di Davide Amerio
Dopo le dichiarazioni della Corte dei Conti Europea, quelle del sindaco di Lione, quelle del sindaco di Grenoble, un governo, degno di questo nome, dovrebbe prendere atto delle scelte sbagliate, e degli errori commessi, sulle Grandi Opere.
Ma cambiare rotta non è nelle corde di politici arroganti, complici della criminalità, e anche troppo ignoranti su ciò che significa davvero governare un paese
Lo stato confusionale determinato dal Covid-19 ci ha rivelato l’inconsistenza politica di un sistema adagiato sulla retorica e sulla disinformazione. Classi politiche che vivono dentro una bolla avulsa dalla realtà del quotidiano.
Folle di ‘sostenitori’ di partito (preso) a prescindere dal mondo reale, che si illudono di sapere quello che non conosco, se non per convincimenti indotti da pregiudizi.
Si scontrano sui social, a suon di insulti, di prove e controprove di esperti, rinfacciandosi l’ignoranza a vicenda (che è sempre altrui, e mai propria).
Mentre questa giostra della fiera dell’inutile continua a girare, tirando dentro anche l’economia, con la nuova prospettiva di aumentare i debiti dell’Italia, sempre più suddita di una Europa burocrate, per nulla ‘solidale’, di chiaro stampo neoliberista, gruppi di No Tav agiscono nella Val Susa cercando di ricordare, a quella parte di popolazione felicemente suddita e asservita al sistema, che la lotta non è finita, e non finisce mai per chi sa di essere dalla parte della ragione.
Dopo gli innumerevoli studi, l’esercito di esperti, la Costi/Benefici, a dimostrare il macroscopico errore di un progetto (la linea Torino-Lione), ora è giunto anche lo studio della Corte dei Conti Europea, e le dichiarazioni di due sindaci francesi.
Ma non accade nulla. L’ostinazione (l’ignoranza? la complicità? l’interesse?) copre serenamente tutto l’arco che va dal cdx al csx. Inutile fare i nomi.
Naturalmente non servono da lezione i ‘nobili’ precedenti, sui fallimenti delle Grandi Opere (per esempio il MOSE). In Italia politici in giacca e cravatta discettano su quanto sia grave il debito pubblico italiano. Mai capita di ascoltare un ragionamento compiuto sugli errori del passato, sulla differenza sostanziale che passa tra un ragionamento quantitativo sul debito (a quanto ammonta), e quello qualitativo (come si usano i soldi, per cosa, e perché).
Dell’occasione persa dal Dimaioleggio (ex M5S) abbiamo già scritto, e non merita nemmeno tornarci.
Resta solo da ribadire che ancora non vediamo all’orizzonte una forza politica che si faccia carico di questa distinzione: come si spendono i soldi in Italia, come vengono sottratti dai partiti politici, come vengono gettati nel cesso miliardi di euro per accontentare le mafie e i loro padrini politici.
Di cantieri, di infrastrutture, abbiamo certamente bisogno. Ma che siano cose serie, utili e necessarie, non mangiatoie (bancomat) per compiacere la classe politica.
Nell’attesa rimaniamo convintamente contrari alle Grandi Opere inutili e dannose, devastanti, immaginate e costruite per soddisfare gli appetiti finanziari di pochi.
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