di Christian Affolter
02.06.2019
Monete.
Le criptovalute esistenti sono troppo volatili. Tanto più se si affidano a bitcoin, che festeggia il suo ritorno quest’anno.
L’argomento a favore di una moneta elettronica emessa da una banca centrale è abbastanza semplice. Per effettuare transazioni attraverso la blockchain, sarebbe più conveniente non dover passare attraverso i calcoli di riconversione in una valuta tradizionale. Ma le scelte di moneta elettronica attualmente disponibili, prima di tutto il Bitcoin, hanno tutte lo stesso difetto: le fluttuazioni sono troppo importanti per essere adatte a operazioni come il deposito di garanzie di locazione finanziaria sulla base di un contratto intelligente.
È in questo contesto che Mariane Wildi, il direttore generale della Hypothekarbank Lenzburg, desidera utilizzare i franchi elettronici per garantire la stabilità, come ha spiegato la scorsa settimana su cash.ch. Si rammarica persino che alla fine sia la società SIX a pianificare una propria moneta stabile, quindi una criptovaluta legata al franco svizzero. Secondo lei, questo compito ricadrebbe sulla Banca Nazionale Svizzera, che ha il mandato di gestire l’offerta di moneta.
Finora, tuttavia, la posizione della BNS è rimasta poco chiara: “Una gran parte della popolazione non ha bisogno di moneta digitale emessa da una banca centrale per garantire transazioni efficienti senza contanti per i clienti al dettaglio”, ha affermato Andréa M. Maechler. Al contrario, genererebbe rischi incalcolabili in termini di stabilità finanziaria. La posizione di Ueli Maurer (Ministro delle Finanze) è in gran parte identica.
Tuttavia, la conferenza organizzata congiuntamente venerdì scorso con l’Università di Basilea (Centro per le Finanze Innovative), sulla base di documenti di ricerca, dimostra che la Banca nazionale potrebbe riconsiderare la sua posizione. Per lo meno intende tenere d’occhio gli sviluppi in questo settore. Soprattutto perché altre banche centrali hanno già esaminato lo scenario di una moneta elettronica emessa e gestita da una banca centrale in coesistenza con una moneta tradizionale. In Svezia, dove la società è sempre più affrancata dal denaro contante, queste riflessioni sembrano un po’ meno forzate.
Questa tendenza rende effettivamente più difficile l’accesso alla valuta della banca centrale e occorre quindi esplorare le alternative.
Una pubblicazione di novembre 2017 (Engert, Fung) rileva, tuttavia, che l’ammontare totale delle banconote emesse, sia in assoluto che rispetto al PIL, non sta diminuendo, tranne che in Svezia e Norvegia.
Questa motivazione non è tuttavia considerata sufficiente per emettere moneta elettronica. E nemmeno lo è il desiderio di sminuire l’attrattiva di tenere enormi quantità di banconote (per mancanza di interesse sufficientemente redditizio) per ridurre i costi relativi a questo deposito e quindi il limite inferiore ai tassi negativi.
E mentre la moneta digitale offre la possibilità di trasferire fondi dalla banca centrale alle imprese ed ai privati (helicopter money), ci sono anche altri modi per raggiungere questo obiettivo. In breve, non esiste uno scenario che dia qualche rilevanza alla valuta digitale, mentre il miglioramento della stabilità finanziaria (un argomento discusso venerdì) e l’aumento della concorrenza nei pagamenti sono ancora i più plausibili.
La coesistenza rischia di essere problematica
Una delle domande chiave è come alla fine il denaro digitale potrà coesistere con il sistema bancario esistente. È tanto più sensibile in un contesto di bassi tassi d’interesse, in cui la remunerazione dei conti di risparmio non offre alcun vantaggio per le banche. Lo scenario è particolarmente difficile per le banche al dettaglio: affinché i clienti continuino a collocare i risparmi in un conto bancario, piuttosto che ad investirli in una valuta virtuale (soprattutto se offre anche un interesse), devono offrire tassi di interesse più convenienti. Per mantenere i margini di interesse, devono anche adeguare al rialzo gli interessi guadagnati sui contratti di credito. Ciò porterebbe a una diminuzione dell’attività di prestito. Diverse recenti pubblicazioni hanno evidenziato questo meccanismo.
Tuttavia, uno studio pubblicato ad aprile da dei ricercatori della Bank of Canada ha mostrato che esiste una sorta di corridoio ideale di interesse per ma moneta digitale, dallo 0,05% al 2,55%, all’interno del quale questa valuta favorisce persino l’attività di prestito e, quindi, l’intermediazione bancaria, piuttosto che accelerare la disintermediazione, come avevano concluso altri studi sulla base di uno scenario ad elevati tassi di interesse.
David Andolfatto della FED di St. Louis è stato ancora più esplicito ad ottobre 2018: “la moneta digitale può effettivamente portare ad un aumento dei depositi bancari, se questa concorrenza costringe le banche ad aumentare i tassi di interesse sui depositi di risparmio“.
Il dibattito teorico rimane aperto, mentre mancano ancora esperienze pratiche su larga scala.
Tratto e tradotto da:
www.agefi.com
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