Condividiamo con voi questo articolo di Carmelo Sciascia, pubblicato sul giornale online Il Piacenza
che evidenzia le criticità dell’informazione attraverso la rete internet.
Solitamente la mattina si guardava la cassetta della posta per vedere la corrispondenza che Poste Italiane consegnava a domicilio tutti i giorni. In seguito alla razionalizzazione dei servizi (tagli al personale), la posta viene recapitata oltre che ad intervalli di tempo irregolari, anche e sempre in quantità più limitata. Il terzo millennio ci ha fornito di strumenti sempre più sofisticati, con riduzione del consumo cartaceo, grazie ad internet. Cosicché la prima operazione giornaliera che compiamo è accendere il telefonino o il portatile per vedere le email e le novità dei siti cui siamo iscritti.
La prima considerazione è la presenza di una marea di pubblicità, pubblicità arbitraria e spesso di cattivo gusto. Da questa inondazione è facile salvarsi, facilmente identificabile ed eliminabile. Quello cui è più difficile salvarsi è la certezza delle notizie. L’esperto del colpo ad effetto, è sempre in agguato. È quello che viene definito “spin doctor”, cioè colui che fabbrica notizie per conto terzi, dietro compenso, per l’impresa privata come per il partito politico. Tanto si è detto e scritto sulla comunicazione, poco sulla facoltà di “avvelenare” le informazioni. Premesso che la falsità e gratuità dell’informazione non è un dato recente, ma è nata con la comunicazione stessa, possiamo affermare che si è sviluppata parallelamente all’evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa. I giornali già da tempo immemore sono stati pieni di titoli forzati e tendenziosi, a volte a loro stessa insaputa, si sono resi spesso complici di piani predisposti da manipolatori del consenso. Mi piace ricordare come Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud, riuscì a trasformare la sigaretta da elemento dannoso alla salute a simbolo di emancipazione femminile. Bernays organizzò su commissione nel 1929, per contrastare gli attacchi all’industria del tabacco, una manifestazione pubblica: la Fiaccolata della Brigata della Libertà, dove decine di ragazze fumavano ostentatamente. L’avere abbinato l’idea di libertà e di rivolta, con il fumo, portò tantissime donne ad emulare le suffragette newyorchesi: il consumo di tabacco venne triplicato in breve tempo. Può sembrare strano ma ancora oggi è così, grazie al cinema ed alla fotografia la sigaretta viene vista come simbolo dell’emancipazione femminile. Nel mondo occidentale il consumo di tabacco è, ancora oggi, maggiore presso la popolazione femminile che maschile.
“Coloro che regolano i meccanismi nascosti della società costituiscono un governo invisibile, che rappresenta il vero potere dominante. Questo è il risultato logico del modo in cui la nostra società democratica è organizzata”. Così teorizzava in “Propaganda” il nipote di Freud. Così è stato negli anni e così è ancora oggi. Quindi la democrazia per non venire manipolata ha bisogno di veri e propri cani da guardia, i cosiddetti “watchdog”, ruolo che dovrebbero avere gli organi di informazione di massa. Controllo delle notizie, controllo sulla provenienza delle notizie. Ma se finora non è stato possibile farlo, figuriamoci farlo adesso con la proliferazione di infinite sorgenti sparse per il mondo. Ma poi controllare cosa, se sono gli stessi Stati a generarle? Penso alle infinite fake news a livello mondiale costruite ad arte, come ad esempio la mucca pazza, l’influenza aviaria, l’influenza suina, alle armi di distruzione di massa attribuite a Saddam Hussein o alla Siria. Ecco il punto cui volevo arrivare. Molti gridano contro le false notizie, le notizie spazzatura, si vogliono leggi severe che condannino chi le fa circolare, alcuni governi le hanno già, altri sono sulla stessa strada. In Italia il disegno di legge Gambaro prevedeva fino a due anni di carcere per chi diffondeva notizie false e tendenziose. Questa legge avrebbe colpito anche i giornalisti che scrivevano di un viaggio trionfale in treno nel 2017 di Renzi che annunciava: ”Siamo in anticipo, Il Pd è sempre avanti”, mentre invece veniva contestato ad ogni stazione, ad ogni fermata? Non credo proprio!
Avrebbero cercato di imbavagliare solo quei blog che davano fastidio al politico di turno, come il blogger Luca Donadel che mostrava di strani salvataggi di migranti nelle coste libiche (faceva parte del famigerato accordo Triton: tutti i migranti dovevano essere sbarcati solo in Italia). Sicuramente, sia stato giusto o meno, senza la spinta della comunicazione informatica, non sarebbe stato eletto Trump e la Gran Bretagna non sarebbe uscita dall’Europa. Sostenevano Hillary 530 testate, 28 erano schierate con Trump. La stampa riteneva la multietnica Londra europeista, mentre la provincia, la maggioranza inglese, rimaneva ostile al Continente. Vi è oramai diffusa la convinzione che una certa globalizzazione, come una certa idea di Europa, porti solo maggiori divisioni economiche e politiche, pertanto la gente se ne vuole allontanare, come risulta da una sbirciatina in rete. Quella rete che si è sostituita alla carta stampata, ed è più diventata la vera “vox populi”.
Per fermare un mediatico tam tam popolare o populista si vorrebbe, con la scusa di fermare le fake news, limitare l’informazione. Si vorrebbe aprire l’era della certificazione di Stato sulle notizie: si potrebbero oscurare pagine scomode di blogger dissenzienti, introducendo di fatto la censura. Già Apple, Google, Facebook, Microsoft e Twitter collaborano con l’Agenzia della Sicurezza del Governo Americano, contribuendo alla manipolazione dell’opinione pubblica. “Come profetizzato da Orwell, siamo a un passo dal ministero della Verità. Per il nostro bene, naturalmente; solo per il nostro bene”. Così Marcello Foa col suo “Gli stregoni della notizia”, dalla cui lettura ho ricavato alcune riflessioni descritte in questa nota. Riguardo alla censura Macron ha annunciato prossima una legge, l’unione Europea un gruppo di lavoro. Siamo alle solite. Il ricorso a leggi speciali, ad una legislazione eccezionale. Come per combattere le Brigate Rosse, come per combattere la delinquenza comune o mafiosa. Le fake news sono una truffa, sono la diffusione di notizie false e tendenziose e come tale dovrebbero essere trattate. Ci sono leggi sulla diffamazione che dovrebbero essere applicate come quelle sulla pedopornografia, sullo stolking, sulla violenza o il terrorismo. Per eliminare le fake news basta scoraggiare l’anonimato e riportare sempre le fonti. Altro che formulare “algoritmi sulla verità”, come suggerito da Marco Carrai consigliere di Renzi. Qualsiasi legge al riguardo sarebbe pericolosa per la libertà d’opinione e di pensiero. La rete oltre a rimanere libera dovrebbe essere anche gratuita, come strumento di conoscenza e di partecipazione di tutti i cittadini. Le leggi speciali sono demagogiche, inutili, pericolose per la democrazia, offendono la dignità umana e svuotano la democrazia stessa da qualsiasi forma di partecipazione attiva.
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