di Fabio Torriero
14.01.2021
Scrive Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista: “Ho ricevuto due restrizioni per una ipotetica violazione degli standard di Facebook: la prima è un ban totale da Facebook della durata di 30 giorni (poi decaduto dopo poche ore), mentre la seconda è un parziale oscuramento dei contenuti per limitare la diffusione dei miei post, nonché la rimozione di un post con elevatissimo consenso. Queste restrizioni sono state accompagnate da un messaggio in cui mi si avvertiva che la pagina sarebbe potuta essere in futuro rimossa definitivamente. La mia unica “colpa” (ed unica ipotetica violazione del contratto d’uso) sarebbe quella di un post”. Post che ha accusato gli Usa di provare sulla loro pelle quello che hanno fatto al mondo per decenni (gli appoggi ai golpe internazionali, le false prove per la guerra nel Golfo etc).
Abbiamo cominciato proprio da lui perché ne apprezziamo da tempo la libertà e l’onestà intellettuale.
Cosa sta succedendo? Guarda caso, da quando è arrivato Biden, tira una strana aria di regime globale. Se uniamo il nuovo impulso che sta registrando la narrazione radical e liberal, ora vincente, alla comunicazione “politico-sanitaria”, che respiriamo noi in Europa, con tutte le prospettive salvifiche che il “Regime Covid”, saprà offrire ai cittadini nuovamente liberi dal male (governo virtuoso dell’economia, dell’ambiente, della salute, grazie alla tecnica, alla digitalizzazione, alla green economy, all’intelligenza artificiale e via dicendo), il panorama è fosco.
E i social stanno giocando una partita molto importante e delicata.
Nella loro fase-1, dando libertà a tutti, hanno indubbiamente favorito il populismo mediatico che poi è diventato inesorabilmente populismo politico. Con regole precise: personalizzazione del nemico, semplificazione del linguaggio, contenuti senza gerarchia delle fonti e competenze, polarizzazione delle posizioni, ma soprattutto, controinformazione. E, da questo punto di vista, Twitter, Facebook, la rete-sovrana sono stati le bandiere di fatto del sovranismo, del complottismo, del negazionismo. Di ogni teoria e ricetta, contraria al mainstream, al pensiero unico progressista. Rovesciando molti paradigmi.
Da poco, problematiche fiscali, a parte, questi giganti privati, hanno cambiato rotta: niente più spazio e oscuramento delle posizioni non gradite.
E guarda caso, la questione Usa, la marcia dei sostenitori di Trump, gli effetti che ci sono stati, hanno segnato il punto di partenza della fase-2, contrassegnata da una crescente censura.
E’ toccato prima allo stesso Trump, bloccato, poi è stata la volta, da noi, di tanti politicamente scorretti. Problemi li hanno avuti un po’ tutti, dagli opinionisti geneticamente contro, a Libero, e oggi a Rizzo. Causa scatenante, la solita: gli Usa.
Siamo in piena Twittatura. Oscuramenti con la stessa bollatura, con lo stesso marchio di infamia: “Attività sospette”. Si sospendono gli account per qualche giorno, per qualche settimana, per qualche mese, con due risultati: o si impedisce totalmente la comunicazione, o la si condiziona psicologicamente.
E poi, attività sospette di cosa? La libertà di opinione, i diritti costituzionali? E’ da una pezzo che vengono bypassati. Prima la cosa riguardava personaggi borderline, da poco la cosa è diventata sistematica.
“Finché i social media fanno ciò che vogliono negli Usa, stigmatizziamo il principio, ma poi non possiamo fare di più. Però qui siamo nel nostro Paese, dove bloccare ieri un giornale, oggi -nel mio caso un profilo politico- è in netta e gravissima violazione della Costituzione e delle leggi in tema di tutela della pluralità di opinione. Siamo ormai in una “repubblica delle banane”? Se rispetti le leggi del tuo Paese, puoi esser “giudicato” da un gestore ricco, potente e privato? In Italia queste piattaforme lavorano grazie all’accesso che gli viene concesso dal potere pubblico. È così sovversivo chiedere che sia garantita a tutti la parità di esercitare il proprio pensiero e che le regole del gioco e chi organizza lo spazio informativo con diritti, obblighi e garanzie chiaramente definiti sia lo Stato e non qualcuno nella Silicon Valley? È intollerante ed incredibile che i giganti del web possano decidere sui contenuti (oggi tocca a me, ma domani potrebbe toccare a te), possano scegliere a loro piacimento a chi prestare la loro potente cassa di risonanza e chi censurare, attentando alla libertà di espressione. Questa autonomia illimitata e fuori da ogni controllo, a vantaggio di privati detentori di grandi capitali è inaccettabile”.
Rizzo ha posto il tema de temi: le regole, i controlli e la gestione internazionale della comunicazione. I giganti del web saranno i veri nuovi Stati sovrani?
E naturalmente colpisce il silenzio imbarazzato di tanti giornalisti e politici di casa nostra, che stanno tacendo di fronte a questo pericolo. Dalla Ue solo un debole richiamo alla libertà di opinione. In Italia il nulla. Specialmente dall’Ordine dei Giornalisti.
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