di Davide Gionco
Le moderne democrazie si fondano (in teoria) sul principio della separazione dei poteri:
1) Potere legislativo, del Parlamento, rappresentante dal popolo
2) Potere esecutivo, del governo
3) Potere giudiziario, della magistratura
In Italia, in realtà, i primi due poteri sono sempre stati molto strettamente legati fra loro, a differenza di quanto avviene in altri paesi, nei quali la formazione del Governo avviene separatamente dalla formazione del Parlamento.
Durante la campagna elettorale delle ultime elezioni europee abbiamo assistito all’inevitabile scontro fra Luigi Di Maio, portabandiera del Movimento 5 Stelle, e Matteo Salvini, portabandiera della Lega.
Ma si tratta di uno spettacolo a cui avevamo già assistito.
Ricordiamo, ad esempio, gli scontri fra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi.
O gli scontri fra Fausto Bertinotti e Romano Prodi
Certamente assisteremo ad altre “commedie” del genere alle prossime elezioni.
A mio modo di vedere questo problema deriva da un “difetto” della nostra Costituzione, la quale prevede che un governo “in blocco” riceva la fiducia dalla maggioranza assoluta (50% + 1) delle 2 camere del Parlamento, che è la stessa alleanza di partiti che si impegna ad attuare il “programma di governo” ed a votare in Parlamento tutte le leggi che verranno “prodotte” da questa maggioranza politica.
Il problema sta nel fatto che i partiti che compongono la maggioranza parlamentare e il governo sono inevitabilmente in competizione elettorale fra loro ogni volta che se ne presenti l’occasione: elezioni comunali, regionali, nazionali, europee. Sono in competizione per conquistare il consenso degli elettori, per cui inevitabilmente devono manifestare agli elettori di essere “migliori” degli altri partiti, dipingendo gli avversari politici come “peggiori”.
La competizione per il consenso elettorale prevale sulla necessità di fare buone leggi in Parlamento e di governare bene il paese.
Non solo. Il governo è sotto continuo ricatto di perdere la maggioranza parlamentare che gli ha dato la fiducia, ma anche il Parlamento è sotto continuo ricatto di essere sciolto se si rompe la maggioranza politica e cade il governo.
Il ruolo del Parlamento, dei singoli parlamentari e delle opposizioni viene mortificato.
Di fatto si perde in gran parte la distinzione fra potere legislativo e potere esecutivo, dato che poche leggi possono essere approvate se il governo non è d’accordo. Anzi, troppo spesso le leggi votate non sono altro che conversioni di decreti legge di provenienza governativa.
Nel Centro Studi della nostra associazione Confederazione Sovranità Popolare www.sovranitapopolare.it abbiamo discusso del problema. Ispirandoci al sistema svizzero è nata la proposta di riformare il modo di formazione del governo, facendo in modo da creare una netta separazione dei poteri e da rimettere al centro dell’attività legislativa la rappresentanza popolare del Parlamento.
Immaginiamo di scindere la formazione del governo dalla formazione della maggioranza politica.
Il governo è composto da 15 ministri. Ogni anno vengono nominati dal Parlamento 3 soli ministri, che restano in carica 5 anni, indipendentemente dalla durata del Parlamento. L’anno successivo vengono nominati altri 3 nuovi ministri, e così via. Ogni anno vi sarebbe quindi l’uscita di 3 ministri in scadenza e l’ingresso di 3 nuovi ministri.
Ciascun ministro dovrà ottenere una fiducia individuale di almeno il 75% dei parlamentari. In questo modo verranno scelti ministri capaci di meritare anche la fiducia delle opposizioni, se non per le proprie posizioni politiche, almeno per le proprie competenze e la propria onestà.
Il presidente del consiglio verrebbe votato all’interno del governo, fra i 15 ministri, e cambiato ogni anno. Il Governo sarebbe qualche cosa di simile alla Presidenza della Repubblica, rappresentante di tutta la nazione e non solo di una alleanza di partiti.
Il risultato sarebbe certamente un “governo debole”, non espressione di una maggioranza politica fissa. Il Parlamento, rappresentante del popolo, diventerebbe più forte e sarebbe libero di votare le proprie leggi, trovando una maggioranza diversa a seconda delle leggi votate, senza sentirsi legato al Governo.
Il Governo dovrebbe semplicemente eseguire (potere esecutivo) le leggi approvate dal Parlamento.
Infine sarebbe bene adottare, come fanno in Svizzera, la buona consuetudine di evitare esternazioni polemiche, di ogni tipo, da parte degli esponenti del governo, dato che il compito di chi governa è governare il paese, non promuovere le proprie opinioni.
Cosa che, saggiamente, avviene in genere nei consigli di amministrazione delle grandi imprese, in cui, per il bene dell’impresa, nessuno fa esternazioni contro altri membri del consiglio di amministrazione.
Eventuali disaccordi in seno al governo, certamente possibili, devono essere discussi all’interno del governo, fino ad arrivare ad esprimere una posizione comune, nell’interesse del paese, senza utilizzare il governo come palco per la propria campagna elettorale.
Ce ne guadagnerebbe la Democrazia e il paese intero.
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