di Giovanni Lazzaretti
E’ drammatico il processo di semplificazione che si sta facendo in TV sul tema dell’evasione fiscale. Addirittura ci hanno mostrato il dato della “evasione pro capite”: Italia record con 3.147 euro pro capite. Ma l’evasione tutto può essere, tranne che “pro capite”.
L’evasione fiscale è una questione complessa, e ha bisogno di analisi e di dettaglio. Vi consegno solo qualche parametro di ragionamento.
Il contante, un falso problema
Gli scontrini vengono trasmessi all’Agenzia delle Entrate e fiscalmente la cosa finisce qui: pagare in contanti o con carta è indifferente. La differenza viene solo dalle spese extra introitate dal sistema bancario.
Sì, certo: è possibile che un popolo “educato” a esibire la carta in faccia del dettagliante lo obblighi a emettere lo scontrino. Ma ci rendiamo conto di quali cifre stiamo parlando? Transazioni medie da 13,57 euro. Per recuperare 1 miliardo di euro devi stanare 150 milioni di scontrini.
«Se non ci fosse il contante, tutto sarebbe tracciabile!» Certo, con un piccolo dettaglio: che il saldo del mio conto corrente è il debito che la banca ha nei miei confronti. E’ il paradiso del sistema bancario l’abolizione del contante: il debito non sarà più restituito. Potrà solo circolare di banca in banca, come un gigantesco debito irredimibile.
Il contante è (1) l’unico mezzo per riscuotere il nostro credito con la banca (2) un circuito di pagamento comodo e a costo zero. Viene demonizzato per scopi che con l’evasione non hanno nulla a che vedere.
L’evasione e il danno all’erario sono due cose diverse
Il 19 ottobre ero a Roma e ho rivisto “l’omino del centesimino”. Gira nei dintorni di San Pietro, si avvicina e chiede se gli date un centesimino. Se lo scansate, commenta tra sé «Un tempo la gente era gentile, rispondeva alle domande». Gli do 1 euro e faccio un calcolo mentale: può prendere tranquillamente 50 euro al giorno, 18.250 euro l’anno, da evasore totale.
Ma non porta danno all’Erario. Raccoglie euro superflui (superflui! gli do 1 euro, ma non è che poi rinuncio al caffè per recuperare) e fa la cosa più banale: li spende. I 18.250 euro vanno all’economia e all’Erario.
Viceversa i maggiori danni all’Erario avvengono nella piena legalità
Ormai tutti hanno imparato che “le grandi multinazionali del web non pagano un euro in Italia”. Non è esattamente così, diciamo che riescono a pagare pochissimo. E allora lo Stato ingaggi avvocati, fiscalisti, esperti del web, e trovi il modo di far pagare loro un tot a transazione. Ma non concentriamoci troppo sui “giganti del web”: se tutti ne parlano, vuol dire che si vuole coprire un altro problema.
L’altro problema lo potete dedurre da questo brano del 7 ottobre 2014: «Dal punto di vista legale, la sede olandese e il domicilio fiscale a Londra permettono risparmi fiscali ai soci». Il Sole 24 ore descrive con molta libertà i “risparmi fiscali” dei soci della FCA, la vecchia Fiat. Ma è bene guardare anche dall’altra parte: risparmi fiscali ai soci = danni all’Erario italiano.
Enormi danni, senza evasione e senza elusione. I grandi, coi loro grandi avvocati, coi loro grandi fiscalisti, creano grandi danni all’Erario nella piena legalità. Lo Stato allora ingaggi grandi avvocati e grandi fiscalisti per vedere come evitare queste mosse che consentono solo ai grandi di scegliersi il loro “paradiso”.
L’omino del centesimino è un caso estremo?
Il mendicante di Piazza San Pietro è un caso estremo? Sì, ma non troppo.
Prendiamo un bar a conduzione familiare: marito, moglie, 3 figli. Prendiamo un articolo della Costituzione «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».
Quali sono i numeri della “esistenza libera e dignitosa”? Beh, il costo di un figlio in famiglie a basso reddito è attorno ai 7.000 euro l’anno. Facciamo che i genitori costino 9.000 (costano di più, ma stiamo bassi): sono 39.000 euro di costi, senza risparmiare nulla. Quindi un bar che funziona deve rendere, per rispetto alla Costituzione, almeno 39.000 euro netti. Con una pressione fiscale del 50% occorre che il guadagno sia di 78.000 euro. Da un sito pesco le spese standard di un baretto familiare: 50.000 euro tra affitto, utenze, tasse comunali, commercialista e materia prima.
Devono quindi ricavare 128.000 euro l’anno. Facendo 1 giorno di chiusura e un po’ di ferie sono 430 euro al giorno di scontrini. Senza risparmiare nulla, senza imprevisti.
Se tentano un po’ d’evasione fiscale di piccolo cabotaggio, fanno del danno all’Erario? No, commettono un reato, ma non fanno del danno: perché il loro “risparmio fiscale” diventa immediatamente nuova spesa ed evitano di chiudere l’attività al primo imprevisto. Non è come il “risparmio fiscale” dei soci FCA, che diventa quasi certamente inutile finanza.
La tassa occulta
Sono andato a scaricarmi l’ultimo bilancio dello Stato dal sito della Ragioneria. Solito rito di tutti gli anni, solito esito: siamo in utile primario (entrate = 580 miliardi, uscite = 537 miliardi, utile = 43 miliardi), gli interessi passivi ci buttano in negativo (sono 70 miliardi), il debito è aumentato di 77 miliardi.
Gli interessi passivi mangiano quindi il 12% delle entrate. Poiché gli interessi passivi non sono una spesa per il bene comune, ma sono solo il prezzo di una dissennata metodologia di approvvigionamento monetario, possiamo dire che il 12% delle imposte e tasse che ci vengono applicate sono un illegittimo trasferimento dai poveri ai ricchi. Vedete voi se è più immorale non battere uno scontrino o tassare i lavoratori a beneficio dei finanzieri.
I costi
Nessuno ci dice quanto costa allo Stato la “caccia al piccolo evasore”. Nessuno ci dice quanto costa ai cittadini e alle imprese il continuo adeguamento tecnologico per supportare la “caccia al piccolo evasore”. Forniteci questi dati, e poi valuteremo se ne vale la pena.
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Spero sia chiaro che “danno all’Erario” non coincide con “evasione”, men che meno con “piccola evasione”. I media ci stanno prendendo in giro.
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