di Giovanni Lazzaretti
INDICE
– Il governo Draghi nasce oggi, ma venne concepito nel 1981
– Dieci governi (apparentemente) variegati e spezzettati
– Adesso forse il percorso è più chiaro: 10 governi, 1 solo governo
– Il ruolo dell’Istituto Aspen
– Renzi (e Gentiloni): la fine della democrazia, in parte fallita
– Conte I e Conte II: il gioco di prestigio più eclatante
– Et voilà. Tutti i nemici belanti nello stesso recinto
– Una opposizione bancaria per un governo bancario?
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La storia è importante.
E’ impossibile capire l’oggi se non si cercano le radici di ciò che stiamo vivendo.
Non saltate i paragrafi storici, anche se siete tentati di “tirar via”.
Il governo Draghi nasce oggi, ma venne concepito nel 1981
Poiché però il governo Draghi nasce oggi, ma venne concepito nel 1981, qualche punto fermo per sommi capi bisogna pur metterlo.
Elenco intanto una serie di affermazioni lapidarie, spiegate a iosa in molti articoli di questo blog.
1) La finanza odierna non vuole economie floride, vuole economie asfittiche. Le economie floride si reggono da sole, le economie asfittiche hanno continuamente bisogno del bene che i finanzieri gestiscono: la moneta.
2) Esiste la finanza non malvagia, che si accontenta di soldi e potere. La creazione di povertà non la vede, oppure finge di non vederla, oppure la vede e la ignora (vi ricordate “la Grecia, il più grande successo dell’Euro”?).
Due citazioni di Federico Caffè, maestro (dimenticato) di Draghi:
«Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibri contabili».
«Il capitalismo maturo, al pari di quello originario, poggia su sofferenze umane non contabilizzate, ma non per questo meno frustranti e degradanti».
3) Esiste anche la finanza satanica, che punta alla riduzione dell’umanità a 2 miliardi. La povertà è la precondizione per la sparizione dell’umanità inutile.
Frasi tratte da “Gli Adelphi della dissoluzione” di Maurizio Blondet, un libro di 27 anni fa)
«Il denaro e gli esseri umani hanno preso strade diverse».
«Per un certo tempo sono stati una cosa sola, durante la rivoluzione industriale. Avevi bisogno della gente per fare prodotti, Adesso non c’è più bisogno di corpi umani per fare prodotti. Allora li usi diversamente, ne fai commercio, guerriglia, li sprechi».
«L’uomo e il denaro non hanno più bisogno l’uno dell’altro. Il denaro si produce da solo. E l’uomo verrà speso o sarà investito come lo è stato il denaro in passato. Il rischio allora era di perdere tutto il denaro. Adesso il rischio è di mettere in pericolo moltissima gente».
«Così la pensano all’Onu. E pensano lo stesso nella haute finance, nel neocapitalismo. Da qualche parte è stato deciso: niente più sviluppo economico, basta con lo sviluppo industriale. E nemmeno più democrazia. Non serve più, a loro: oggi moltiplicano il denaro attraverso il denaro, senza bisogno di produrre nulla. Così i corpi umani diventano low cost stuff. Disposable commodities. In certe zone del mondo vale già pochissimo, la materia prima umana».
4) L’Italia repubblicana ha vissuto due macro-epoche: il tempo keynesiano dal 1945 al 1981 (evento emblematico di conclusione: la separazione Tesoro-Bankitalia, Andreatta-Ciampi), il tempo neoliberista dal 1992 (evento emblematico di esordio: la riunione sul panfilo Britannia, Andreatta-Draghi) a oggi.
5) Tra il 1981 e il 1992 c’è stato il tempo preparatorio: demolizione progressiva della stima nei partiti, invito al popolo ad abbandonare i Titoli di Stato e a passare ai “prodotti finanziari”, devastazione del debito attraverso gli interessi passivi, riduzione dell’inflazione attraverso l’incremento della disoccupazione, esaltazione del mito della “governabilità”.
6) Il sistema bancario odierno non è quello della Giornata del Risparmio del 31 ottobre che “celebravamo” da bambini («Risparmio a te comanda / la voce del dovere / è figlio del lavoro / e dà la libertà»).
Il sistema bancario è quello descritto nel film “La grande scommessa” (film da vedere, anche se uno non capisse tutto; il clima in cui si muove quel mondo lo si capisce benissimo).
Il passaggio tra i due mondi avvenne con la fine della separazione tra banche commerciali e banche d’affari, una delle tragedie del mondo moderno.
Nel 1992 Draghi è già protagonista: il 2 giugno 1992 sul panfilo Britannia descrive, in qualità di Direttore Generale del Tesoro, cosa farà la politica italiana in tema di privatizzazioni da lì in poi.
La strada è infatti spianata: con la morte annunciata dei due principali partiti di governo, DC e PSI, le liberalizzazioni e le privatizzazioni non avrebbero più trovato ostacolo.
Il tutto sarebbe stato gestito da forze formalmente “di sinistra”, in realtà completamente asservite al nuovo verbo neoliberista. Ma salta fuori il sasso d’inciampo: Berlusconi.
Nel periodo da Tangentopoli a Letta, 1992-2014, da una parte governa Berlusconi per 8 anni e 8 mesi; dall’altra parte governa una galassia variegata e spezzettata: Amato I, Ciampi, Dini, Prodi I, D’Alema I, D’Alema II, Amato II, Prodi II, Monti, Letta.
Che cosa hanno in comune questi 10 governi?
Dieci governi (apparentemente) variegati e spezzettati
Non posso elencare tutto quello che hanno fatto questi 10 governi, cercherò di descriverli attraverso qualche punto significativo.
Amato I (durata 10 mesi)
Nelle elezioni del 1992 (ultime col sistema proporzionale) vince la Lega, perde la DC, vince un po’ anche il PSI. Il presidente della Repubblica Cossiga avrebbe probabilmente dato l’incarico a Craxi.
28 aprile 1992: Cossiga rassegna le proprie dimissioni da Presidente della Repubblica.
23 maggio 1992: attentato di Capaci dove muore Giovanni Falcone.
25 maggio 1992: Oscar Luigi Scalfaro viene eletto Presidente della Repubblica.
2 giugno 1992: convegno sul Britannia.
18 giugno 1992: Scalfaro dà l’incarico di formare il governo a Giuliano Amato, che giura il 28 giugno.
Del governo Amato I possiamo ricordare una prima manovra da 30.000 miliardi di lire, quella del famoso prelievo del 6×1000 sui conti correnti; una manovra sulle pensioni; la trasformazione delle Ferrovie dello Stato in SpA; la manovra da 93.000 miliardi con blocco pensionamenti, blocco contratti pubblico impiego, tagli all’assistenza sanitaria; la richiesta di finanziamento all’Europa per riportare la lira nello SME; l’uso massiccio del voto di fiducia.
Una chicca. 9 settembre 1992: «Il Presidente del Consiglio Giuliano Amato chiede pieni poteri in materia economica per un periodo di tre anni». (Camera dei deputati, portale storico)
https://storia.camera.it/lavori/sedute/10-settembre-1992-s11-57475
Amato rassegna le dimissioni il 22 aprile 1993, dopo il risultato dei referendum che modifica la legge elettorale in senso maggioritario (aveva sperato di realizzare una nuova legge condivisa che mandasse in soffitta i referendum)
Ciampi (durata 1 anno)
E’ il primo governo guidato da un non parlamentare.
Il 15 maggio 1993 il governo nomina Romano Prodi presidente dell’IRI in sostituzione di Franco Nobili, arrestato (2 mesi e mezzo di carcere, 2 anni e 7 mesi di condanna, assolto poi con formula piena).
In quel momento l’IRI era il settimo conglomerato al mondo per dimensioni, con un fatturato di oltre 67 miliardi di dollari.
Il 30 giugno 1993 istituisce il Comitato sulle Privatizzazioni, con a capo Mario Draghi.
Fatta la finanziaria 1993, il governo chiude il suo compito e gestirà i caotici mesi pre-elettorali con la nuova legge elettorale maggioritaria.
Dini (durata 1 anno e 4 mesi)
E’ il governo del “ribaltone”. Berlusconi aveva vinto le elezioni del 1994 con la Lega e con AN. Ma il 20 dicembre 1994 la Lega presenta una mozione di sfiducia assieme all’opposizione, facendo cadere il governo dopo soli 8 mesi.
Dini era un ministro “tecnico” di Berlusconi, e diventa capo di un nuovo governo tutto tecnico, appoggiato da centrosinistra e Lega. Ottiene una fiducia basata su assenze e astensioni.
Manovrina da 20.000 miliardi, introduzione del sistema contributivo per le pensioni; manovra da 32.000 miliardi. Dimissioni, tentativo fallito di governo Maccanico, gestione ordinaria fino alle elezioni.
Prodi I (durata 2 anni e 5 mesi)
Alle elezioni del 1996 si palesano i “metodi del maggioritario”. Le coalizioni principali sono:
- Polo per le Libertà (Berlusconi) con Forza Italia, AN, CCD-CDU; niente accordo con la Lega del “ribaltone”
- Ulivo (Prodi) con PDS, Popolari per Prodi, Rinnovamento Italiano, Verdi; niente Rifondazione Comunista.
Visto così lo schema, non c’è partita: e infatti a consuntivo il Polo raccoglierà 15.772.203 voti nella parte proporzionale e l’Ulivo solo 13.142.237 voti.
Come fa allora Prodi a vincere? Col meccanismo della “desistenza”. Si accorda con Rifondazione Comunista per non presentare candidati dell’Ulivo in alcuni collegi; in cambio Rifondazione non presenterà suoi candidati nei collegi dove c’è l’Ulivo.
Non potendo imbarcare Rifondazione Comunista nella coalizione (gli elettori di centro sarebbero scappati), viene inclusa in questa forma poco rispettosa dell’elettore.
Rifondazione ottiene 3.213.748 voti nel proporzionale, ma ne usa solo 982.505 nel maggioritario: gli altri li riversa sull’Ulivo.
Alla Camera i voti dei deputati di Rifondazione risultano essenziali: Prodi ha 301 deputati “suoi” + 26 di Rifondazione; l’opposizione ha 303 deputati.
Manovrina da 16.000 miliardi; riforma del sistema tributario; manovra da 62.000 miliardi; decreto misure fiscali urgenti (eurotassa); manovrina da 15.000 miliardi. In vista della manovra di fine 1997 Rifondazione annuncia che voterà contro: è quasi crisi, ma poi il dissidio si ricompone.
Il 1 maggio 1998 l’Italia entra nell’euro. Il 4 ottobre 1998 Rifondazione passa all’opposizione, ma si smembra e nascono i Comunisti Italiani. Cade comunque il governo Prodi per 1 voto. Però c’è un nuovo soggetto politico, l’UDR (Cossiga, Mastella, Buttiglione), che si rende disponibile a sostenere il centrosinistra, purché non lo guidi Prodi.
D’Alema I (durata 1 anno e 2 mesi)
E’ il primo governo diretto da un (ex)comunista e con la presenza dei Comunisti Italiani.
L’UDR si sfascia subito in 3 partitini: UDEUR (Mastella), CDU (Buttiglione), UpR (Cossiga).
Nel frattempo Prodi non va in pensione, ma diventa presidente della Commissione UE.
Il 13 maggio 1999 Ciampi diventa Presidente della Repubblica.
A fine anno viene realizzata una crisi di governo “pilotata”, allo scopo di far entrare il nuovo soggetto politico “i Democratici” (Simbolo “l’asinello”: Prodi, Parisi).
D’Alema II (durata 4 mesi)
Entrano i Democratici con 4 ministri. La maggioranza, che era risicatissima per Prodi, adesso è tranquilla: ci sono stati una serie di mini-ribaltoni che hanno spostato gente dal centrodestra al centrosinistra.
Ma il 18 aprile 2020 si svolgono 15 elezioni regionali col nuovo sistema del “governatore”: il centrosinistra governava in 11 regioni, 4 il centrodestra; dopo le elezioni diventano 7 centrosinistra e 8 centrodestra.
D’Alema si dimette non per obbligo, ma per “sensibilità politica”.
E torna sulla scena l’uomo delle origini.
Amato II (durata 1 anno e 2 mesi)
Giuliano Amato rientra, stavolta da non parlamentare (è il terzo caso dopo Ciampi e Dini).
Durerà fino alla vittoria di Berlusconi del 13 maggio 2001.
In tutta questa serie di governi il Comitato Draghi per le privatizzazioni lavora a pieno ritmo.
Si era partiti nel 1993 con la privatizzazione del gruppo SME (controllato dall’IRI al 64%); si parte da surgelati e dolciario: la svizzera Nestlé acquista Motta, Alemagna, La Cremeria, Antica Gelateria del Corso, Maxicono, Surgela, Marefresco, La Valle degli Orti, Voglia di pizza, Oggi in Tavola.
Ma è solo l’antipasto: l’orrido elenco quasi completo si può leggere nel Libro Bianco del 2001.
Vi troviamo, con privatizzazioni parziali o totali: INA, IMI, ENI, SME Autogrill, Istituto Bancario San Paolo, Banco di Napoli, Telecom Italia, SEAT, Banca di Roma, Banca Nazionale del Lavoro, Alitalia, ENEL, Mediocredito Centrale, UNIM, Autostrade, Credito Industriale Sardo, Meliorbanca, Mediocredito Lombardo, Finmeccanica, Aeroporti di Roma, e scusate le omissioni.
Come “effetto collaterale” c’è anche la “privatizzazione” di Bankitalia.
Nel 2001-2006 Berlusconi fa la legislatura completa, con due diversi governi.
Tra gli ultimi atti, le “Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari” (28 dicembre 2005), all’interno delle quali c’è l’importantissima frase che tenta di riportare Bankitalia in mani pubbliche.
«Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è ridefinito l’assetto proprietario della Banca d’Italia, e sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici».
Ma in dicembre Fazio si è dimesso da governatore, e a Bankitalia arriva… Mario Draghi.
E al governo si riparte con “gli altri”.
Prodi II (2 anni)
E’ un passaggio che ripeto spesso.
Nel 2006 si propone alle elezioni politiche la più eterogenea maggioranza governativa della storia italiana, dove si vuol tenere insieme
- la radicale Emma Bonino e la teodem Paola Binetti,
- Vladimiro Guadagno detto Luxuria con Clemente Mastella,
- i comunisti estremi con la Sudtiroler Volkspartei.
14 partiti per la cosiddetta “Unione”, che vince per 24.755 voti. Una vittoria di Pirro dello 0,07%.
14 partiti al governo e 9 gruppi che danno l’appoggio esterno. Un governo che, al Senato, è sempre sotto ricatto.
Il governo fa due finanziarie, ma soprattutto svolge il suo compito in Bankitalia.
Invece di rendere Bankitalia di nuovo pubblica (come richiesto dalla legge Tremonti di fine 2005), cambia lo Statuto di Bankitalia, in modo da autorizzarla a restare in mano ai privati: il trio Draghi (proponente), Prodi (esecutore), Napolitano (decretatore) ha svolto il suo compito essenziale.
Il governo cade il 24 gennaio 2008, e resta in essere per le pratiche correnti.
Gli italiani sono talmente stanchi di questa maggioranza finta, che alle successive elezioni danno la vittoria a Berlusconi con quasi il 10% di vantaggio (pur avendo Berlusconi scaricato l’UDC).
Il governo Berlusconi dura finché non arriva… Mario Draghi.
Il futuro capo della BCE, assieme all’uscente Trichet, indirizza la lettera estiva del 2011 che “assegna i compiti” all’Italia, destabilizza il governo e (complice il mitico spread) ne provoca la caduta nel novembre 2011.
Provoca la caduta di quello che chiamo “governo Tremonti” (Tremonti aveva pronta la legge di separazione bancaria).
E puntualmente tornano “gli altri”.
Monti (durata 1 anno e 5 mesi)
Monti dovrebbe essere ancora nella memoria collettiva. Nominato senatore a vita da Napolitano, raccoglie una maggioranza trasversale.
Immediatamente fa il pareggio di bilancio in Costituzione, poi manovra fiscale anticrisi (?), legge Fornero sulle pensioni, semplificazione fiscale (?), decreto liberalizzazioni e privatizzazioni, riforma del mercato del lavoro.
Le elezioni 2013 non producono nessuna maggioranza automatica. Dopo vari tentativi arriva Letta.
Letta (durata 10 mesi)
Enrico Letta si regge su una maggioranza trasversale (PD + Berlusconi + Monti/Scelta Civica).
E’ uno solo il punto chiave per cui sarà ricordato: l’aumento delle quote di Bankitalia.
In un unico decreto che mischia provvedimenti IMU e provvedimenti Bankitalia (pacchetto completo, prendere o lasciare) il governo Letta porta le quote di Bankitalia da 156.000 euro a 7.500.000.000 euro, attingendo alle riserve di Bankitalia medesima.
Letta ha eseguito il compito e («Enrico, stai sereno») può andare a casa.
Adesso forse il percorso è più chiaro: 10 governi = 1 solo governo
Adesso forse le cose sono più chiare.
Sono 10 governi, ma sono di fatto un governo solo, che traduce in pratica tutte le linee di intervento utili alla finanza internazionale.
Draghi è onnipresente in diversi ruoli (Direttore Generale del Tesoro, capo del Comitato Privatizzazioni, estensore di leggi, governatore di Bankitalia, governatore BCE), e i compiti da svolgere da parte dei governi sono sempre gli stessi.
- “Messa in sicurezza” dei conti, a danno del popolo.
- Privatizzazioni & liberalizzazioni
- Azioni su Bankitalia
- Tagli al sistema del welfare.
Berlusconi è l’unico vero eletto “pulito” nel sistema maggioritario (niente “desistenza”, niente accozzaglie tipo Unione 2006) eppure governa solo 8 anni e 8 mesi, invece degli almeno 15 che gli sarebbero toccati di diritto.
Il sistema maggioritario che doveva essere più vicino alla ggente (la doppia “g” è voluta: la si pronunciava così nel 1992-1994, “più vicini allaggente”) ha partorito governicchi di breve durata, ma sempre orientati agli stessi obbiettivi.
Le cose diventano ancora più chiare se tiriamo in ballo l’istituto Aspen.
Il ruolo dell’Istituto Aspen
Sull’Istituto Aspen riporto l’asettica definizione di Wikipedia
L’Aspen Institute è un’organizzazione internazionale non profit, fondata nel 1950. Tra i suoi fini quello di incoraggiare le leadership illuminate, le idee e i valori senza tempo e il dialogo sui problemi contemporanei.
La sede centrale dell’Istituto è a Washington D.C.; vi sono dei campus ad Aspen, in Colorado, e a Chesapeake Bay, nel Maryland.
La sua rete internazionale comprende partner a Berlino, Roma, Lione, Tokyo, Nuova Delhi e Bucarest; sono presenti delle iniziative sulla leadership negli Stati Uniti, in Africa, India, e Centro America.
L’Aspen Institute è finanziato ampiamente da fondazioni come la Carnegie Corporation, la Rockefeller Brothers Fund e la Ford Foundation, attraverso quote di iscrizione a seminari e donazioni individuali.
Tra i suoi affiliati ci sono leader della politica, dell’economia e intellettuali.
Qui trovate il comitato esecutivo della sezione italiana.
https://www.aspeninstitute.it/istituto/comunita-aspen/comitato-esecutivo
Qui i soci sostenitori.
https://www.aspeninstitute.it/system/files/inline/SOCI_SOST_ITA_24_02_2021.pdf
La lista dei soci ordinari non è invece disponibile.
Nel comitato esecutivo troviamo Amato, Monti, Prodi; anni fa c’era anche Enrico Letta. “Aspeniano” anche D’Alema (segnalazione di Stefano Sansonetti, www.lanotiziagiornale.it, 9 aprile 2013, che trovò l’elenco dei soci ordinari).
La super-aspeniana Marta Dassù ha collaborato come consigliere per la politica estera con il Presidente del Consiglio dei ministri nei governi D’Alema I, D’Alema II, Amato II, Prodi II, ed è stata vice-ministro degli esteri con Monti e con Letta.
Facendo una tabella forse le cose sono più chiare.
Per 22 anni hanno governato
- o Berlusconi (eletto in maniera ordinaria)
- o i bancario-aspeniani (eletto solo Prodi, e con tutti i distinguo già elencati).
E mi sono limitato ai Presidenti del Consiglio: andando a guardare le benemerenze bancario-aspeniane dei componenti dei governi ci sarebbe da divertirsi, in particolare col governo Monti.
Renzi (e Gentiloni): la fine della democrazia, in parte fallita
I 10 governi (che fanno 1 governo solo) avevano già messo in campo una serie di anomalie nella vita della democrazia parlamentare: metodi curiosi di elezione, inserimento massiccio di non parlamentari e di tecnici, voto di fiducia a non finire, rimescolamento di maggioranze.
Ma dove tutto arriva a maturazione è col governo Renzi.
Renzi è un non parlamentare, ma non ha la foglia di fico del “non parlamentare tecnico”. E’ un non parlamentare politico.
Perché mai dovrebbe governare? Perché è diventato segretario del PD che ha una buona dose di seggi alla Camera.
Solo che quei seggi li ha ottenuti prendendo il premio di maggioranza in alleanza con SEL (Sinistra Ecologia Libertà), vincendo dello 0,37% sul centrodestra.
Renzi si tiene il premio di maggioranza, scarica SEL, e si allea con spezzoni di centrodestra in una maggioranza di “larghe intese”.
Non parlamentare + giochetti da maggioritario + rimescolamento della maggioranza + voti di fiducia.
Uno dei governi apparentemente più fragili della storia riesce a realizzare una serie di “colpi” contro la famiglia e la vita: semplificazione del divorzio, divorzio breve, “buona scuola” (comma 16 = gender nelle scuole), Unioni civili, DAT a deriva eutanasica. Solo alla Camera approvano anche omofobia e cannabis “terapeutica”.
Poi tenta il colpo grosso della fine della democrazia: la riforma della Costituzione, con l’abolizione di fatto del Senato, essendo solo la Camera regolarmente eletta.
Creando una legge elettorale “giusta”, con la sola Camera si può riuscire a governare “alla Macron”: sovrano assoluto con il 24% di seguito popolare.
Ma, grazie a Dio, Renzi perde il referendum e deve rientrare per un po’ nei ranghi, consegnando la continuità a Gentiloni.
Conte I e Conte II: il gioco di prestigio più eclatante
Alle elezioni 2018 non c’è una maggioranza in senso maggioritario, ma c’è una maggioranza vera ricordandosi che esiste anche il proporzionale.
Movimento 5 Stelle e Lega hanno entrambi l’immagine pubblica dei sovranisti & populisti (parole che per me sono grandi elogi), e in effetti alcuni punti di entrambi i programmi confermano l’impressione.
Insieme hanno la maggioranza assoluta dei seggi. E, incredibile ma vero, insieme hanno anche la maggioranza assoluta dei voti espressi.
Difficile stare insieme? Difficile come poteva essere la convivenza tra DC e PSI ai tempi del proporzionale.
Si può fare, e il contratto di governo sancisce che si può fare.
Dura poco e non sto a rivangare il perché tutto sia finito.
L’incredibile avviene dopo: le due forze che se ne sono dette di tutti i colori, Movimento 5 Stelle e PD, si mettono insieme sempre sotto Conte. E i loro programmi sono davvero incompatibili tra loro.
Addirittura riappare Renzi, protagonista messo nel cassetto solo per poco tempo, a sparigliare le carte.
Arriva poi il covid a tenerli insieme, oltre, forse, a qualcosa d’altro. Vedere ad esempio questo articolo di Angela Pellicciari.
Nell’articolo Conte viene definito da Mieli “assolutamente invincibile”? E allora perché sparisce? Sparisce, ma lo ritroveremo presto. C’è un genere di invincibilità che va a braccetto con l’obbedienza.
Et voilà. Tutti i nemici belanti nello stesso recinto
Mettere insieme PD e 5 Stelle era difficile. Ma mettere insieme PD + 5 Stelle + Forza Italia + Lega + Renzi poteva apparire impossibile.
Eppure sotto Draghi si può fare. Tutti hanno capito che si deve fare.
Draghi
- riprende il blocco essenziale del Conte II (conferma addirittura Speranza, di cui non avrebbe bisogno visti i numeri inesistenti del suo gruppo; Speranza deve essere più potente di quanto appare)
- aggiunge Colao + Giovannini + Cingolani solo apparentemente “nuovi”: facevano parte della “task force fase 2” scelta sempre dal Conte II
- aggiunge una ripartizione da “manuale Cencelli” per collocare i ministri di Movimento 5 Stelle, Lega, Forza Italia, PD, Italia Viva
- mette al MEF l’uomo Bankitalia Daniele Franco.
E’ il perfetto governo bancario.
E’ il perfetto governo che ribalta le elezioni 2018 e chiude definitivamente con la democrazia.
Movimento 5 Stelle e Lega (sovranisti & populisti fatui) avevano la maggioranza assoluta dei voti e dei seggi. E dopo neanche 3 anni votano insieme un governo bancario estremo.
I 5 Stelle addirittura espellono chi vota contro Draghi: da UFO, ricordando la campagna elettorale 2018.
Una opposizione bancaria per un governo bancario?
Oltre a uomini del gruppo misto, esiste una sola opposizione: Meloni, Fratelli d’Italia. Solo che Giorgia Meloni ha fatto un passo strano.
Non si arresta la scalata di Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia, dopo la leadership di un partito europeo, si prende anche un altro traguardo tutto internazionale. La Meloni è infatti entrata nell’Aspen Institute (vedi sopra).
Mi sono dato l’aria di quello che capisce tutto dell’Istituto Aspen, mentre in realtà non capisco tutto.
L’aria nettamente prevalente nella sezione italiana dell’istituto è quella di sottofondo culturale ai governi filo-finanza che hanno invaso la seconda repubblica.
Non trovo niente di strano che in Aspen ci siano anche dei Forza Italia come Gianni Letta o Franco Frattini: sono degli “uomini ovunque”, e non sono certo né sovranisti né populisti.
Ma quando mi trovo Giulio Tremonti come presidente di Aspen Italia, proprio non capisco.
Perché Tremonti ha davvero contrastato l’andazzo corrente
- ha tentato di tassare le plusvalenze in oro di Bankitalia
- ha tentato di riportare Bankitalia alla proprietà pubblica
- ha fatto battaglie in Europa
- ha presentato una legge di separazione bancaria (da semplice parlamentare, dopo essere stato silurato dalla “operazione spread” nel 2011).
Non capivo, e lo chiesi a Tremonti nel lontano 17 novembre 2012.
A pagina 167 del libro “Uscita di sicurezza” di Giulio Tremonti leggo: “Farlo vuol dire che è solo lo Stato che emette la moneta nel nome del popolo”. (*)
Come si concilia questa frase con la sua presenza a capo dell’istituto Aspen, luogo nel quale nessuno la pronuncerebbe?
Grazie e cordiali saluti. Giovanni Lazzaretti, San Martino in Rio (RE)
La risposta c’era stata, ma un po’ criptica.
Caro Lazzaretti: dovrei dedurre che, secondo Lei, il libro da cui è tratta la citazione (pagina 167!) è stato stampato in clandestinità?
Tanto cordialmente, Giulio Tremonti
Vedete voi come interpretare la frase di Tremonti.
Vedete voi come interpretare il fatto che, proprio mentre nasce il governo bancario di larghissime intese (da “maggioranza bulgara” si diceva un tempo), l’unica opposizione esistente entra nell’Aspen, dove si entra solo per cooptazione e non certo facendo domanda.
Comunque una che sta nell’Aspen non urlerà molto contro Draghi.
La “Pax Bancaria” è fatta.
Le linee progettate dal “Gruppo dei Trenta” (potente gruppo bancario che nel dicembre 2020 ha presentato il testo “Rilancio e ristrutturazione del settore aziendale Post-Covid – Progettazione di interventi di politica pubblica”) hanno Draghi come esecutore in Italia.
Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi.
Per le piccole e piccolissime imprese è la morte certa. Mandate in crisi dalla gestione dissennata del covid (chiudere & non curare), saranno “eutanasizzate” da Draghi.
Ma il tutto passerà come “accompagnare nel cambiamento”. Eh già, basta usare le parole giuste e tutto sembra bello.
Alle prossime elezioni però nessuno mi venga a dire che “votare è un dovere”.
Se votare è un dovere, non essere fregati dagli eletti dovrebbe essere un diritto.
Giovanni Lazzaretti
giovanni.maria.lazzaretti@gmail.com
(*) Citazione dal libro “Uscita di sicurezza” di Giulio Tremonti. Ecco un brano più esteso.
Due secoli fa è stato detto: «Sinceramente sono convinto che le potenze bancarie siano più pericolose che eserciti in campo» (Thomas Jefferson, 1816). Oggi è più o meno così ed è per questo che è arrivato il tempo di mettere lo Stato sopra la finanza e la finanza sotto lo Stato. Il tempo per fissare un limite allo strapotere del capitalismo finanziario.
Farlo, finalmente, vuole dire porre fine a un ciclo ventennale di prevalenza contro natura dell’interesse particolare sull’interesse generale, vuol dire «cacciare i mercanti dal tempio», vincere la malia di potere ancora esercitata dai santoni del denaro. Farlo vuol dire che è solo lo Stato che emette la moneta nel nome del popolo.
Vuole dire che il credito serve per lo sviluppo e non per la speculazione. Vuole dire separare «il grano dal loglio e dalla zizzania», separare il produttivo dallo speculativo, come è stato per secoli. Vuole dire, tra l’altro, cominciare a difendere e stabilizzare i bilanci pubblici.
Nell’insieme dare avvio a un sistema economico e sociale diverso, non solo più etico, ma anche più efficace di quel sistema monetarista che sta ora crollando e che purtroppo ci sta trascinando, se non facciamo resistenza, se non reagiamo, se non cambiamo.
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