di Davide Gionco
Il filosofo Karl Popper nel suo libro “La società aperta e i suoi nemici” (1943; volume I, capitolo VII, nota 4) dice: “La tolleranza illimitata deve portare alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti, e la tolleranza con essi.”
Il testo preso alla lettera sembrerebbe giustificare azioni intolleranti contro le persone che manifestano idee intolleranti. Se così fosse, non avremmo risolto il problema, in quanto avremmo noi stesso reso intollerante la società che volevamo intollerante.
In realtà Popper chiarisce meglio l’idea in un passo successivo “In questa formulazione, io non implico, per esempio, che si debbano sempre sopprimere le manifestazioni delle filosofie intolleranti; finché possiamo contrastarle con argomentazioni razionali e farle tenere sotto il controllo dell’opinione pubblica, la soppressione sarebbe certamente la meno saggia delle decisioni.
Ma dobbiamo proclamare il diritto di sopprimerle, se necessario, anche con la forza; perché può facilmente avvenire che esse non siano disposte a incontrarci a livello dell’argomentazione razionale, ma pretendano ripudiare ogni argomentazione; esse possono vietare ai loro seguaci di prestare ascolto all’argomentazione razionale, perché considerata ingannevole, e invitarli a rispondere agli argomenti con l’uso dei pugni o delle pistole.” (Popper, 1943, pag. 346)
Personalmente ritengo che si tratti di usare sempre moderazione e buon senso. Ma anche di essere decisi, quando ne sia il caso, avendo sempre presente che la vera intolleranza si manifesta quando si passa dalle parole ai fatti. Ovvero: se chi manifesta delle idee intolleranti non si limita ad un dibattito intellettuale, ma mette in piedi una organizzazione per imporre le proprie idee agli altri.
La libertà di esprimere idee intolleranti dovrebbe essere sempre garantita, in quanto potrebbe trattarsi proprio di un dibattito relativo all’intolleranza verso altre idee non tolleranti.
La difesa della Democrazia esigerebbe inoltre una certa intolleranza nei confronti di chi manifesta idee eccessivamente tolleranti nei confronti di chi propone idee intolleranti.
Sembrano dei giochi di parole, ma la questione è molto seria.
Oggi in Italia ci troviamo di fronte a persone di cultura islamica, le quali ritengono la loro cultura superiore alla nostra e per questa ragione disprezzano gli occidentali, proponendosi l’obiettivo di “convertirci” imponendoci le loro idee.
Certamente vi sono molti mussulmani eredi culturali dell’Islam tollerante che espressi grandi filosofi del calibro di Avicenna ed Averroè.
Ma purtroppo oggi abbiamo a che fare con mussulmani che seguono la scuola salafita nella sua corrente wahhabita, che va per la maggiore in Arabia Saudita, di cui i Sauditi, a suon di petrodollari e a partire dalle scuole coraniche, finanziano la diffusione nelle moschee europee e attraverso internet.
Nei paesi europei assistiamo a 2 tipi di reazioni fra loro contrastanti.
Da un lato abbiamo la reazione “di sinistra” (per intenderci, alla Laura Boldrini), che propone la massima tolleranza verso i mussulmani che manifestano idee intolleranti, in nome della libertà di espressione, che è uno dei valori fondanti. I problemi nascono quando queste idee intolleranti danno vita ad un partito che, nelle prossime elezioni in Belgio, intende presentarsi per imporre ai Belgi l’attuazione della sharia. E la sharia non è per nulla tollerante nei confronti degli usi e costumi occidentali, come ad esempio: libertà di pensiero, libertà di religione, libertà di circolazione per le donne e senza viso velato, poligamia, libertà di mangiare maiale, separazione fra religione e politica, ecc.
Dall’altro lato abbiamo la reazione “di destra” che esprime forte intolleranza verso i mussulmani che manifestano idee intolleranti e, generalizzando, verso tutti i mussulmani, in quanto potenziali proseliti di quelle dottrine o in quanto portatori, anche non sempre in modo intollerante, di usi e costumi diversi da quelli dei paesi europei. Gli eccessi di questo tipo di intolleranza rischiano effettivamente di portare la nostra società fuori dai “canoni di tolleranza” che stanno scritti, ad esempio, nella nostra Costituzione.
Ogni volta che si tenti di esprimere una visione equilibrata ed obiettiva del problema si rischia di venire etichettati “di destra” o “di sinistra” da parte di chi ha già deciso se essere tollerante o intollerante.
Per questo motivo non intendo prendere una posizione ufficiale, per non essere etichettato con uno dei due estremi, senza che ciò sia utile a fornirci delle soluzioni per tutelare il nostro sistema di valori, costumi e tradizioni senza essere eccessivamente intolleranti.
Vorrei concludere la riflessione evocando un’altra contrapposizione ideologica presente in Italia che non ha mai prodotto le stesse tensioni dell’attuale contrapposizione fra tolleranti e intolleranti.
Si tratta della contrapposizione fra il “pensiero debole” ed il “pensiero forte” di coloro che ribadiscono l’importanza di riscoprire le nostre radici culturali, che risultano espresse nelle nostre tradizioni, ma soprattutto nel nostro sistema legislativo, a partire dalla nostra Costituzione.
Il pensiero debole, concetto filosofico introdotto in Italia da Gianni Vattimo, è vicino all’ideologia del multiculturalismo che oggi domina i mezzi di comunicazione di massa: poiché dobbiamo convivere insieme con persone provenienti da diverse culture, allora rinunciamo ad avere dei forti valori, una forte etica, delle forti radici culturali. In questo modo non saremo motivati a combattere per difenderle nei confronti di chi manifesti una cultura diversa dalla nostra.
Il “pensiero forte”, che non segue alcuna corrente filosofica, rischia di essere inteso in modo ambiguo. Il rischio è di intenderlo come un tradizionalismo acritico, come una forma di bigottismo culturale e la totale chiusura ad altre culture. Atteggiamenti del genere risultano francamente poco costruttivi, in quanto dobbiamo comunque misurarci con le altre culture con cui veniamo in contatto.
Ma se per “pensiero forte” intendiamo la riscoperta dei valori fondanti della nostra società, sulla nostra cultura che affonda le radici nei valori del cristianesimo, dell’illuminismo, del socialismo e della loro determinazione nei confronti di nuove idee che mirano a distruggere la nostra cultura, allora questo è certamente il primo passo per difendere anche la nostra cultura democratica della tolleranza.
Un pensiero debole ed eccessivamente tollerante verrà certamente spazzato via da un altro pensiero forte e intollerante.
Ma un pensiero forte, consapevole delle proprie radici culturali, e proprio per questo “moderatamente intollerante” nei confronti di chi paventa idee intolleranti nei nostri confronti, saprà difendere la nostra società dalle idee estremista, mantenendola pacifica e “moderatamente tollerante”.
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