di Anna Rita Rossi
“Non c’è umiliazione più violenta della fame”
(Pranab Mukherjee – dal 2012 al 2017 è stato Presidente dell’India)
La politica che ha governato il Paese dal dopoguerra ad oggi ha danneggiato l’economia alimentare dell’Italia senza pietà.
La scarsità di risorse agricole e il crollo del numero delle stalle ci apparirà presto in tutta la sua drammaticità.
Il tutto è accaduto sistematicamente in un’ottica implacabile di affamamento.
Davvero pensiamo che troveremo la distribuzione sempre gonfia di lavorati alimentari per il 60% dall’estero?
Partiamo da un dato che vari rapporti, compresi quelli della Coop, peraltro pubblicati su riviste che incontrano naturalmente l’indifferenza del grande pubblico, ma ben conosciuti dagli addetti ai lavori:
l’Italia non e’ autosufficiente nel settore alimentare.
Importiamo ingredienti da trasformare in prodotti finiti destinati sia al consumo interno che all’esportazione…siamo una macchina industriale alimentare che si è alimentata fino ad oggi per lo più con materie prime non italiane e sovvenzioni che a lungo termine hanno fatto abbandonare la terra…per non parlare delle tasse e dei limiti produttivi folli imposti a danno del popolo italiano.
Ma che geni! Sia le politiche restrittive dell’Unione Europea, alle quali tutti proni i miserabili statisti nostrani, sia la diminuzione dei terreni destinati all’agricoltura a causa di vessazioni di ogni tipo, fotografano dal 1970 ai giorni nostri una riduzione incessante di milioni di ettari di terreni coltivabili e del numero di addetti ai lavori.
Lo stesso vale per la pesca e per l’allevamento.
Se prendiamo ad esempio il grano duro e quello tenero la sua produzione copre a mala pena il 50% del fabbisogno nazionale.
Percentuali imbarazzanti seguono per le carni bovine italiane, il latte, lo zucchero, gli agrumi, l’olio, i legumi…
Abbiamo tutti assistito alla persecuzione dei nostri prodotti, al boicottaggio internazionale e soprattutto della UE e della farsa inconcludente dei rappresentanti al parlamento europeo nonché dei rappresentanti nazionali dal Ministero presto fino ai consigli regionali.
Addirittura alcuni prodotti correlati al territorio come quelli IGP (Indicazione Geografica Protetta), sono in realtà il risultato eccellente della lavorazione di materie prime non italiane…
…e qui finisce ora la storia dopo aver creato una industria pronta a crollare perché costruita per lo più fuori dai confini, dapprima ignorati per propaganda e combattuti da cosmopoliti inutili e privi di buon senso autoctono, confini che invece la “necessità di cibo” ha fatto riapparire e richiudere come per incanto e con l’arrivo dei soliti dazi.
Studiando il ventennio fascista (io faccio ricerca e non propaganda)
…e leggendo il bell’articolo del prof. Alberto Perconte Licatese circa il profilo della famosa “bonifica integrale” possiamo dire che essa trasformò radicalmente estese zone agricole in tutta l’Italia per dare efficienza e autosufficienza al popolo senza tema di confutazione.
Furono artefici del grande lavoro italiano la competenza e l’onestà morale dei tecnici e l’impeccabile direzione politico-amministrativa di uomini come Arrigo Serpieri, Giuseppe Tassinari, Araldo Di Crollalanza, Valentino Orsolini Cencelli…
…è di tutta evidenza che da decenni oltre alla scarsità alimentare è venuta a mancare qualsiasi forma di strategia di tutela e di orgoglio nazionale al servizio di eventuali periodi di “vacche magre”.
Se il regime si appropriò del concetto di “bonifica integrale” – con legge (n.3134) – che avrebbe dovuto provvedere inoltre alla bonifica dei territori paludosi, anche all’ intensificazione produttiva e alle nuove colture e costruzione di nuovi borghi…il regime ordo-liberista con la compiacenza di miopi e squallidi personaggi in alternanza ha lavorato al contrario…umiliando i cittadini, de-responsabilizzando la società attraverso l’insipienza del singolo vessato e manipolato mettendone a rischio la stessa sopravvivenza.
”L’agricoltura rientra a pieno titolo nella lista dei beni comuni che l’Unione Europea deve tutelare e valorizzare – concludeva il presidente di Confagricoltura Dott. Massimiliano Giansanti in relazione alla proposta della Commissione europea sul nuovo quadro finanziario della Ue (periodo 2012-2017), che prevedeva la riduzione delle spese destinate all’agricoltura per un ammontare di circa 40 miliardi di euro.
…e ancora il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo commentava la proposta della Commissione Ue sul primo bilancio pluriennale dopo l’uscita della Gran Bretagna così:
“A pagare il conto della Brexit non può essere l’agricoltura che è un settore chiave per vincere le nuove sfide che l’Unione deve affrontare, dai cambiamenti climatici, all’immigrazione, alla sicurezza”
Che aggiungere?
A forza di finte consultazioni pubbliche promosse dalla commissione europea e alle esternazioni dei “parolai” di sistema ora tocchiamo con mano gli allarmi inquietanti dei sindaci col “già si sente la FAME!”
L’allarme Inps scattò nel 2015:
“15 milioni di famiglie in Italia soffrono la fame” in quanto in Italia una famiglia su quattro non può permettersi un’alimentazione adeguata né tanto meno il riscaldamento”
….e ancora:
“Le famiglie del meridione hanno un rischio povertà più che doppio rispetto a quelle del Nord“
Allarmi certificati inascoltati che a distanza di cinque anni lasciano il popolo davanti a un plotone di esecuzione che la propaganda dei “posti al sole” oscura con la benda prima dell’esecuzione.
Un classico simbolismo sottovalutato anch’esso.
La nozione di responsabilità individuale è alla base di ogni convivenza umana ma i danni prodotti da malafede e approssimazione e incompetenza e avidità devono innescare le conseguenze previste per legge…è il porto certo a cui dobbiamo puntare per evitare lo scontro sociale orizzontale.
Mai più “miserabili” a governare!
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