Il 1° febbraio 2023, Eurostat ha pubblicato la nuova versione del Manuale del Deficit e del Debito Pubblico MGDD 2022, dove ha dedicato molto spazio alla definizione dei nuovi tipi di credito d’imposta che sono stati creati dagli Stati durante l’emergenza epidemiologica. La maggior parte degli esperti economici sostiene che Eurostat ha affossato la cedibilità dei crediti d’imposta che era stata introdotta con il Superbonus 110%. Noi siamo di parere diverso e vediamo perché.
I crediti d’imposta sono sgravi fiscali che possono essere “sottratti direttamente dal debito d’imposta”, che Eurostat definisce “non pagabili”, se “limitati all’importo dell’imposta dovuta” (MGDD cap.2.2 n.26 punto a). Per questo, prosegue, “tutti gli importi del credito d’imposta che superano il debito del contribuente nel periodo in vigore sono ‘persi’.” Sono invece considerato crediti d’imposta “pagabili” se “l’intero importo del credito d’imposta è versato al beneficiario in ogni caso, il che implica il pagamento dell’eccedenza quando lo sgravio fiscale è superiore al debito fiscale” (MGDD cap.2.2 n.26 punto b).
Nella nuova versione di Eurostat si aggiunge che anche se non è garantito il “pagamento dell’eccedenza”, i crediti d’imposta “possono diventare “pagabili” se ci sono elementi nel regime di credito d’imposta che indicano una probabilità molto alta che il credito d’imposta alla fine non venga perso” (MGDD cap.2.2 n.31). Vediamo cosa si potrebbe fare.
Un nuovo credito d’imposta “pagabile”
Interesse dello Stato è creare un nuovo strumento fiscale altamente “utilizzabile” e non certo “sprecabile”; quindi, secondo Eurostat si tratterebbe comunque un credito d’imposta “pagabile”. Nel MGDD, cap.2.2 n.24 sono stati definiti i “crediti d’imposta con nuove caratteristiche che sono state osservate in particolare nelle risposte governative alla pandemia Covid-19”:
1. crediti d’imposta che consentono al contribuente di trasferire a terzi l’intero importo del credito d’imposta o quello ancora non utilizzato, anche trasferimenti multipli (MGDD cap.2.2 n. 34);
2. crediti d’imposta che consentono al contribuente di differire l’utilizzo del credito d’imposta per periodi molto lunghi o addirittura a tempo indeterminato (MGDD cap.2.2 n.39);3. crediti d’imposta che potrebbero essere utilizzati per compensare/assolvere gli obblighi fiscali totali (MGDD cap.2.2 n.46).
Impatto su deficit e debito pubblico
“Per i crediti d’imposta pagabili, l’intero credito d’imposta viene registrato come spesa pubblica e non vi è alcuna riduzione del gettito fiscale” (MGDD, cap.2.2 n.27), quindi deve essere registrato contabilmente per competenza nell’anno di ottenimento del credito e non per cassa nell’anno in cui si manifesta il corrispondente flusso, come avviene per il credito d’imposta “non pagabile”. Ma alla fine l’impatto sul deficit è lo stesso, perché “su un lungo periodo le differenze tra la registrazione per competenza e quella per cassa si eliminano poiché la registrazione per competenza sposta semplicemente le operazioni di cassa in un periodo diverso” (MGDD cap.2.2 n.2).
Visto che in genere l’uso è differito nel tempo, “qualsiasi ritardo tra il momento in cui si ottiene il credito d’imposta pagabile (registrazione della spesa pubblica) e il momento del suo utilizzo, sotto forma di riduzione del debito fiscale o di liquidità da parte della pubblica amministrazione, dà luogo a una registrazione in altri conti attivi e passivi (AF.8)” (MGDD cap.2.2 n.66).
Ma “una registrazione AF.8 non ha alcun impatto sul debito pubblico perché i conti passivi (la categoria che tiene conto delle differenze tra competenza e cassa) sono esclusi da questa definizione” (MGDD cap.2.2 n.2). Infatti AF.8 non concorre a formare l’aggregato del debito pubblico, quello rilevante ai fini della Procedura per i disavanzi eccessivi, perché, per il MGDD cap.8.2 n.8, si compone solo di AF.2 (valuta e depositi) + AF.3 (titoli di debito) + AF.4 (prestiti).
Lo ha chiarito anche Luca Ascoli, direttore di Eurostat, il 14 febbraio 2023 in Commissione Finanze del Senato: “Non vi è stato fino ad ora nessun impatto sul debito, né vi sarà, … L’impatto sul deficit dello Stato a lungo termine è esattamente lo stesso”. Il motivo è che l’imputazione della spesa per competenza all’anno di ottenimento del credito non influisce sul fabbisogno di cassa delle pubbliche amministrazioni, che costituisce la componente principale della variazione del debito pubblico.
Il fabbisogno si manifesta solo nel momento in cui il credito d’imposta viene effettivamente fruito, per effetto della riduzione delle entrate tributarie dell’anno, e non nell’esercizio in cui, per competenza, il deficit viene contabilmente imputato. Tra l’altro l’effetto sul fabbisogno, e quindi sul debito, si manifesta solo per la parte in cui l’agevolazione non reca una corrispondente copertura.
Conclusione
Eurostat ha inserito nel nuovo MGDD 2022, caratteristiche per i crediti d’imposta innovative, come la cedibilità, la riportabilità negli anni successivi, senza mai scadere, e l’utilizzabilità per compensare qualsiasi debito verso lo Stato, anche dopo un minimo di due anni, per dare il tempo alle maggiori entrate iniziali, di compensate le minori entrate future. Se questi crediti fossero caricati su un conto corrente elettronico, intestato a cittadini ed imprese residenti, e collegato ad una carta magnetica, diventerebbero strumenti di pagamento “fiscale” accettati da tutti, in grado di sbloccare i crediti incagliati ma anche di finanziare la spesa pubblica, senza aumentare il debito pubblico o il suo fabbisogno di cassa, ma solo il deficit.
Lo Stato avrebbe la possibilità concreta di fare politiche economiche espansive, per investimenti produttivi, riducendo il rapporto Debito/Pil, ma senza subire i ricatti di mercati finanziari e Ue.
Paolo Becchi e Fabio Conditi, 12 maggio 2023
ARTICOLO ORIGINALE:
Superbonus, perché il credito d’imposta non è debito pubblico
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