di Davide Gionco
Walter Lippmann (1889-1974) è stato un giornalista americano, l’ideatore del termine “guerra fredda”, probabilmente uno dei più grandi politologi del XX secolo.
Nel 1917, ancora giovane, ricoprì la carica di sottosegretario aggiunto degli USA, i quali in quegli anni erano coinvolti nel primo conflitto mondiale. In quella esperienza dall’interno del governo americano apprese molte delle tecniche di condizionamento dell’opinione pubblica, che poi riportò nel suo libro Public Opinion (1922).
Attraverso delle precise tecniche di comunicazione, unite ad azioni governative coordinate, vengono creati degli stereotipi, che forniscono alla popolazione delle chiavi di lettura della realtà false o più spesso eccessivamente e volutamente semplificate. La realtà politica della società e del mondo come realmente è viene in questo modo percepita in modo distorto a causa di concetti e pregiudizi, di una interpretazione errata e sistematica della realtà causata non da notizie false (anche se pure quelle non ce le fanno mancare…), ma da notizie vere che vengono percepite e comprese in modo alterato secondo le intenzioni del governo.
Notizie che sembrano oggettive, corredate di immagini, documentate, commentate da esperti, ottengono il risultato di convincere l’opinione pubblica non sulla base dei “fatti politici” reali, ma sulla base dei “fatti politici” che il sistema di potere ha la necessità di far credere per giustificare scelte politiche altrimenti ingiustificabili. Lippmann definiva questa falsata raffigurazione della realtà uno “pseudo-ambiente”.
Secondo Lippmann le tecniche fondamentale utilizzate dai governi per manipolare l’opinione pubblica sono essenzialmente 4.
1. COERCIZIONE
La coercizione si ha quando si presenta la soluzione politica proposta come l’unica alternativa possibile.
Esempio: Carlo Cottarelli presenta l’elenco della “spending review” per la riduzione del debito pubblico.
Non si approfondisce nemmeno la questione, che cosa sia il debito pubblico, come funzioni la macroeconomia. Non si espongono eventuali soluzioni alternative. L’unica soluzione presentata, quindi possibile, è “tagliare la spesa” ovviamente nel modo proposto dall’esperto di turno.
2. INFLUENZA
L’influenza è un processo di graduale cambiamento dell’opinione di persone esposte per lungo tempo alle comunicazioni di persone “autorevoli” o ad ambienti condizionanti.
Esempio: La notizia che il debito pubblico sia una “cosa cattiva” viene ripetuta per 30 anni nei telegiornali e sui principali quotidiani. Alla fine la notizia diventa “vera”, senza che mai nessuno abbia dimostrato in modo oggettivo e credibile che quella notizia sia fondata.
3. PERSUASIONE
Se vogliamo la persuasione è la tecnica “umana” che ciascuno di noi utilizza per convincere un familiare o un amico a cambiare opinione su qualcosa, in genere a fin di bene, facendo forza sulla ragionevolezza.
La persuasione dei governi, tuttavia, non si fa scrupolo di utilizzare anche tecniche proprie della pubblicità, come le emozioni, i sentimenti. Ma anche utilizzando tecniche note fin dai tempi di Aristotele, come i falsi sillogismi.
Un esempio classico è tutta la retorica americana di giustificare gli interventi armati come in “difesa della patria”. La “patria” è innanzitutto un sentimento di attaccamento alla propria nazione, alla propria bandiera, la quale viene mostrata ed esaltata in ogni occasione. In questo modo i soldati e l’opinione pubblica si convinceranno che quella guerra deve essere sostenuta “in nome del popolo americano”, senza rendersi conto che in realtà essa viene combattuta per gli interessi, ad esempio, della grandi società petrolifere.
4. MANIPOLAZIONE
La manipolazione consiste nell’alterare i fattori psicologici che creano un contesto sociale.
Un caso classico sono gli attentati dell’11 settembre 2001, dopo dei quali gli USA ebbero gioco facile a convincere l’opinione pubblica americana di fare guerra ai “mandanti” che si sarebbero trovati in Afghanistan.
Non vogliamo affrontare in questa sede tutte le questioni non risolte relative a quegli attentati, ma è un fatto che il clima di terrore che si diffuse negli USA dopo le immagini scioccanti, il crollo delle torri gemelle e la morte di 3000 persone favorì l’istituzione del mediocre presidente americano George W. Bush come “comandante in capo in difesa dell’America” e l’azione di guerra in Afghanistan, che con ogni evidenza era già stata pianificata prima e per tutt’altre ragioni politiche.
Walter Lippmann concludeva nel suo libro che i mezzi di comunicazione di massa, oggi peraltro molto più potenti e sofisticati rispetto al 1922, siano certamente un fondamentale strumento per la partecipazione democratica, ma anche un potenziale rischio per la Democrazia.
Naturalmente queste tecniche di manipolazione dell’opinione pubblica devono sempre, in qualche modo, misurarsi con la realtà e con la capacità critica delle persone.
Personalmente mi sono fatto una opinione che attualmente il consenso politico in Italia intorno a certi partiti sia determinato non tanto, come una volta, da diverse visioni ideologiche dal mondo, quanto piuttosto dal livello di fiducia riposto nei mezzi di informazione di massa. Un diverso livello di accettazione dei messaggi di manipolazione, che sono costantemente in corso anche in Italia, porta ad una diversa rappresentazione della realtà.
Per questo motivo le persone che sono state meno colpite dalla crisi economica tendono a credere maggiormente alla narrativa del “pensiero unico” sulla crisi economica che si manifesta su giornali e TV. Le persone che sono state maggiormente colpite dalla crisi economica si sono disilluse e spesso nutrono un alto grado di sfiducia nei confronti dei mezzi di informazione “mainstream”. Questo non significa, ovviamente, che non siano condizionabile, mediante tecniche simili, anche attraverso dei mezzi di comunicazione alternativi.
Concluderei con un invito a coltivare il proprio spirito critico, per imparare a leggere la realtà al di là dei nostri pre-giudizi.
E’ il migliore “esercizio di Democrazia” che possiamo fare per noi stessi e per chi ci sta intorno.
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