Byoblu lancia il Patto per la Libertà di espressione

di Francesco Carraro

Byoblu lancia il Patto per la Libertà di espressione e di manifestazione del pensiero. Di seguito, il Manifesto integrale che ho concepito ed elaborato con la collaborazione di Claudio Messora e Ugo Mattei e che potete scaricare e sottoscrivere al seguente link:

Manifesto per la libertà di espressione

Il patto per la libertà di espressione e manifestazione del pensiero nasce per iniziativa di un gruppo di cittadini italiani, di diversa estrazione culturale e professionale, intenzionati a promuovere i valori non negoziabili sanciti dall’articolo 21 della Costituzione: la norma fondamentale sulla tutela assoluta, inderogabile e imprescindibile della libertà di espressione e di manifestazione del pensiero. Il patto viene “stipulato” e sottoscritto per una evidente ragione di necessità, oltre che di principio: dal secondo dopoguerra, mai come in questo periodo storico, il diritto intangibile, e costituzionalmente garantito, della libertà di espressione è stato minacciato. La minaccia proviene da una serie di fattori.

In particolare:

a) dalla concentrazione dei canali mediatici più diffusi nelle mani di un numero sempre più ristretto di soggetti;

b) dalla tendenza del Sistema di informazione cosiddetto “mainstream” a veicolare e propagandare in ogni modo una visione unica del mondo, delle cose, della realtà;

c) dal controllo e dall’utilizzo strumentale dell’apparato mediatico pubblico da parte delle forze governative che, di volta in volta, si alternano alla guida del Paese;

d) dal palese confitto di interessi tra il sistema economico e politico attuale (ispirato alla logica della mera competizione) da un lato e i media privati e pubblici (che da quel sistema traggono finanziamenti e fondi) dall’altro;

e) da una sempre più marcata insofferenza del potere costituito e del sistema dell’informazione ufficiale nei confronti della informazione indipendente: quei canali, cioè, in grado di mettere in discussione, o anche solo di sottoporre a un vaglio critico e a un esame ragionato e dialettico, le “verità” di regime;

f) dalla ossessiva “narrazione” connessa al tema delle fake news e dell’odio online: rispettivamente, un “fatto” e un “sentimento”. Un fatto e un sentimento reali, sempre esistiti da che mondo è mondo, ma oggi impiegati strumentalmente per istituire forme, sottili o dozzinali, di censura. Una censura preventiva o punitiva nei confronti di chi non si uniforma alla “ortodossia” culturale e intellettuale vigente

 

Il patto per la libertà di espressione intende agire non tanto (e non solo) “contro” le situazioni sopra denunciate, quanto piuttosto (e soprattutto) “a favore” di una riscoperta della straordinaria portata dell’articolo 21 della Costituzione italiana. Nella convinzione che solo radicandoci nel passato (e nei principii e valori iscritti nella Suprema Carta del 1948) sapremo acquisire e diffondere i giusti anticorpi: quelli indispensabili per impedire che la libertà di parola muoia; e anche per evitare che il seme dell’intolleranza, della censura, dell’ignoranza possa produrre i frutti velenosi sopra denunciati. Proprio per queste ragioni, il patto si basa sui primi due enunciati dell’articolo 21 della Costituzione, riletti e approfonditi come le circostanze attuali richiedono e, come di seguito, senza pretesa di esaustività si cercherà di illustrare.

 

1) Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione

a) Tutti significa “tutti”, a prescindere dal titolo accademico e/o professionale, dalla provenienza etnica, dalla nazionalità, dalle condizioni personali e sociali e da ogni altra differenza di cui parla l’articolo 3 della Costituzione;

b) la qualità di una affermazione, o di una tesi, non si misura dal curriculum di chi la propone, o la espone, ma dalla solidità delle argomentazioni a supporto;

c) una affermazione, o una tesi, non sono mai vere, e definitive, in assoluto. Questo significa essere sempre aperti alla dialettica del pensiero critico, del contraddittorio, anche della polemica costruttiva. Solo nella messa in discussione di ogni sapere può esservi la progressione della consapevolezza individuale, delle cultura personale e collettiva, della coscienza critica e persino delle acquisizioni scientifiche;

d) nessuna disciplina ha, né può pretendere di avere, la primazia su tutte le altre. È finito il Medioevo e, con esso, anche la supremazia indiscussa del dogmatismo teologico, rispetto al quale tutte le altre “materie” fungevano da ancelle. Deve essere sempre riaffermata la pari dignità di tutte le discipline dello scibile umano, ciascuna destinata ad arrecare – nel suo settore di competenza – un prezioso contributo alla formazione e alla crescita individuali e collettive;

e) va promossa e diffusa, a tutti i livelli (scolastici, universitari e sociali in senso lato) la cultura del dibattito, della comunicazione persuasiva, della conoscenza delle tradizioni della retorica classica, greca e romana; anche attraverso l’insegnamento delle tecniche e della strategia del discorso persuasivo: per imparare sia l’arte di argomentare in modo valido sia la capacità di individuare le falle (o fallacie, come dicevano gli antichi) nei ragionamenti altrui;

f) va promossa e diffusa una nuova “etica del dibattito pubblico e privato” basata sull’imprescindibile rispetto per le opinioni altrui e sul rifiuto di ogni tentazione di censura o di “criminalizzazione” dell’avversario;

g) vanno promosse e favorite la “sensibilità” e la “cultura” della verifica della attendibilità delle fonti. È sacrosanto il diritto di espressione, ma lo è altrettanto il dovere – per chiunque si esprime attraverso qualsiasi canale mediatico o attraverso la rete – di verificare l’origine delle informazioni su cui si basano le conseguenti asserzioni. Soprattutto in un momento storico in cui le notizie “volano” e si diffondono alla velocità della luce attraverso una miriade di vettori. Il Patto per la libertà di espressione, insomma, è anche un patto per la “serietà” dell’informazione, a qualunque livello.

 

2) La libertà di espressione non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure

Questo deve costituire un impegno solenne non solo dei Pubblici poteri nei confronti dei cittadini, ma anche dei cittadini tra loro. Chiunque aderisca al Patto si impegna a non ricorrere mai ad azioni penali (salva ovviamente la ricorrenza dei reati di calunnia o diffamazione previsti dal codice penale) come “contromisura”, preventiva o punitiva, verso un soggetto il quale abbia espresso e manifestato una opinione o posizione divergente.

 

3) La rete internet deve essere valorizzata e tutelata rispetto agli attacchi esterni

Il Patto per la Libertà di Espressione e Manifestazione del Pensiero riconosce alla rete Internet il ruolo che le è proprio, di insostituibile sorgente di ricchezza per il dibattito pubblico, elemento fondamentale senza il quale qualsiasi forma di governo che si definisca democratica diviene nei fatti un vuoto simulacro, terreno di dominio incontrastato del potere costituito. Una rete Internet libera dalle ingerenze della politica, dalle pressioni dei gruppi di potere in qualunque forma organizzati, dalle ingerenze delle lobby e da ogni forma di censura deve essere riconosciuta come un diritto fondamentale dei cittadini, in quanto strumento insostituibile per esercitare la libertà di espressione e di parola sancita dall’Articolo 21. Deve essere introdotto nella Costituzione italiana, così come già avvenuto in altri paesi quali la Finlandia, il diritto per tutti ad avere un collegamento ad alta velocità alla rete Internet, dalle prestazioni garantite. Non sono necessarie leggi separate o regolamentazioni specifiche per governare il dibattito pubblico sulla rete internet o sui social network, oltre alle leggi già esistenti.

Primi firmatari:

Claudio Messora

Francesco Carraro

Ugo Mattei

Diego Fusaro

Paolo Becchi

Giuseppe Palma

Enzo Pennetta

Ivan Catalano

Red Ronnie

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