Condividiamo con voi questo articolo sulla visione strategica di Enrico Mattei di rendere l’Italia un paese economicamente indipendente.
La strategia passava per una nazionalizzazione del settore energetico, in modo da potere pianificare la crescita del paese intorno alle infrastrutture energetiche.
Questo articolo del 2015 di Francesco Cancellato è stato tratto dalla testata giornalistica online
https://www.linkiesta.it/it/article/2015/09/27/lutopia-di-mattei-lindipendenza-energetica-di-un-paese-senza-energia/27586/
Buona lettura
L’utopia di Mattei: l’indipendenza energetica di un Paese senza energia
Opere, sogni ed espedienti del geniale manager pubblico italiano e delle sue sfide impossibili: i gasdotti, gli accordi petroliferi e il nucleare
Ci sono tanti modi per definire l’indipendenza. Per Enrico Mattei, tuttavia, potrebbe essere definita come la capacità di emanciparsi dalla realtà delle cose, di rendere possibile, con lungimiranza e spregiudicatezza, l’impossibile. Difficile è già solo immaginare, ad esempio, che un ragazzino marchigiano di famiglia modesta, con un diploma alla scuola tecnica inferiore, possa diventare a soli vent’anni direttore di una conceria. O addirittura, a ventitré, fondare la sua prima fabbrica. Figurarsi pensare che quel ragazzino possa diventare l’icona di una sfida impossibile: quella di far sì che un paese privo di risorse come l’Italia raggiunga l‘indipendenza energetica.
La classe dirigente del dopoguerra si forma sulle montagne, dove i partigiani combattono il nazifascismo. Tra i partigiani «bianchi» c’è pure lui, il cattolico Mattei. Non è uno particolarmente bravo a sparare, raccontano le cronache, ma un eccellente organizzatore, questo sì. Così, nel 1945, la nascente Repubblica Italiana – o meglio, la Democrazia Cristiana – lo incarica di liquidare l’Agip e privatizzare gli asset energetici. Non ce lo chiedeva l’Europa, allora, ma gli Usa. Che avevano inondato l’Italia di denaro attraverso il piano Marshall e che in cambio volevano prendersi commesse e concessioni per le loro grandi imprese. Brutta cosa la dipendenza. Mattei disubbidisce.
Fossimo stati lì allora, probabilmente avremmo scritto editoriali di fuoco contro la sua decisione. Quando la prese in mano Mattei, Agip, per la gente, era l’acronimo di «Associazione gerarchi in pensione». Nomignolo più che veritiero, va detto: era stata un invenzione fascista e il suo scopo istituzionale era «cercare, acquistare, trattare e commerciare petrolio». Il problema è che il petrolio non era mai riuscita a trovarne e aveva pure mollato delle concessioni irachene in cui bastava bucare la sabbia con uno spillo per farsi una doccia di oro nero. L’autarchia e l’idiosincrasia fascista alle innovazioni avevano fatto il resto.
Potere dei paradossi, a convincere Mattei a salvare l’Agip è un repubblichino. Si chiama Carlo Zanmatti ed è stato dirigente Agip durante la Repubblica di Salò. Zanmatti gli dice che il problema dell’Agip è uno solo: che cerca la cosa sbagliata. Sottoterra, in Italia, di petrolio ce n’è molto poco, mentre la pianura padana trabocca di metano. E che il metano, pur non facendo funzionare le automobile, può far funzionare le imprese.
Allo Stato – che vuole liquidare e che, pressato dagli americani a privatizzare, vive male l’ostinata resistenza di Mattei – non si possono chiedere i soldi per continuare. Così lui li chiese alle banche, che si fanno convincere e lo finanziano. Nel marzo del ’46 dal pozzo 2 di Caviaga cominciano a uscire 50mila metri cubi di metano al giorno. Non abbastanza per convincere la politica a salvare l’Agip, ma sufficienti a prendere tempo.
Gli americani, però non mollano, e spingono affinché Mattei sia dimissionato, per poter usufruire delle ricerche di Agip ed estrarre a loro piacimento in Italia. Mattei viene rimosso dal vertice di Agip, di cui diventa membro del Cda, e in cambio gli viene offerto un posto da parlamentare Dc alla consulta nazionale prima e in parlamento poi. È il 1945. 99 su 100 si sarebbero arresi. Mattei si è conquistato la tranquillità, un posto sicuro da peone del nascente establishment democristiano, che di lì a tre anni avrebbe trionfato alle elezioni e sarebbe rimasto al potere per cinquant’anni.
Non Mattei, che invece di scaldare la poltrona, la usa per ritornare in sella. Alle elezioni del 1948 va a caccia di voti per la Democrazia Cristiana. In particolare per Marcello Boldrini, amico di vecchia data, partigiano come lui, che l’aveva introdotto nei salotti milanesi. Dopo le elezioni Boldrini viene nominato presidente Agip e Mattei suo vice. Di fatto, torna lui al comando. E pochi mesi dopo viene scoperto un nuovo giacimento di gas naturale, sempre in pianura padana, a Ripalta, vicino a Crema. Il primo di una lunga serie.
L’escalation è impressionante. In pochi anni, l’Italia ha una rete di gasdotti tra le più estese del mondo. Se vi state chiedendo come sia possibile, nel Paese dei burosauri, la risposta alla vostra domanda è quello che è passato alla storia come il “blitz di Cremona”. Si tratta di una manovra più militare che industriale: invece che attendere le autorizzazioni necessarie, trecento operai delle cosiddette “pattuglie volanti” si avvicinano alla città di notte, armati di pale e picconi. Lavorano tutta la notte e la mattina seguente i cremonesi stupefatti trovano montagne di terra ai lati delle strade. Accorre il sindaco furioso e si trova di fronte Mattei: «Vi prego di scusarmi – replica Mattei – i miei uomini hanno commesso un imperdonabile errore di percorso. Ora darò gli ordini perché i lavori siano immediatamente sospesi». Il sindaco gli risponde di posare i suoi tubi e di andare al diavolo. O meglio, alla città successiva, per ripetere il blitz. Anni dopo, Mattei si vanta diaver trasgredito ottomila ordinanze.
Se i sindaci non sono felici, figurarsi aziende concorrenti come l’Edison o come i “soliti” americani. È il 1949 e Mattei ha già parecchi nemici. A volte, però, ne basta uno solo di alleato, se quell’alleato si chiama fortuna. Durante un carotaggio nei pressi di Cortemaggiore, vicino a Piacenza, l’Agip trova il petrolio. Pochissima roba, ma tanto basta a Mattei per guadagnarsi tutti i titoli dei giornali. La Supercortemaggiore, “la potente benzina italiana“, illude un po’ tutti che l’Italia possa essere autosufficiente. Autarchica, per dirla da destra. Indipendente dall’America, per dirla da sinistra. Mattei usa abilmente questa scoperta per farsi amico tutto l’emiciclo parlamentare. E nessuno ha nulla da dire quando nel 1953 nasce l’Eni, l’ente nazionale per gli idrocarburi. O quando Mattei ne diviene presidente e poi pure direttore generale.
La prima battaglia è vinta, insomma, e Mattei fa capire immediatamente quanto la sua ambizione e la sua visione siano senza freni. Riempie l’Italia di distributori di gas e benzina, si inventa i Motel Agip sul modello di quelli americani e acquista grazie al sindaco di Firenze Giorgio La Pira, tanto caro al nostro attuale premier, la fabbrica meccanica del Pignone, la cui crisi stava mettendo in ginocchio la Toscana e la mette a servizio dell’Eni col nome di Nuovo Pignone.
Applausi e titoli di coda? No, perché le bugie hanno le gambe corte e quelle di Mattei sono cortissime. Fuor di metafora, il pozzo di Cortemaggiore sta per esaurirsi e di petrolio per rifornire i distributori disseminati in tutta Italia non ce n’è più. Andare col cappello in mano a chiedere benzina alle altre compagnie petrolifere, già col dente avvelenato? Nemmeno a parlarne. L’Eni doveva fare da sola.
Anche in questo caso, la missione impossibile diventa possibile grazie a un’intuizione e alla capacità, per l’ennesima volta, di trasformare un punto di debolezza in un arma a proprio vantaggio. Mattei va a chiedere il petrolio direttamente ai paesi produttori, offrendo quel che il cartello delle “sette sorelle” – così Mattei ribattezzò le principali compagnie petrolifere dell’epoca – non poteva dare loro: l’indipendenza. L’Italia, infatti, ha il vantaggio colossale di non essere stata una potenza coloniale. Di lui possono fidarsi. Ancora di più: l’Eni e Mattei rappresentano un occasione di riscatto e di sviluppo economico.
Il 10 giugno del 1960, a Tunisi, Mattei pronuncia un discorso che sarebbe stato perfettamente in bocca a un leader rivoluzionario. Prima li blandisce: «Io sono qui per rispondere al vostro appello d’investimenti e per aiutarvi nella lotta contro il sottosviluppo», dice. Poi li aizza: «Il fatto coloniale non è solo politico: è anche, e soprattutto, economico (…) e nel settore del petrolio questa potenza egemonico-oligopolistica è il cartello». E ancora, si mette dalla loro parte: «Ho lottato anch’io contro l’idea fissa che esisteva nel mio Paese: che l’Italia fosse condannata ad essere povera per mancanza di materie prime e di fonti energetiche».
Infine, il colpo da maestro: «Io voglio creare qualcosa di più di una raffineria: voglio creare un polo di sviluppo economico nel Sud tunisino. Voi mi avete chiesto delle pompe di benzina Azienda Generale Italiana Petroli: io vi ho offerto una rete di stazioni di servizio e di motel che vi risolverà il problema turistico. Voi mi avete chiesto di farvi una raffineria ed io vi offro una industria petrolchimica. Ma vi offro anche un mercato per l’eccedente della vostra produzione e vi offro soprattutto la parità, la cogestione, laformazione di una élite tecnologica perché non siate il ricevitore passivo di una iniziativa straniera, ma siate soggetto, non oggetto, di economia».
Con discorsi come questo, Mattei chiude accordi con Libia, Marocco, Tunisia, Egitto, Iran. Nello stesso anno nasce l’Opec, il cartello dei paesi esportatori di petrolio. Alla fase di preparazione e di studio, l’Eni partecipò elaborando uno studio che quantificava il monopolio petrolifero delle sette sorelle. L’obiettivo? Concordare prezzi e quantità. Mattei, più estremo, pensa che i produttori debbano appropriarsi dell’industria petrolifera.
Gas e petrolio, quindi. Ma la storia non è ancora finita, perché Mattei è convinto non bastino. Oggi, forse, sarebbe uno di quelli che puntano sulle rinnovabili. Negli anni ’50, invece, il suo sogno è il nucleare: «In relazione allo sviluppo del consumo del nostro Paese, dobbiamo preoccuparci anche di potenziare al massimo tutte le fonti di energia possibile, anche quella nucleare». Detto, fatto. Nel 1956 crea Agip Nucleare di cui lui stesso è Presidente e nel 1958 inizia la progettazione della centrale di Latina, la prima in Italia e, allora, la più potente d’Europa. È inaugurata nel 1963, ma a tagliare il nastro non è lui. Il 27 ottobre, l’aereo privato con cui stava tornando a Milano da Catania, Mattei precipita nelle campagne di Bascapè, durante un violento temporale. C’è chi dice sia stato un incidente, chi si dice convinto che qualcuno gliel‘ha fatta pagare. Questa però è tutta un’altra storia. Esattamente come sarebbe stata tutta un’altra storia, per l’Italia, se Enrico Mattei e la sua testa indipendente non ci fossero mai state.
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