di Massimo Bordin
Sulla Siria tutto tace. Ora i morti sono solo in acqua, a quanto si legge. Ma le cose in Siria vanno avanti, sempre di più e sempre più intensamente. Chi pensa oggi alla Siria come ad una ex nazione, spaccata peggio della Berlino del 1945, rimarrà molto deluso. In questi giorni chi ha seguito la vincenda siriana ha visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare.
In primo luogo la città di Daraa, patria della rivoluzione del 2011, il 12 luglio scorso è stata liberata dall’esercito lealista di Bashar Al Assad. Tra una sbirciatina alla popputa Presidentessa della Croazia e una vomitata mediatica di Tito Boeri metterei la vostra mano sul fuoco che manco ve ne eravate accorti, eh? Eppure è notizia da correlare al vertice di Helsinki tra Putin e Trump, a cesello della libertà della Siria dai terroristi dell’Isis e dai ribelli ad ogni titolo denominati.
La città di Daraa è stata presa d’assalto ai lati, con appoggio massiccio dell’aviazione russa di giorno e di notte. Significativa a tal proposito è stata l’inconsistenza degli attacchi israeliani sull’areoporto di Damasco, in gran parte fuori bersaglio. La comparsata è ulteriore riprova dell’ottimo lavoro diplomatico di Putin con Nethanyau, che in cambio del sostanziale placet ha fornito garanzia al presidente israeliano sull’integrità dei confini tra Israle e l’Iran. In altri termini, la pervicace azione di Assad, l’aviazione russa e la diplomazia del Cremlino hanno consentito di liberare Daraa ed il sud della Siria.
In secondo luogo, a sei lunghi anni dall’inizio delle ostilità, occorre rimarcare che la guerra siriana è costata 400mila vite e che fu scandita dall’appoggio dell’amministrazione Obama, dal Clan Clinton, dalla Cia e dal Pentagono ai ribelli e alle milizie jihadiste. Le vittime siriane, nella stragrande maggioranza dei casi, sono tali per la visione geopolitica degli americani, che avevano ed hanno tuttora interesse a destabilizzare l’area. Questo vien detto da tempo, ma ora si aggiungono prove schiaccianti, con tanto di inchiesta che ha finalmente svelato al mondo la bufala delle armi chimiche. Il premio Pulitzer giornalista investigativo Seymour Hersh ha rivelato in una inchiesta che l’attacco nei sobborghi di Damasco del 21 agosto 2017 fu provocato dai ribelli e non dal governo, come si è invece ripetuto fino alla nausea. Prima, contro questa convinzione c’era solo la ferrea logica: ad Assad non conveniva scatenare la rabbia americana proprio mentre stava liberando l’area dai ribelli. Ora ci sono anche le prove, e le ha fornite l’intelligence americana, non il Cremlino. Le accuse ad Assad servivano per provocare l’intervento americano nella guerra civile. Secondo Hersch si trattò di un complotto in cui era coinvolta la Turchia di Erdogan.
Infine, the last but not the least, Putin e Assad per urlare a squarciagola la loro vittoria totale-globale, dovrebbero ancora riprendere la zona di Idlib. I ribelli anti-Assad controllano ancora Idlib nel nord-ovest, mentre una milizia a guida curda controlla il nord-est e una grossa parte dell’est. L’impresa non è complicata sotto il profilo militare, ma lo è sotto quello diplomatico perchè Erdogan non vuole assolutissimamente ed ha già dichiarato che gli accordi tra russi e turchi sono a rischio nel caso di un intervento militare ad Idlib dei lealisti di Assad. La facciamo una scommessa? L’area tornerà sotto il controllo governativo, ma sarà la Turchia a mollare Idlib. Il vertice di Helsinki tra il premier americano e quello russo non ha, infatti, ancora svelato tutte le sue carte.
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