Favola che fa comprendere il mistero del denaro
Tratto ed adattato da un racconto di Louis Even
1. Salvati dal naufragio
Un’esplosione aveva distrutto la loro nave. Ognuno si aggrappò ai primi pezzi galleggianti che gli capitavano sotto le mani. Cinque uomini riuscirono a riunirsi sullo stesso relitto che le onde sballottavano sul mare. Nessuna notizia degli altri compagni di naufragio.
Da ore, lunghe ore, scrutavano l’orizzonte: qualche nave in viaggio li vedrà? La loro zattera di fortuna approderà su qualche riva ospitale?
Ad un tratto, un grido si sentì dire: “Terra! Terra laggiù! Guardate! Proprio nella direzione in cui le onde ci spingono!”
E man mano che si disegnava il profilo della spiaggia i visi si rallegravano.
Erano in cinque: Francesco, il grande e forte carpentiere, che per prima aveva gridato: “Terra!”
Paolo, coltivatore, è quello raffigurato davanti a sinistra, inginocchiato, una mano a terra e che con l’altra si tiene aggrappato al palo del relitto.
Giacomo, specialista in allevamento di animali. E’ l’uomo con i pantaloni a righe, il quale, inginocchiato guarda verso la direzione indicata.
Enrico, dottore in agraria, un pò grassotto, seduto su una valigia salvata dal naufragio.
Tommaso, ingegnere minerario. E’ l’uomo in piedi, con la mano sulla spalla del carpentiere.
2. Un’isola provvidenziale
Rimettere i piedi su una terra ferma, per i nostri uomini fu un ritorno alla vita.
Una volta asciugati e riscaldati, il loro primo pensiero fu di fare conoscenza con questa isola in cui erano stati spinti lontano dalla civiltà. Battezzarono l’isola con il loro nome: “Isola dei Naufraghi”.
Un rapido giro sull’isola colmò le loro speranze. L’isola non era un deserto arido.
Attualmente sono i soli uomini ad abitarla, ma altri avevano dovuto viverci prima di loro, per il fatto che hanno trovarono qua e là sull’isola greggi semiselvatici.
Giacomo, l’allevatore, affermò di essere in grado di riprenderli, per trarne un buon rendimento.
In quanto al suolo dell’Isola, il coltivatore Paolo lo trovò in buona parte assai propizio all’agricoltura.
Enrico trovò degli alberi da frutta, con la speranza di trarne buon profitto.
Francesco aveva soprattutto notato le belle distese di foreste, ricche di legno di ogni specie: sarà certamente possibile abbattere alberi e costruire dei ripari per la piccola colonia.
In quanto a Tommaso, l’ingegnere minerario, si interessò alla parte la più rocciosa dell’Isola. Aveva notato molti segni indicatori di un sottosuolo molto ricco in minerali. Nonostante la macanza di attrezzature specialistiche, Tommaso era certo di avere abbastanza iniziativa e scaltrezza per trasformare quei minerali in metalli utili alla nuova comunità.
Ognuno potrà dunque mettere a disposizione le proprie competenze per il bene di tutti.
Tutti, unanimemente, lodare la Provvidenza Divina per la soluzione relativamente felice a quella che poteva essere per loro una grande tragedia.
3. Le vere ricchezze
Ecco i nostri uomini al lavoro.
Le case ed i mobili furono costruiti dal falegname.
Nei primi tempi si accontentarono di alimenti di fortuna, ma ben presto i campi coltivati daiedero buoni raccolti.
Di anno in anno il patrimonio dell’Isola si arricchiva. Si arricchiva non d’oro o di denaro, ma di vere ricchezze: cose che nutrono, che servono a vestirsi, che offrono riparo, che rispondono ai veri bisogni.
La vita non era sempre così facile. Mancavano loro molte cose alle quali erano abituati quando vivevano nella civiltà. Ma il loro destino avrebbe potuto essere molto più triste.
D’altronde, essi hanno già conosciuto tempi di crisi economica e di mancanze nella loro terra di origine, l’Italia degli anni 2010.
Ricordavano le privazioni a cui si dovevano sottoporre, anche se i negozi erano pieni di beni di ogni genere, a poca distanza da casa.
Quantomeno sull’Isola dei Naufraghi nessuno li condannava a vedere distrutte, sotto i loro occhi, le merci invendute di cui avrebbero avuto bisogno.
E poi sull’isola le tasse erano qualcosa di sconosciuto. Nessun timore dell’Agenzia delle Entrate.
Se il lavoro è tavolta duro, almeno si ha il diritto di godere dei frutti del lavoro.
Insomma. sfruttavano le risorse dell’isola, benedicendo Dio, sperando un giorno di poter ritrovare parenti ed amici, con i due più grandi beni conservati: la vita e la salute.
4. Il maggiore inconveniente
I nostri uomini si riunivano spesso per discutere dei loro affari.
Nel sistema economico molto semplice che essi praticavano, una cosa tornava continuamente in mente: non usavano alcun tipo di denaro.
Lo scambio, il baratto di prodotti con prodotti, aveva molti inconvenienti.
Non sono sempre i prodotti da scambiare erano disponibili nello stesso momento.
Cosi capitava che il legno consegnato al coltivatore durante l’inverno, poteva essere ricambiato in legumi soltanto sei mesi dopo.
Molte volte viene consegnato in un solo momento qualcosa di grosso da parte di uno dei produttori il quale vorrebbe in cambio molte cose piccole e varie, prodotte da diversi altri uomini, ed le vorrebbe avere in momenti differenti.
Tutto questo complicava gli affari. Se vi fosse stato del denaro in circolazione, ognuno avrebbe potuto vendere i suoi prodotti agli altri in cambio di denaro.
Con la moneta ricevuta avrebbe potuto comprare dagli altri le cose che desiderava, quando le desiderava e quando erano disponibili.
Tutti erano d’accordo nel riconoscere l’utilità comodità di utilizzare una qualche forma di denaro, ma nessuno di loro sapeva come crearlo ed organizzarlo. Sapevano produrre la vera ricchezza, le cose. Ma non sapevano produrre lo strumento di supporto agli scambi: il denaro.
Non sapevano come creare il denaro e come metterlo in circolazione quando, inizialmente, non ce n’è e tutti insieme si decide che è utile averlo…
Senza dubbio molti uomini istruiti sarebbero stati nello stesso imbarazzo.
Anche i loro governanti in Italia lo erano stati negli anni prima del naufragio.
L’Italia era un paese con una lista interminabile di lavori pubblici utili, necessari e urgenti da fare. C’erano milioni di lavoratori disoccupati, giovani neolaureati che emigravano a Londra per avere una opportunità di lavoro.
Ma mancava il denaro, c’era un debito pubblico troppo alto a cui fare fronte ed i vari governi si trovavano impotenti di fronte a quel problema.
5. Arrivo d’un rifugiato
Una sera che i nostri uomini, seduti sulla spiaggia, discutevano per la centesima volta di questo problema, videro improvvisamente avvicinarsi una barchetta guidata da un uomo solo.
Si affrettano ad aiutare il nuovo naufrago. Gli offrirono le prime cure e parlarono con lui.
Appresero che era originario di Francoforte, Germania. Era l’unico sopravvissuto di un altro naufragio. Il suo nome era Mario.
Felici di avere un altro compagno, i cinque uomini lo accolsero calorosamente e gli fecero visitare la colonia.
— “Malgrado il fatto che siamo sperduti lontano dal resto del mondo, gli dissero, non siamo così mal messi. La terra rende molto bene ed anche la foresta. Una sola cosa ci manca: non abbiamo denaro per facilitare lo scambio dei nostri prodotti.”
— “Benedite l’azzardo che mi ha portato qui! rispose Mario. Il denaro non ha misteri per me. Io lavoravo presso la Banca Centrale Europea ed in poco tempo posso organizzare un sistema monetario che soddisferà le vostre necessità.”
Un banchiere!… Un banchiere!… Un angelo venuto direttamente dal cielo non avrebbe inspirato più gratificazione.
“In Italia non eravamo abituati a trattare con tutto riguardo le banche che tenevano al sicuro i nostri risparmi?”
6. Il dio della civiltà
— “Signor Mario, poiché siete banchiere, voi non lavorerete sull’Isola. Vi occupererete solamente del nostro denaro.”
— “Io me ne disobbligherò con la soddisfazione, come ogni banchiere, di facilitare la prosperità comune.”
— “Signor Marion, vi costruiremo una dimora degna di voi. Nel frattempo, vi possiamo accogliere nell’edificio che serve alle nostre riunioni comuni?”
— “Molto bene, amici miei. Ma incominciamo a sbarcare tutto ciò che sono riuscito a salvare dal naufragio: una piccola pressa, della carta e soprattutto un piccolo barile che tratterete con molto cura.”
Si sbarca tutto. Il piccolo barile intriga la curiosità della nostra brava gente.
— “Questo barile, dichiarò Mario, è un tesoro senza pari. È pieno di banconote da 1000 dollari!”
Pieno di soldi! Il dio della civiltà era entrato nell’Isola dei Naufraghi. Il dio denaro, sempre nascosto, ma potente, terribile, di cui la presenza o l’assenza o i minimi capricci possono decidere della vita di 200 nazioni!
— “Dei dollari! Signor Mario, vero grande banchiere! Ricevete i nostri omaggi ed i nostri giuramenti di fedeltà.”
—- “Dei dollari per tutta l’isola, amici miei. Ma non sono i dollari che devono circolare. Bisogna tenere nascoste ed al sicuro le riserve di valore in dollari: le riserve saranno la garanzia di valore di tutto denaro che circola. Il valore deve restare invisibile. Io vi spiegherò tutto ciò quando vi darò il denaro.”
7. Un seppellimento senza testimone
Prima di separarsi per la notte, Mario rivolse loro un’ultima domanda:
“Per incominciare, di quanto denaro avreste bisogno sull’Isola, per facilitare i vostri scambi?”
Si guardarono. Consultarono umilmente lo stesso Martin.
Dietro i consigli del benevolo banchiere si convenne che sarebbe stato bene utilizzare garantire a ciascuno uno stipendio mensile di 1’000 € per incominciare.
L’appuntamento era fissato per la sera seguente.
Gli uomini si ritirarono, scambiarono fra loro riflessioni commosse e andarono a dormire tardi. Si addormentarono bene soltanto verso il mattino, dopo avere a lungo sognato il denaro ad occhi aperti.
Mario, lui, non perse tempo. Dimenticata la sua stanchezza, si diede da fare per il suo avvenire di banchiere dell’isola.
Allo spuntare del giorno scavò una buca, vi pose dentro il piccolo barile e lo ricoprì di terra, mascherandolo con dei ciuffi d’erba accuratamente riposti. E vi trapiantò un piccolo arbusto per nascondere ogni traccia.
Poi egli mise in moto la sua piccola pressa, per stampare durante tutto il giorno 1000 biglietti da 5 euro.
Vedendo i biglietti uscire della pressa, tutti nuovi, sognò dentro di sè:
— “Come è facile fare questi biglietti! Essi traggono il loro valore dai prodotti che serviranno a comprare. Senza prodotti da acquistare, i biglietti non valerebbero nulla. I miei cinque ingenui clienti non se ne rendono conto. Essi credono che è siano le riserve di dollari che ne garantiscono il valore. Ed io approfitterò della loro ignoranza!”
Arrivata la sera, i cinque arrivano di corsa da Mario.
8. A chi il denaro fatto di fresco?
Cinque mucchietti di biglietti erano là, sulla tavola.
— “Prima di distribuirvi questo denaro, disse il banchiere, bisogna intendersi.”
“Il denaro è basato sulle riserve in dollari. Le riserve, nascoste nel barile, sono mie. Dunque gli euro sono miei…
Non siate tristi! Io vi presterò questo denaro e voi lo userete a vostro piacere.
Nel mentre io vi chiedo in cambio solo un piccolo tasso di interesse.
Dato che il denaro è raro sull’Isola, anzi dato che non ce n’è affatto, mi pare di essere ragionevole, chiedendovi in cambio solo un piccolo interesse del 2% sulla cifra che vi presto.”
— “In effetti, signor Mario, siete molto generoso.”
— “Un’ultimo punto, amici miei. Gli affari sono gli affari, anche tra grandi amici.
Prima di ricevere il proprio denaro, ognuno di voi dovrà firmare questo documento in cui si sottoscrive l’impegno di ciascuno di voi a rimborsare a fine anno il capitale ed interessi, sotto pena di confisca, da parte mia, delle loro proprietà date come garanzia.
Una semplice garanzia. Io non ho interesse a possedere le vostre proprietà, io mi accontento degli interessi sul denaro che vi presto, solo il 3%. Sono sicuro che conserverete i vostri beni e che mi restituirete il denaro.”
— “È un ragionamento pieno di buon senso, signor Mario. Ci impegneremo un po’ di più a lavorare per aumentare la nostra prosuzione, in modo da potervi restituire il prestito con gli interessi.”
— “Va bene, allora siamo d’accordo. E tornata a trovarmi ogni volta che avete dei problemi. Il vostro banchiere è il migliore amico di tutti… Adesso, ecco ad ognuno i suoi 1000 euro.”
Ed i nostri cinque uomini se ne andarono contenti, la testa e le mani piene di euro, per facilitare l’acquisto e la vendita dei loro prodotti.
9. Un problema d’aritmetica
Il denaro di Mario circolava nell’isola. Gli scambi si moltiplicarono e la produttività aumentò, grazie alla facilitazione degli scambi. Tutti si rallegrarono e salutarono Mario con rispetto e gratitudine.
Allo stesso tempo Tommaso, l’ingegnere, era inquieto.
Glii altri compagni dell’isola avevano fatto buoni affari, mentre la richiesta dei suoi prodotti minerari non era aumentata. I suoi minerali erano ancora sotto la terra. Non aveva in tasca che qualche euro. Come avrebbe potuto rimborsare il banchiere alla scadenza del prestito?
Dopo aver ragionato a lungo sul suo problema a livello individuale, Tommaso, che da buon ingegnere conosceva la matematica, guardò alla situazione dal punto di vista collettivo:
“Considerando la popolazione dell’Isola tutta intera, pensò, siamo in grado di mantenere i nostri impegni finanziari verso il banchiere? Mario ha stampato un totale di 5’000 euro. E ci domanda di ripagargli il capitale più il 2% di interessi, ovvero un totale di 5’100 euro. Ma se raccogliessimo anche tutto il denaro presente nell’isola, potremmo al massimo raccogliere 5’000 euro e non 5’100 euro.
Ciascuno di noi ha aumentato la produzione in animali da allevamento, in prodotti della terra, in legname da costruzione, ma nessuno, nemmeno il banchiere, ha prodotto i 100 euro mancanti.
Dato che abbiamo dato in garanzia del prestito le nostre proprietà, a poco a poco Mario potrà arrivare ad impadronirsi di tutta l’Isola, poiché noi tutti insieme non siamo in grado di restituire il capitale e gli interessi richiesti.
“Quelli che saranno in grado di farlo, rimborseranno per loro stessi, senza preoccuparsi degli altri.
Altri, invece, cadranno per primi nella trappola.
Ma prima o poi tutti si ritroveranno nella stessa situazione, in quanto gli interessi aumentano esponenzialmente.
Alla fine di questo primo anno dovremo resituire 5’100 euro.
Alla fine del prossimo anno ci sarà richiesto di restituire 5’202 euro. Alla fine del terzo anno saranno diventati 5’306 euro.
Entro 10 anni l’importo da restituire, capitale più interessi, sarà pari a 6’094 euro, ovvero ciascuno disporrà di 1’094 euro in meno di quanto richiesto da Mario.”
Dopo avere fatto questi semplici calcoli matematici, l’ingegnere concluse che era meglio mettersi d’accordo con gli altri compagni per regolare insieme e immediatamente la questione con il banchiere.
Tommaso non ebbe difficoltà a convincere gli altri che Mario li aveva in realtà imbrogliati.
Si diedero quindi tutti appuntamento presso il banchiere.
10. Benevolenza del banchiere
Mario, da banchiere esperto, indovinò subito il loro stato d’animo, e fece buon viso a cattivo gioco.
L’impetuoso Francesco pose la questione:
— “Come possiamo noi portarti 1’020 euro a testa in 5 persone, quando su tutta l’isola non ci sono che 1’000 euro a testa?”
— “È la regola dell’interesse, miei buoni amici. Non è vero che la vostra produzione aumentata grazie al mio denaro?”
— “Si, ma, il denaro, lui, non è aumentato. Ora, tu ci chiedi di darti del denaro e non una parte dei nostri prodotti di cui la produzione è aumentata. Tu produci solo denaro. Dato che hai prodotto solo 1’000 euro a testa e ci chiedi di restituire 1’020 euro a testa, questo è impossibile!”
— “Aspettate, amici miei. I banchieri sanno sempre adattarsi alle situationi, per il bene di tutti…
Facciamo così.
Non vi chiedo più di resituirmi il capitale, ma solo gli interessi a fine anno.
Si tratta solo di 20 € l’anno. Voi continuerete a tenere il capitale.”
— “Intendi dire che cancelli il nostro debito?”
— “No, mi dispiace, un banchiere non cancella mai un debito. Voi mi dovete ancora tutto il denaro prestato.
Avete sempre un debito complessivo, tutti insieme, di 5’000 euro più interessi, ma se voi vi impegnate a pagarmi ogni anno il solo interesse del 2%, io vi renderò sempre il vostro capitale iniziale di 5’000 euro.
Siccome potrebbe accadere che qualcuno, occasionalmente, si ritrovi a fine anno a non essere in grado di restituire la propria quota di interessi, in quanto il denaro circola fra di voi, perché non vi organizzate come una vera e propria nazione e non istituite un sistema di raccolta fiscale equo? Tasserete di più quelli che avranno guadagnato più denaro, e di meno gli altri.
In questo modo ciascuno potrà pagare in proporzione alla propria capacità contributiva, io sarò compensato del mio lavoro con un modesto tasso di interesse del 2% e la vostra nazione dell’Isola dei Naufraghi potrà continuare a produrre in modo efficiente, per il benessere di tutti.”
Gli uomini tornarono a casa, in parte rassicurati e in parte ancora pensierosi.
11. L’estasi di Martin Golden
Mario si ritrovò solo. Dopo qualche minuto di raccoglimento concluse:
“Si tratta di un buon affare. Buoni lavoratori, questi uomini, ma ignoranti. La loro ignoranza e fiducia nei miei confronti sono la mia forza. Essi volevano del denaro, ed io ho dato loro delle catene. Mi hanno ricoperto di fiori, mentre io gli ingannavo.”
Si mise a pregare il dio di tutti i banchieri.
“Oh! grande banchiere Mayer Amschel, sento il tuo genio impadronirsi del mio essere.
Lo avevi ben detto, illustre maestro: «Datemi il controllo della moneta di una nazione e non mi importa di chi farà le sue leggi.»
Sono io il padrone dell’Isola dei Naufraghi, perché ho il controllo del loro sistema monetario.
“Potrei controllare l’intero universo. Ciò che faccio qui, io, Mario, lo potrei fare nel mondo intero.
Se uscirò un giorno da questa Isola, saprò come governare il mondo senza tenere alcun scettro.”
“Il meccanismo della creazione a debito del denaro è il mio scettro di potere”
E tutta la struttura del sistema bancario sorge nello spirito lietissimo di Mario.
12. La crisi economica
Nel frattempo la situazione nell’Isola dei Naufraghi era peggiorata.
La quota interessi del primo anno, pari a soli 100 €, era salita a 202 € (pari al 2% di 5’100 €) l’anno successivo.
Era quindi aumentata a 306 € (pari al 2% di 5’202 €), poi 412 € (pari al 2% di 5’306 €) e così via, diventando una cifra sempre più importante.
Anche se la produttività era in aumento, perché i produttori ce la mettevano tutta per guadagnare di più, gli scambi diminuivano.
Mario ricordava sempre a tutti la necessità di pagare gli interessi sul debito della piccola nazione.
Ciascuno doveva lavorare duro, aumentare la produttività, investire in formazione e ricerca, pagare le tasse per garantire il pagamento annuo degli interessi.
Quelli che pagavano più tasse degli altri se la prendevano con i più poveri.
Altri aumentavano i prezzi di vendita per riuscire a far fronte al pagamento delle tasse necessarie per il pagamento annuo degli interessi sul debito. L’aumento dei prezzi generò per la prima volta sull’isola il fenomeno dell’inflazione, che riduceva il potere di acquisto dei clienti e riduceva le vendite dei produttori, impedendo loro di guadagnare di più, pur avendo aumentato i prezzi.
I più poveri si ritrovavano obbligati a scegliere se pagare le tasse o se rinunciare al necessario per vivere.
Un po’ rinunciarono a nutrirsi ed a vestirsi, ma un po’ erano obbligati a non pagare tutte le tasse, solo per sopravvivere. Anche i più ricchi piuttosto che aumentare ulteriormente i prezzi, con il rischio di ridurre le vendite, cercarono il modo di non pagare tutte le tasse.
Iniziò quindi da parte di alcuni l’evasione fiscale.
A quel punto il consiglio dei 5 uomini si riunì, accusando apertamente gli evasori per la mancanza, a fine anno, di fondi necessari per il pagamento degli interessi al banchiere, per cui ogni anno si rendeva necessario aumentare ulteriormente le aliquote fiscali.
Proposero delle sanzioni a carico delle evasori.
Tuttavia l’applicazione delle sanzioni portò ad una ulteriore riduzione delle vendite e, quindi, delle entrate fiscali per pagare gli interessi sul debito.
Il morale diminuiva, cessava la gioia di vivere insieme sull’isola. Non si aveva più cuore il proprio lavoro.
Non c’era più soddisfazione a lavorare. I prodotti si vendevano male e quando si vendevano, bisogna pagare troppe tasse per fare fronte alle richieste di Mario.
Ma senza Mario avrebbero dovuto rinunciare al denaro in circolazione, il che avrebbe bloccato gli scambi di beni fra la popolazione dell’isola.
I 5 uomini si trovarono di fronte alla stessa vissuta anni prima in Italia, negli anni 2010, di crisi economica e di privazioni.
E ciascuno accusava il proprio vicino di non avere abbastanza voglia di lavorare e di produrre, di essere un evasore fiscale.
E tutti accusavano il consiglio di governo dell’isola di essere incapace di risolvere i problemi economici dell’isola, di non creare le condizioni per aumentare la produzione e le vendite, quindi gli incassi, per fare fronte al pagamento degli interessi sul debito.
Un giorno, Enrico, riflettendo nel mezzo del suo frutteto, concluse che il “progresso” apportato dal sistema monetario del banchiere aveva in realtà rovinato tutto nell’Isola.
Certamente i cinque uomini avevano già prima i loro diffeti, ma il sistema organizzato da Mario aveva esasperato la situazione e portato ciascuno ad esprimere il peggio di sè nei confronti degli altri.
Enrico decise di convincere di questo i propri compagni.
Cominciò da Giacomo. “Eh! dice Giacomo, non sono affatto sapiente, io; ma è da molto tempo che io lo sento: il sistema di quel banchiere è più putrido del letame della mia stalla la scorsa primavera!”
Tutti a poco a poco si convinsero dell’esistenza del problema.
A quel punto decisero di fare un nuovo incontro con Mario, per risolvere il problema.
13. Presso il fabbro di catene
Da Mario, il banchiere, ci fu una vera e propria tempesta:
— “Il denaro è raro sull’isola, signor Mario, perché tu ce lo togli ogni anno. Ti paghiamo, ti paghiamo ancora e ti dobbiamo sempre più denaro di prima. Lavoriamo, rendiamo la terra più bella e produttiva, ma siamo sempre più mal presi.
Debito! Debito! Un debito che non riusciamo mai a ridurre!”
— “Cari amici miei, ragioniamo un pò. Se le vostre terre sono piò belle, è grazie a me. Un buon sistema bancario è il miglior attivo per un paese. Ma per approfittarne bisogna, prima di tutto, conservare la fiducia nei confronti del banchiere.
Venite da me come ad un padre…
Avete bisogno di più denaro? Molto bene. Il mio barile contiene molto più di 5’000 euro, naturalmente in dollari…
Facciamo così, qualcosa di simile a quello che a Francoforte chiamavamo QE, Quantitative Easing.
Ipotecate le vostre proprietà ed io vi presterò immediatamente altri 1’000 euro.”
— “Due volte più di debiti? Due volte più di interesse da pagare ogni anno, senza mai finire?”
— “Si, ma, non preoccupatevi. Io ve ne presterò ancora altrettanto, in modo che voi possiate aumentare la vostra ricchezza fondiaria.
Voi non avrete che il solito piccolo interesse del 2% da restituirmi.
Raccogliete in un’unica contabilità i vari prestiti che vi avrò fatto, li chiamerete “debito pubblico”. Debito che potrà aumentare di anno in anno. Ma con esso aumenterà anche il vostro reddito. Grazie ai miei prestiti, voi svilupperete il vostro paese.”
— “Allora, più il nostro lavoro farà produrre l’isola, più il nostro debito totale aumenterà?”
— “Certo, ma non preoccupatevi, come in tutti i paesi civilizzati, il debito pubblico è un barometro della prosperità.”
14. Il lupo mangia gli agneli
— “Questo è quello che voi chiamate “denaro sano”, signor Mario? Un debito nazionale divenuto necessario ed impagabile, ciò non è sano, ciò è malsano.”
— “Signori, ogni denaro sano, di vero valore, che goda della fiducia di tutti, deve essere basato su delle riserve e deve essere pertanto contabilizzato alla sua emissione sotto forma debito, se no il banchiere si potrebbe arricchire semplicemente stampando banconote, e voi capite bene che non è possibile creare valore reale stampando dei pezzi di carta.
Il debito pubblico è una cosa buona: esso mette i governi sotto la saggezza incarnata nei banchieri. In qualità di banchiere, io sono la fiaccola di civiltà nella vostra isola.”
— “Signor Mario, noi non siamo che degli ignoranti, ma noi non vogliamo affatto quella civiltà. Abbiamo deciso che non prenderemo più denaro a prestito da te. Che si tratti di denaro sano o non sano, con riserve o senza riserve in dollari, non vogliamo più fare affari con voi.”
— “Mi dispiace questa decisione inconsulta, signori. In ogni caso non ci sono problemi. Se decidete di rompere il contratto di prestito con me, che voi avete firmato, avete solo da rimborsarmi quanto vi ho dato, capitale più interessi. E la chiusiamo qui, amici come prima.”
— “Ma, questo è impossibile, Mario. Anche restituendoti tutto il denaro dell’isola, non saremmo liberi.”
— “Io non posso farci niente. Avete firmato, si o no? Se siete persone di parola, i patti vanno rispettati.
In virtù della lealtà contrattuale io o il diritto di impossessarmi di tutte le vostre proprietà ipotecate, come convenuto quando eravate soddisfatti dei miei servizi.
Se non volete osservare pacificamente il contratto, lo farete con la forza. Continuerete a lavorare nell’isola, ma lo farete per me ed alle mie condizioni. Andate pure. Ci risentiamo domani per darvi le mie disposizioni.”
15. Il controllo del giornali
Mario sapeva bene che chi controlla il sistema monetario di una nazione, controlla la nazione stessa.
Ma sapeva anche che, per mantenere questo controllo, è necessario mantenere il popolo nell’ignoranza e distrarlo con altre occupazioni.
Mario aveva notato che, tra i cinque uomini, due erano di destra e tre di sinistra. Lo aveva notato durante le loro conversazioni, la sera, quando litigavano su come stabilire le aliquote fiscali.
Ogni tanto Enrico proponeva di creare una Unione dei Elettori, per meglio risolvere, tutti insieme, una situazione penosa per tutti…
Ma questa Unione era potenzialmente molto pericolosa per il potere del banchiere.
Per questo Mario si adoperò per inasprire il più possibile le discordie fra i 5 uomini.
Si servì della sua piccola pressa per pubblicare due giornaletti settimanali: “Il Sole” per quelli di destra; “La Stella” per quelli di sinistra.
“Il Sole”, diceva sostanzialmente: “Se voi non siete più padroni nel vostro paese, è a causa di quei socialisti di sinistra, che vogliono imporre troppe tasse su coloro che lavorano e impedendo loro di produrre ricchezza.”
“La Stella” diceva sostanzialmente: “Il debito pubblico è causato da quelli di destra, che evadono le tasse”.
I due partiti politici spendevano energie per litigare sempre di più, oltre che a lavorare a più non posso, senza avere il tempo di rendersi conto che i loro problemi derivavano dal controllore del denaro, e dei giornaletti, il banchiere Mario.
16. Un relitto prezioso
Un giorno, Tommaso, l’ingegnere, scoprì, incagliata nel fondale della baia alla fine dell’Isola, velata da alte erbe, una scialuppa di salvataggio, senza remi, con all’interno una cassa ben conservata.
Aprì la cassa: oltre a panno e qualche piccolo oggetto, la sua attenzione cadde su di un libro ancora ben conservato intitolato: “Primo Anno verso il Domani”
Curioso, il nostro uomo si mise a leggere il libro.
Si illiminò: “Ecco ciò che avremmo dovuto sapere da molto tempo.”
“Il denaro non trae affatto il suo valore dalle riserve di valore, ma dai prodotti che consente di acquistare.”
“Il denaro può essere una semplice contabilità di crediti che passano da un conto all’altro, secondo quanto viene comperato e venduto. Il totale del denaro circolante è in rapporto con il totale della produzione.”
“Ad ogni aumento della produzione, deve corrispondere un aumento equivalente del denaro…
Non è necessario pagare interessi sul nuovo denaro che viene creato…
Il progessso è rappresentato non dal debito pubblico, bensì dalla disponibilità di beni e servizi e dalla possibilità per ciascuno, disponendo ciascuno di una somma di denaro per acquistarli, corrispondente al suo “dividendo” sulla produzione di beni e servizi complessiva, che è la ricchezza della nazione.
Tommaso non si tenne più. Si alzò e si mise a correre con il suo libro, facendo partecipi della sua splendida scoperta i suoi quattro compagni.
17. Il denaro, semplice contabilità
E Tommaso diventò insegnante dei propri compagni:
“Ecco, disse, quello che avremmo potuto fare, senza il banchiere, senza riserve in dollari, senza firmare alcun contratto di debito e senza creare un sistema di raccolta fiscale per pagare gli interessi sul debito pubblico.
“Supponiamo che io apra un conto a nome di ciascuno di voi. A destra, i crediti, che fanno aumentare il vostro conto; a sinistra, i debiti, che lo fanno diminuire.”
“Avevamo bisogno ciascuno di 1’000 euro per cominciare. Di comune accordo, decidevamo di scrivere per ciascuno un credito di 1000 euro. Ciascuno avrebbe avuto immediatamente 1’000 euro, senza debiti verso nessuno.”
“Francesco compra da Paolo dei prodotti per 100 €. Io tolgo a Francesco 100, gli restano 900 €. Aggiungo 100 a Paolo, che adesso ha 1’100 €.”
“Giacomo compra da Paolo per 80 €. Tolgo 80 a Giacomo, gli restano 920 €, mentre Paolo sale a 1’180 €.”
“Paolo compra legna da Francesco 150 €. Io tolgo 150 a Paolo, che resta con 1’030 €; aggiungo 150 a Francesco che risale a 1’050.”
“E cosi via; da un conto all’altro, tutto come gli euro di carta andavano da una tasca all’altra.”
“Se qualcuno di noi ha bisogno di denaro per aumentare la sua produzione, si apre il credito necessario per lui, senza interessi. Egli rimborsa il credito una volta venduta la produzione. La stessa cosa per i lavori pubblici.”
“Si aumentano anche, periodicamente, i conti di ciascuno di una somma addizionale, senza togliere niente a nessuno, in corrispondenza al progresso sociale. Questo è il dividendo nazionale. Il denaro è cosi uno strumento di servizio.”
18. Disperazione del banchiere
Tutti aveva compreso l’inganno.
La piccola nazione era diventata “creditista”.
L’indomani il banchiere Mario riceve una lettera firmata dai cinque:
“Signor Mario, ci hai indebitati e sfruttati senza alcuna necessità. Noi non abbiamo più bisogno di te per reggere il nostro sistema monetario. Avremo tutto il denaro che ci serve, senza riserve in dollari, senza debito, senza banchieri.
Da questo momento stabiliamo immediatamente nell’Isola dei Naufraghi un sistema di moneta-credito. Il “dividendo pubblico” sostituirà il “debito pubblico”.
“Se ci tieni ad essere rimborsato, possiamo restituire tutto il denaro che hai stampato per noi, non di più. Non hai il diritto di reclamare più di quello che ci hai dato.”
Mario cadde in disperazione. Il suo impero era crollato.
I cinque uomini diventati “creditisti” avevano scoperto il mistero del denaro a debito e si erano liberati dal suo giogo.
“Cosa fare? -pensò-. Chiedere loro perdono, diventare come loro? Io, banchiere, mettermi a lavorare per produrre?…
No. Cercherò piutosto di non aver bisogno di loro e di vivere in disparte.”
19. La scoperta della truffa totale
Per proteggersi contro ogni reclamazione futura possibile, i 5 uomini decisero di far firmare al banchiere un documento che attestava tutto ciò che egli possedeva quando era arrivato sull’isola.
Fra gli oggetti dell’inventario vi erano la barca, la piccola pressa e… il famoso barile con dentro i dollari.
Fu necessario che Mario indicasse il luogo in cui lo aveva nascosto, dissotterrando il barile.
Gli uomini lo tirarono fuori dalla terra con molta meno trepidazione di una volta rispetto al prezioso contenuto in valuta. Avevano capito quale era il vero valore.
L’ingegnere, alzando il barile, sentì che era troppo leggero per poter contenere molte banconote di carta: “Io ho molti dubbi che questo barile sia pieno di denaro.” L’irruente Francesco non esitò un momento di più. Con un colpo d’accetta ruppe il barile, che mostrò a tutti il suo contenuto. Non oro, ma solo alcuni sassi…
Gli uomini non riuscivano a crederci:
— “Fino a questo punto ci ha ingannati il miserabile?! Quanto siamo stati creduloni a cadere quasi in estasi di fronte alla sola parola “riserva di valore in dollari?!”
— “E dire che noi avevamo ipotecato tutte le nostre proprietà sull’isola solo per dei pezzi di carta basati su riserve di valore fatte da quattro sassi! Ladro e bugiardo!”
— “E dire che noi abbiamo litigato, ci siamo odiati gli uni e gli altri per anni, abbiamo rinunciato a mangiare, a vestirci, ci siamo vergognati di essere indebitati… Il tutto solo per una truffa del genere! Qualcosa di diabolico!”
Appena Francesco ebbe alzato l’accetta, il banchiere fuggì di corsa, a tutta velocità verso la foresta.
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