di Davide Gionco
Ogni anno lo stesso rito, il rito commerciale del Natale: non ne possiamo più della barba bianca di Babbo Natale, di quei film melensi in tv, di tutte quelle persone che ridono felici stappando lo spumante e mangiando il panettone.
Tutto questo mentre tutti i nostri problemi di sempre sono ancora lì: il piccolo imprenditore che non sa come fare fronte ai pagamenti di fine anno; l’uomo separatosi dalla moglie, con i continui contenzioni riguardanti i figli; l’anziano che deve scegliere fra il curarsi e il fare un regalo di Natale ai nipotini; i genitori che a malincuore devono dire al figlio adolescente di rinunciare alla settimana bianca con gli amici, causa problemi finanziari della famiglia; il lavoratore precario che spera in una prossima buona occasione per un lavoro più stabile e meglio remunerato.
Ci troviamo quasi obbligati a vivere un clima di gioia e serenità, con l’insopportabile (e costoso) rito dello shopping natalizio, mentre nel nostro cuore siamo pieni di problemi e preoccupazioni, a cui solo un vero segnale di speranza, di cambiamento saprebbe dare risposta.
Viviamo in una società laica, nella quale le festività religiose hanno perso il loro significato. Perché festeggiare la nascita di Gesù Cristo, avvenuta 2018 anni fa, quando in fin dei conti molti di noi vivono completamente indifferenti alle varie manifestazioni religiose?
In fin dei conti quegli eventi di 2018 anni fa, veri o non veri che siano stati, non ci riguardano. Forse sono solo dei miti, reminiscenze di secoli di dominio culturale della Chiesa Cattolica in Italia.
I nostri problemi, oggi, sono ben altri: c’è la crisi economica, c’è quella persona che ha tradito la nostra fiducia, un familiare malato e incurabile.
Siamo oramai –ci dicono- in una società multiculturale. Va bene mantenere le feste di fine anno, ma non offendiamo i mussulmani ed i laici parlando di Gesù Bambino. Facciamo la “festa dell’inverno”, facciamo la recita di fine anno a scuola, facciamoci costosi regali e poi tutti lì, magari per l’unica volta dell’anno, a sorriderci in famiglia il giorno del 25 dicembre.
Una ricorrenza utile per festeggiare insieme in famiglia e per mettere da parte, per un giorno, i nostri problemi, sapendo che dal giorno dopo tutto sarà come prima.
Stando così le cose forse hanno ragione coloro che propongo di abolire il Natale, oramai ridotto ad una ipocrita festa commerciale di massa, senza alcun significato reale per la nostra vita.
Ma se invece ritornassimo alle origini del Natale?
Questa festa fu istituita molti secoli fa non per fare shopping a fine anno, ma proprio per dare una risposta ai nostri problemi di tutti i giorni, che puntualmente ci si presentano finite le feste del Natale.
Il 25 dicembre non è la data di nascita romantica di un bambinello sotto una stella cometa, ma ricorda l’arrivo nel mondo di una persona, Gesù Cristo, che ha dato delle risposte a chi da secoli, e in passato molto più di oggi, si trova di fonte alle sofferenze della vita, alle incertezze, alle delusioni, alla disperazione. Una persona che ha dato delle risposte ai problemi di sempre dell’umanità e di ciascuno di noi.
Possiamo credere o non credere alla fondatezza di questo messaggio di speranza che ci viene tramandato da quasi 2000 anni, ma certamente si tratta di una proposta seria e centrale, che non ignora i nostri bisogni e le nostre difficoltà della vita.
Il ciarpame consumista del Natale come ci viene presentato oggi dai mezzi di comunicazione di massa è effettivamente un rito di massa vuoto di significato, fastidioso, di cui non sentiamo un bisogno profondo.
Il messaggio profondo del Natale, quello che oggi sopravvive solo nella gioia di ritrovarsi in famiglia con le persone che ci vogliono bene, è invece quasi totalmente offuscato. Ed il messaggio di speranza che oggi ci manca e per il quale la festa del Natale fu istituita molti secoli fa.
Non si tratta di un messaggio romantico. Si tratta di un messaggio centrato sull’Amore, quello che costa fatica e dà grandi risultati: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, “Ama i tuoi nemici”, “Beati i poveri di spirito”, “Beati coloro che hanno sete di giustizia”.
Non si tratta di messaggi religiosi, ma di risposte ai problemi dell’umanità che chiamano in causa ciascuno di noi.
Se ogni essere umano amasse il prossimo come se stesso, se amasse i propri nemici, se fosse semplice nello spirito, se avesse sete di giustizia, gran parte dei problemi del mondo e della vita di ciascuno di noi, sarebbero già risolti.
La festa del Natale non fu istituita per la “certezza storica e oggettiva” dell’esistenza di Gesù Cristo, ma perché il messaggio attribuito a Gesù Cristo era un messaggio di speranza per il cambiamento del mondo. Un messaggio ancora attuale. Non teorico, ma molto concreto, in quanto ciascuno di noi può concretamente fare la propria parte.
Questo vuole essere il nostro augurio di Buon Natale: meno shopping, meno regali, più autenticità. Ma soprattutto mettersi in gioco per un modo migliore, perché la soluzione dei nostri problemi e di quelli degli altri dipende soprattutto da noi, da quanto sapremo accogliere il messaggio disperanza del Natale nella nostra vita: meno sentimenti e più fatti concreti.
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