, quella paranoia, c’è sempre stata, ha sempre pulsato con la propria velenosa fosforescenza nelle vene della più evoluta e allo stesso tempo della più selvaggia democrazia occidentale. Ma dopo l’11 settembre 2001 essa si è insediata in quell’evento catastrofico, traendone nutrimento e perfino soddisfazione grazie ai milioni di testimoni involontari che hanno visto e, nel più passivo dei modi, partecipato a quella tragedia. È come se ogni americano, da quel giorno, avesse ricevuto in mondovisione l’autorizzazione a essere paranoico. E il suggello della sua paranoia, d’ora in avanti legittima e giustificata, è stato fornito dalla versione ufficiale su ciò che, secondo le autorità americane, è accaduto quel giorno: una versione talmente assurda e paranoica che solo uno sguardo abbastanza paranoico poteva smascherarla come tale…
L’introduzione di Sandro Veronesi presento’ il libro di Thierry Meyssan che nel 2002 mise in dubbio la versione ufficiale di 9/11. L’autore del libro suppose (per primo) che un “inside job” fosse dietro gli attentati dell’11 Settembre 2001, progettato con l’obiettivo di nutrire la natura aggressiva della Superpotenza e la sua Ricerca Paranoica di nuovi Nemici da abbattere e di nuove Guerre cruente da iniziare…
La Storia degli ultimi 17 anni sembra provare il senso dell’opera di Meyssan con 4 nazioni devastate da Guerre (Iraq, Afghanistan, Siria, Libia…); con tutto il Medio Oriente destabilizzato; con milioni di profughi; e con un diffuso e radicato senso di conflitto tra culture e religioni basato sulla paura indotta e provocata…
Il libro completo di Thierry Meyssan e’ consultabile su:
https://giuliovaracca.files.wordpress.com/2011/10/thierry-meyssan-lincredibile-menzogna.pdf
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