Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, con il Decreto-legge n.11 del 16 febbraio 2023, da una parte ammette la circolazione dei crediti d’imposta esistenti, chiarendo per legge i confini della responsabilità solidale da parte dei cessionari, ma dall’altra cancella l’aspetto più innovativo e utile in situazione di crisi: lo sconto in fattura e le cessioni dei crediti d’imposta di tutti i bonus fiscali, a partire ovviamente dal superbonus.
In merito soprattutto a quest’ultima modifica, Giorgetti ha dichiarato in conferenza stampa: “È chiaramente una misura di impatto, che si rende necessaria per bloccare gli effetti di una politica scellerata e che ha prodotto anche e sicuramente un beneficio per alcuni cittadini, ma che ha posto alla fine in carico a ciascuno di noi, a ciascun italiano, dalla culla, diciamo così, 2000 euro a testa: questo è il bilancio di questa esperienza”.
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Ok per il “peccato originale” ed il”debito pubblico” che gravano su tutti noi alla nascita, ma aggiungere anche 2000 euro nella culla a causa del super bonus non ci convince. Per il ministro i lavori generati dai bonus avrebbero comportato solo dei benefici per alcuni cittadini ed un costo enorme per lo Stato e l’intera collettività.
E le maggiori entrate fiscali dove sono finite?
I dati a consuntivo sul Superbonus hanno dimostrato ampiamente che il mancato gettito futuro di tutti i bonus fiscali, ha generato ovviamente anche un aumento di gettito oggi, che arriva allo Stato da tasse, IVA e contributi pagati su:
– fatture emesse da chi fa i lavori per 120 miliardi di euro e sui lavori non agevolati comunque eseguiti;
– fatture emesse da fornitori e stipendi pagati a dipendenti;
– fatture e stipendi su tutta l’economia indiretta e indotta generata.
Nomisma ha calcolato che per 38,7 miliardi di euro di crediti d’imposta concessi, si è generata una economia diretta, indiretta e indotta, pari a 124,8 miliardi di euro, su cui paghiamo oggi tasse, IVA e contributi ben maggiori della riduzione del gettito futuro.
Facendo il confronto con l’ammontare complessivo di tutti i bonus, pari a circa 110 miliardi di euro, l’economia diretta, indiretta e indotta generata sarebbe pari a 354 miliardi di euro, su cui paghiamo sicuramente oggi tasse, IVA e contributi ben maggiori della riduzione del gettito futuro.
I sicuri vantaggi di oggi non contano rispetto ai presunti costi futuri?
Adesso il governo cancella la cedibilità tout court, nonostante Eurostat abbia introdotto nelle norme la possibilità concreta di utilizzare un credito d’imposta cedibile a tutti infinite volte, riportabile negli anni successivi, senza scadenza, ed utilizzabile per compensare qualsiasi debito verso lo Stato.
Chiede solo di considerarlo una spesa il primo anno, che sappiamo è un fatto puramente contabile perché non è un debito per lo Stato e non incide sul debito di Maastricht. Insomma, non ce lo chiede l’Europa.
Lo ha ribadito in modo chiaro anche Luca Ascoli, Direttore delle statistiche sulle finanze pubbliche di Eurostat, durante l’audizione in Commissione Finanze della Camera dei Deputati il 14 febbraio 2023: “Non vi è stato fino ad ora nessun impatto sul debito, né vi sarà, se le cose rimangono così, l’impatto sul deficit dello Stato a lungo termine è esattamente lo stesso, sia se il credito fiscale sia pagabile, sia che sia non pagabile. Quello che cambia è semplicemente il momento in cui vi sarà un impatto, non l’ammontare finale del costo della misura”.
Quali saranno le conseguenze di questa decisione?
In primo luogo, ci sarà una lunga catena di fallimenti e di nuovi disoccupati che verranno generati, e questo produrrà non solo una riduzione del PIL e del gettito fiscale oggi e nei prossimi anni, ma avrà anche un ulteriore effetto recessivo indiretto e indotto, in altri settori più o meno collegati all’edilizia.
In secondo luogo, tutte le famiglie e le imprese che stavano programmando un intervento con i bonus fiscali, ma che non hanno sufficiente capienza fiscale garantita nei prossimi anni, bloccheranno qualsiasi progetto iniziato, frenando la già flebile crescita economica.
In terzo luogo, tutti i soggetti, banche ed istituzioni finanziarie, ma anche regioni ed altri soggetti capienti da un punto di vista fiscale, che in questo momento si stavano organizzando per acquistare crediti d’imposta utilizzando le norme attuali, ma anche sperando in un qualche sblocco promesso dal Governo, si fermeranno, peggiorando la situazione delle imprese con i crediti bloccati. Tutte queste conseguenze produrranno comunque minori entrate e costi ben maggiori per lo Stato e la collettività, ben maggiori dei presunti risparmi di questo provvedimento.
Non siamo forse di fronte a quella che John Maynard Keynes chiamava la “parodia dell’incubo di un contabile“?
Paolo Becchi e Fabio Conditi, 18 febbraio 2023
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