di Giovanni Lazzaretti
25 novembre: Giornata Mondiale contro la violenza sulle Donne. 26 novembre: muore Bernardo Bertolucci. Cosa c’entrano le due cose tra loro? Niente, è ovvio. Cosa può c’entrare un regista premio Oscar con la violenza sulle donne?
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Mi chiedo quale sia il significato delle manifestazioni per la Giornata contro la violenza sulle Donne.
L’opinione pubblica è a posto, non troverai nessuno che dica di essere “pro violenza sulle donne”; per cui, se vai in piazza per mostrare forza, la mostri contro nessuno. Anche i media sono tutti a sostegno.
La politica si inchina, ha fatto la legge sul femminicidio e aderirà a qualunque altra richiesta.
Il Presidente della Repubblica appoggia totalmente: fenomeno tragicamente alto, denunce troppo reticenti, superare le discriminazioni iniziando dall’infanzia, eccetera.
Tutti sono concordi, ma nessuno sa arrivare a una soluzione. Lo striscione che apriva la manifestazione di Roma involontariamente diceva la verità: “Stato di agitazione permanente”. Un’agitazione permanente senza costrutto, perché non vengono comprese le cause, e quindi non si trovano le soluzioni.
Alcune violenze nascono da follia: quella è sempre esistita, si tratta di vedere se oggi è in aumento. Sempre esistito anche il legittimo marito “che mena”: pratica orribile, ma non tipica dei nostri tempi. Tipico dei nostri tempi (e statisticamente genera la gran maggioranza delle violenze) è l’attacco alla femmina per “abbandono sessuale”. E l’abbandono sessuale nasce da un uso erroneo del sesso: quel mix di adulteri, convivenze, divorzi, fornicazioni, pornografia, separazioni che formano il brodo sessualista del nostro tempo.
Essendo la lussuria «un desiderio disordinato o una fruizione sregolata del piacere venereo» possiamo dire tranquillamente che l’uccisione della femmina avviene quasi sempre in un mix di lussuria e ira, due dei vizi capitali.
Vuoi diminuire la violenza sulle donne? Combatti la sessualizzazione della società. Vuoi che l’uso del sesso sia senza regole? Rassegnati alla dilatazione della violenza. I vizi capitali sono tutti collegati tra loro, superbia avarizia lussuria ira gola invidia accidia. La lussuria apre facilmente le porte all’ira.
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A pensarci bene un richiamo a Bertolucci ci sta. E’ premio Oscar per “L’ultimo imperatore”, ma è noto soprattutto per “Ultimo tango a Parigi” «un film scandalo che ha segnato a fondo un’intera generazione, grazie alla straordinaria capacità di dare vita alle sue insofferenze, alla volontà di trasgressione, al desiderio sempre più forte di uscire dagli schemi».
“Ha segnato a fondo un’intera generazione”. E’ talmente vera questa frase che Bertolucci dovette fare il suo “passaggio a oriente” (L’ultimo imperatore, Il tè nel deserto, Piccolo Buddha), perché non era più in grado di proporre trasgressione: la società l’aveva imparata così bene, da superarlo in corsa.
La trama del film in due parole: un quarantacinquenne, vedovo di moglie adultera e suicida, incrocia per caso una ventenne e iniziano una storia di sesso senza nemmeno conoscersi per nome. Lei poi si innamora di lui, ma lui la lascia. Poi lui si innamora di lei, ma lei non lo vuole più. Nel passaggio finale lei gli rivela il suo nome, e nello stesso momento lo uccide.
In fondo c’era già scritto tutto: sesso senza regole, finale di morte. Potete continuare a chiamarlo “capolavoro”, ma di fatto descrive due corpi che si usano a vicenda.
Finché questo film sarà ritenuto un capolavoro, la società sarà la conseguenza di quel capolavoro.
La scena che marchiò definitivamente la protagonista Maria Schneider è quella di una penetrazione anale con ausilio del burro. «Mi hanno quasi violentata. Quella scena non era prevista nella sceneggiatura. Io mi sono rifiutata, mi sono arrabbiata. Ma poi non ho potuto dire di no. Avrei dovuto chiamare il mio agente o il mio avvocato perché non si può obbligare un attore a fare qualcosa che non è nella sceneggiatura. Ma all’epoca ero troppo giovane, non lo sapevo. Così fui costretta a sottopormi a quella che ritengo essere stata una vera violenza. Le lacrime che si vedono nel film sono vere. Sono lacrime di umiliazione».
David Grieco, assistente di Bertolucci, la smentisce così: «Avevano letto la scena e avevano firmato un contratto. La scena era identica al copione, eccetto il burro che fu un’idea venuta a Marlon Brando mentre stava facendo colazione».
Grieco è un “proceduralista”. Non si pone il problema se sia “bene” che quella scena (e tutto il film) venga girata. Avevano firmato, perbacco. Tutto è a posto, il contenzioso si limita al burro.
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L’educazione ha per obiettivo il vero, il bello, il buono. Una società sessualizzata può produrre al massimo un generico “garbo civico”, che salta subito appena scoppiano le passioni legate ai vizi. Il maschio che cresce in mezzo al sesso senza regole è un “diseducato per natura”: ira, violenza e morte faranno sempre parte del suo bagaglio interiore.
E noi ci ritroveremo nel 2019 per altre inutili manifestazioni.
Giovanni Lazzaretti
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