di Davide Gionco
Quando il Ministero dell’Economia e delle Finanze (il MEF) emette un titolo di stato del valore nominale di 100 euro, quanto vale quel titolo di stato? Ovviamente vale 100 euro.
Infatti per acquistarlo è necessario offrire in cambio qualcos’altro del valore di 100 euro.
Ad esempio una banconota da 100 euro, la quale è utilizzata per misurare il valore di beni e servizi (e valori finanziari) che valgono 100 euro.
Ma nulla vieta a chiunque di noi di accettare un titolo di stato del valore nominale di 100 euro in cambio di una prestazione lavorativa avente il valore di 100 euro.
Quel titolo di stato vale 100 euro dal momento della sua emissione.
Prima era un pezzo di carta colorato, del valore commerciale di 0,20 € (il costo della carta e della stampa). Una volta emesso, per legge, la legge che disciplina le modalità di emissione dei titoli di stato, assume il valore “legale” di 100 euro.
E’ la Legge che attribuisce il valore legale di 100 euro al titolo di stato.
Quando la Banca Centrale Europea emette una banconota del valore nominale di 100 euro, quella banconota vale 100 euro.
Infatti per “acquistarla” è necessario offrire in cambio qualcos’altro del valore di 100 euro.
Ad esempio un titolo di stato del valore legale di 100 euro.
O, più comunemente, una prestazione lavorativa avente il valore di 100 euro, cosa che facciamo ogni volta che ci viene pagato lo stipendio od ogni volta che un commerciante vende una merce.
Quella banconota vale 100 euro dal momento della sua emissione.
Prima era un pezzo di carta colorato, del valore commerciale di 0,30 € (il costo della carta e della stampa). Una volta emesso, per legge, la legge che disciplina le modalità di emissione dei titoli di stato, assume il valore “legale” di 100 euro.
E’ la Legge che attribuisce il valore legale di 100 euro alla banconota ed è la Legge che attribuisce alla BCE titolo di stato.
In entrambi i casi è la Legge che stabilisce che cosa vale 100 euro e cosa no, chi ha diritto di trasformare un pezzo di carta in un “valore legale” di 100 euro.
Tale Legge è stata votata dal Parlamento a nome del Popolo.
La sovranità monetaria, ovvero il potere di creare ricchezza finanziaria, sotto forma di titoli di stato o di banconote, è quindi una prerogativa che appartiene giuridicamente allo Stato.
Attualmente, sempre per Legge, il potere di conferire valore legale ai titoli di stato è prerogativa del MEF, mentre il potere di conferire valore legale alle banconote è stato delegato alla BCE. Per intenderci: basterebbe modificare la Legge per conferire lo stesso potere ad un altro organo dello Stato, ad esempio alla Banca d’Italia (ricondotta al pieno controllo pubblico) o allo stesso MEF.
Quando un lavoratore o una impresa producono un bene o un servizio del valore di mercato di 100 euro, esso viene venduto in cambio di una banconota da 100 euro, la quale certifica il valore di 100 euro della transazione economica.
Il valore di 100 euro è il valore reale, il valore di utilità sociale di quel bene o servizio prodotto.
La banconota rappresenta un “valore finanziario” ovvero un mezzo per favorire lo scambio di beni e servizi.
Chi detiene la banconota da 100 euro, infatti, è creditore di 100 euro in beni o servizi nei confronti della “società economica” che li produce.
Quando il debito viene ripagato, cedendo la merce all’acquirente, il certificato di credito di 100 euro passa nelle mani del venditore, il quale diventa a sua volta creditore nei confronti della “società economica” di 100 euro di beni e servizi.
Lo Stato che, tramite la Legge, ha creato la banconota da 100 euro, non ha creato un valore reale di 100 euro, ma ha creato uno strumento che può essere utilizzato per attivare la produzione di 100 euro di beni o servizi. Chi produce 100 euro di beni e servizi di valore reale, infatti, li cederà solo in cambio di un “certificato di credito” di 100 euro, rappresentato da una banconota a valore legale.
Se il potenziale acquirente non dispone della banconota, la produzione non verrà attivata e non vi sarà la produzione di un valore reale d’uso.
Ma ritorniamo ora al titolo di stato da 100 euro.
Se lo Stato ha il potere giuridico di conferire ad un pezzo di carta il valore legale di 100 euro, per quale motivo decide di creare delle banconote da 100 euro e dei titoli da 100 euro?
Il motivo è che il denaro non ha solo la funzione di supporto di scambio di beni e servizi, ma ha anche la funzione di risparmio.
Una banconota da 100 euro viene emessa affinché venga utilizzata per acquistare beni e servizi, mentre un titolo di stato da 100 euro viene emesso per certificare un risparmio di 100 euro.
Chi detiene una banconota da 100 euro, infatti, può decidere di non spenderli in cambio di beni o servizi, ma di investirli presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il quale accetta “depositi” in banconote cedendo in cambio dei titoli. I titoli danno il diritto di lucrare un certo tasso di interesse, il quale consente di ridurre la svalutazione del capitale causata dal tasso di inflazione.
Il meccanismo del “servizio pubblico di risparmio” offerto dal MEF prevede, quindi, l’emissione di banconote che il settore privato (cittadini, imprese) ottiene in cambio della produzione di beni e servizi. Una parte di tali banconote vengono utilizzate per acquistare titoli. Quando i titoli vanno in scadenza, lo Stato restituisce il capitale più l’interesse, in banconote.
A quel punto il settore privato (cittadini e imprese) può usare le banconote per acquistare beni e servizi o di nuovo per risparmiare, acquistando altri titoli.
Nel momento in cui un soggetto cede una banconota in cambio di un titolo, quel soggetto diventa “creditore” e lo Stato diventa “debitore”. Ma non si tratta di un “debito da pagare”. Si tratta semplicemente dei fattori del servizio di risparmio.
Lo Stato che detiene le banconote ricevute, infatti, è a sua volte “creditore” verso il settore privato che produce beni e servizi, potendo usare quelle banconote per acquistarli, tramite la spesa pubblica.
Dopo di che i destinatari della spesa, cittadini e imprese, diventano “debitore” nei confronti dello Stato, dovendo pagare le tasse, il che fa ritornare le banconote allo Stato, il quale le usa per garantire il servizio di risparmio pagando i titoli di stato in scadenza.
Se guardiamo il sistema al netto degli strumenti finanziari (banconote, titoli di stato, tasse), è proprio la circolazione di banconote, unita ad una sana dose di risparmio, a consentire a cittadini e imprese di produrre i beni e servizi che costituiscono la ricchezza reale del paese.
Se venissero eliminati i titoli di stato, estinguendo il debito pubblico (dando credito a coloro che pensano di doverlo ridurre), cesserebbe il servizio pubblico di risparmio.
Se venissero eliminate le tasse, non vi sarebbe più produzione di beni e servizi ad uso collettivo, erogati dallo Stato.
Se venissero eliminate le banconote dalla circolazione, si bloccherebbe l’economia di scambio, cesserebbero i servizi pubblici la produzione privata di beni e servizi: ritorneremmo al baratto!
Molti dei problemi attuali dell’Italia derivano da forti squilibri in questi meccanismi fondamentali: la creazione di banconote è stata delegata alla BCE, al di fuori del controllo dello Stato. Lo Stato non ha più la libertà di impostare la propria politica fiscale, dovendo sottostare alle richieste della Commissione Europea. Non essendo l’emissione di banconote coordinata con l’emissione di titoli, il debito pubblico non svolge più una funzione di risparmio, ma è diventato l’unico modo per lo Stato di disporre di banconote da mettere in circolazione nell’economia del paese.
La situazione è ancora più complicata dal fatto che almeno il 95% dei mezzi di pagamento che utilizziamo non è costituita da banconote a corso legale, ma da note scritturali delle banche private.
Ma di questo ne parleremo un’altra volta, per non complicare ulteriormente la comprensione del sistema attuale.
Il concetto fondamentale da comprendere è che lo Stato conserva tutt’ora il potere giuridico di conferire valore legale a dei pezzi di carta e che questi pezzi di carta possono essere utilizzati per supportare gli scambi di beni e servizi.
Ciò che differenzia le banconote dai titoli di stato è il loro “grado di liquidità”.
Se lo Stato emettesse dei titoli di stato con scadenza a 100 anni (per non dire infinita) e ad interesse pari a 0, se li accettasse come mezzo di pagamento per le tasse e se li usasse per pagare i propri fornitori (dipendenti pubblici, imprese esterne), questi titoli diventerebbero a tutti gli effetti una nuova moneta a valore legale, circolante in parallelo agli euro.
E sarebbe accettata, in quanto ogni anno gli italiani devono pagare 700 miliardi di tasse (o quanto è) e in quanto ogni anno lo Stato paga 800 miliardi i vari fornitori, i quali a loro volta devono pagare le tasse. Una moneta è accettata se è spendibile e in fatto che lo Stato la usi, la rende spendibile.
In conclusione pare del tutto evidente come i governanti che ci dicono di non disporre del denaro per ridurre la pressione fiscale e per aumentare gli investimenti pubblici per far ripartire l’economia, dimostrano una totale incomprensione di come funzionano gli strumenti finanziari in una moderna economia.
Il denaro si crea per legge. I titoli possono essere trasformati in banconote.
E’ come se lo Stato disponesse di un “tesoro nascosto” di migliaia di miliardi di euro a cui attingere secondo necessità.
E poi: il “debito pubblico” non esiste, come debito. Lo Stato è in grado, in qualsiasi momento, per legge, di creare nuovi titoli di stato aventi un valore legale tale da “ripagare” i titoli in scadenza. Ed è in gradi di creare, per legge, se lo vuole, nuove banconote avente un valore tale da “ripagare” anche in banconote i titoli in scadenza.
L’unica cosa che, per legge, non si può creare sono i cittadini-lavoratori, quelli che, in cambio di pezzi di carta a valore legale, producono beni e servizi di valore reale.
Per creare cittadini-lavoratori avere delle famiglie che li mettano al mondo, che li crescano, che li educhino. E’ necessari formarli attraverso la scuola, l’università, l’apprendistato nel mondo del lavoro.
E’ su questo che l’Italia deve investire, emettendo “pezzi di carta” a valore legale, usandoli per incentivare la nascita, la crescita e la formazione dei futuri cittadini-lavoratori.
Da troppo tempo, invece, l’Italia disinveste sui cittadini-lavoratori, scoraggiando chi mette al mondo dei figli (nel 2019 abbiamo stabilito il record storico negativo per le nascite in Italia), riducendo gli investimenti su scuola e ricerca, portando al fallimento le nostre imprese con un eccessivo e insensato carico fiscale, spingendo troppi giovani ad emigrare all’estero.
E ci presentano tutto questo come un “fatto inevitabile”. Le soluzioni, invece, esistono. E sono molto semplici, se comprendiamo cosa è il denaro, cosa sono i titoli di stato ed il valore reale dei beni e servizi che produciamo con il nostro lavoro.
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