Le fake news del Corriere della Sera sull’uscita dell’Italia dall’euro

di Davide Gionco

Ogni giorno veniamo investiti da catastrofiche fake news sui pericoli di un’uscita dall’euro dell’Italia.
Il 18 ottobre 2018 è stata la volta del Corriere della Sera che nel suo Inserto 7 (direttore Beppe Severgnini) ci propina la solita serie di falsi luoghi comuni, a firma di Nicola Saldutti, caporedattore sui temi economici.

Con la necessaria dose di pazienza mettiamo in evidenza le gravi incoerenze di quanto sostenuto dal Corriere della Sera.

0. Le due grandi categorie

Secondo Saldutti esistono fedeli di 2categorie. I primi che penserebbero che la fine dell’euro porterebbe a magnifiche sorti e prospettive. I secondi (più ragionevoli, secondo l’autore) che la ritengono una scelta di cui ci si pentirà in futuro.

Quello che Saldutti non dice è che l’adozione dell’euro ha dimostrato con i fatti di avere portato in Italia povertà e disoccupazione (il monte ore lavorate è di molto inferiore all’epoca in cui ancora avevamo la lira), fallimenti di aziende storiche, crollo della domanda interna e della nostra produzione industriale, svendita a soggetti esteri delle nostre migliori imprese ed emigrazione dei nostri migliori giovani.
Non si tratta quindi di lasciare un presente roseo verso un incerto futuro, ma di trovare soluzioni politiche concrete per ridare dignità e prosperità economica a tutti gli italiani.

E che il ritorno alla moneta sovrana debba essere necessariamente qualcosa di dannoso è tutto da dimostrare. In realtà moltissimo dipende da come la transizione verrà gestita, il che potrebbe anche non avvenire secondo la limitata immaginazione di Saldutti.

 

  1. Il livello di cambio

Secondo diversi esperti in caso di ritorno ad una lira sovrana il tasso di cambio con l’euro potrebbe attestarsi intorno a 1,3 neo-lire per un euro. Quindi il numero azzardato da Saldutti non è campato in aria.
Ciò che resta difficile da comprendere è la logica del ragionamento che segue.
Saldutti sostiene giustamente che con una lira svalutata rispetto all’euro potrebbe esserci un aumento delle esportazioni. Dimentica di dire che già oggi l’Italia ha un attivo importante sulla bilancia commerciale estera, nonostante l’euro moneta forte.
In certi settori la competitività si gioca certamente sulla tecnologia e l’innovazione, ma non si capisce perché un’Italia a lira sovrana non dovrebbe essere in grado, come minimo, di esportare la stessa quantità di prodotti tecnologici e innovativi che esporta oggi.
E non dice nulla sull’evidente aumento di “esportazioni” che avremmo con il turismo, reso più appetibile dalla svalutazione della lira.

Certamente aumenterebbe il costo per l’importazione di materie prime.
Ma Saldutti dimentica di dire che il costo delle materie prime incide relativamente poco sul costo finale dei prodotti, composto in larga parte da tasse italiane e da manodopera italiana. E dimentica di dire che una parte rilevante (almeno il 30%) delle materie prime sarebbe ri-esportata all’estero, dopo essere stata valorizzata dalla manodopera italiana.
In sostanza si evocano scenari catastrofici su un argomento che, invece, è favorevole al ritorno alla moneta sovrana.

 

  1. Il debito pubblico

Con l’uscita dall’euro il debito pubblico verrebbe convertito, ai sensi della Lex Monetae, in neo-lire.
Per gli investitori italiani questo non rappresenterebbe per nulla un problema, in quanto il capitale investito (in lire), verrebbe totalmente preservato.
Certamente vi sarebbero dei rischi per gli investitori internazionali derivanti dalle variazioni del tasso di cambio, su questo concordiamo.
Ma già oggi i “mercati internazionali” ci fanno pagare il rischio potenziale di un’uscita dell’Italia dall’euro. Diversamente non si spiegherebbero gli alti tassi di interesse che paghiamo sul debito.
Saldutti trascura totalmente il fatto che il ritorno alla lira sovrana comporterebbe necessariamente una ri-nazionalizzazione della Banca d’Italia.
Il motivo per cui molti economisti ritengono conveniente per l’Italia un ritorno alla lira è perché questo consentirebbe alla Banca d’Italia di stampare neo-lire per finanziare lo sviluppo dell’economia reale italiana, cosa che oggi la BCE, tramite la sua filiale “indipendente dallo stato” chiamata Banca d’Italia, non fa.
In questi anni, infatti, il Quantitative Easing della BCE è servito solo parzialmente a fornire all’Italia il denaro necessario a pagare gli interessi sul debito, ma non è mai servito per finanziare investimenti di sviluppo economico del paese.

Uscire dall’euro significherebbe avere una banca centrale che opera in sintonia con il governo e, quindi, in grado di controllare i tassi di interesse sul debito pubblico e di finanziare lo stato, senza avere bisogno degli investitori esteri. Per capire cosa significhi basta guardare all’azione della BOJ, banca centrale del Giappone, che collabora con il proprio governo per gestire un debito pubblico al 253% e tassi di interesse bassissimi allo 0,2%.

 

  1. Inflazione e bollette

Saldutti ritorna di nuovo con l’isteria del costo delle importazioni.
Negli ultimi anni il petrolio ha raddoppiato il prezzo, poi lo ha dimezzato, ecc.
Quanti di noi hanno visto raddoppiare il costo della benzina o del gas, che pure sono prodotti al 100% energetici?
In questi anni di euro moneta unica abbiamo avuto dei bassissimi tassi di inflazione. Anzi, siamo arrivati anche a tassi negativi, alla deflazione.
Per difenderci dall’aumento del 25% del prezzo della benzina, ovvero dall’aumento probabilmente del 3-4% del costo del paniere, abbiamo adottato l’euro che ci ha portato, causa mancanza di denaro per gli investimenti interni, alla perdita di diversi milioni di posti di lavoro, al fallimento di imprese ed a salari per i nostri giovani di 700-800 euro al mese, quando va bene.
Per difenderci dai rischi del tasso di cambio abbiamo deflazionato i salari.
Perché questo Saldutti non lo dice?

Per quanto riguarda l’euro come strumento di riserva, che avrebbe favorito il risparmio, vorrei ricordare a Saldutti il crollo del risparmio delle famiglie durante gli anni dell’euro.
E vorrei ricordare a Saldutti la morale del paradosso del risparmio di Keynes: la tua spesa è il mio guadagno, il tuo risparmio è il mio non-guadagno.
L’Italia stabilì il record storico di risparmio nel 1980, con una inflazione al 15-20%.
I capitali venivano investiti per non essere erosi dall’inflazione. Gli investimenti generavano lavoro. E il lavoro consentiva alle famiglie di risparmiare, anche al netto di un alto tasso di inflazione.

 

  1. La BCE e la Banca d’Italia

Oggi fanno parte della BCE anche le banche centrali della Svezia, della Danimarca, del Regno Unito, che non hanno l’euro.

In caso di ritorno alla lira il titoli di stato in mano alla BCE sarebbero rimborsati in neo-lire, secondo la Lex Monetae.
E se la Banca d’Italia si rifiutasse di ripagarli in euro, la BCE non rischierebbe certo di fallire, essendo il soggetto che crea migliaia di miliardi di euro dal nulla.
Non sarebbe un nostro problema.

 

  1. I contratti

Effettivamente con un ritorno alla lira ci sarebbero dei problemi con molti contratti internazionali.
I rischi maggiori sarebbero per i creditori esteri, in quanto, male che vada, i debitori italiani potrebbero dichiarare fallimento in caso di incapacità a rimborsare i prestiti.
Quello che Saldutti non dice per nulla è che la maggior parte di coloro che hanno contratto prestiti in euro all’estero sono imprese che operano sui mercati internazionali, le quali potranno continuare a vendere in euro i loro prodotti, in modo da restituire i loro debiti.
Il problema, quindi, riguarderebbe un piccolo numero di imprese che abbiano contratto prestiti in euro per poi realizzare utili sul mercato interno italiano.
Un problema limitato e certamente superabile.
In ogni caso qualche fallimento sarebbe poca cosa rispetto ai fallimenti certi che la permanenza nell’euro ci porterà.

 

  1. I viaggi

Effettivamente la comodità di viaggiare in Europa senza recarsi dai cambiavalute e pagare loro delle commissioni è probabilmente l’unico vantaggio offerto dall’euro.
Un vantaggio che vale probabilmente lo 0,01% del PIL risparmiato da parte dei turisti italiani all’estero, che peraltro potremmo recuperare applicando le stesse commissioni ai turisti stranieri in Italia.
Caro Saldutti, i milioni di italiani caduti in povertà a causa dell’euro, che non possono permettersi di viaggiare, sapranno fare questo piccolo sacrificio, in cambio di una ripresa dell’economia italiana, tale da garantire a tutti un posto di lavoro dignitoso.

Saldutti cita poi la difficoltà di pianificare investimenti con un tasso di cambio variabile.
Certamente si tratta di una difficoltà oggettiva, a cui peraltro molti imprenditori italiani sanno far fronte quando operano in giro per il mondo, fuori dalla UE.
Ma ci dimostri che è più facile pianificare investimenti senza sapere di quanto aumenteranno le tasse nei prossimi anni, senza avere credito dalle banche e con un mercato interno depresso e senza prospettive. Se già oggi nessuno in Italia investe, non potrebbe essere proprio a causa dell’euro e del suo tasso di cambio fisso verso gli altri paesi dell’eurozona?

 

  1. L’Unione Europea

Essendoci 8-9 paesi che fanno parte della UE, ma che non adottano l’euro, ed avendo registrato tutti questi paesi una crescita economica migliore dell’Italia durante gli anni dell’euro, le confermiamo che sarebbe possibile fare parte della UE anche se ritornassimo alla lira.
Si tratta di decisioni di politica internazionale. Nessuno avrebbe interessi a tenere l’Italia fuori dalla UE solo perché avesse deciso di uscire dall’euro.
L’Italia è fra i primi partner commerciali delle economie europee, non dimentichiamolo. Un’uscita dell’Italia dalla UE sarebbe un grave problema per tutti, non solo per l’Italia.

 

  1. La disinformazione tendenziosa

Cosa dobbiamo pensare di un giornale che presenta volutamente solo i presunti lati negativi di una eventuale uscita dall’euro dell’Italia?
In ogni decisione politica sensata ci sono sempre dei pro e dei contro.
Se il discorso viene impostato unicamente sui “contro”, non si tratta più di informazione, ma di disinformazione tendenziosa.
In ogni azione economica che non sia la distruzione di beni reali (ad esempio causata da una guerra) ci sono sempre dei vantaggi e degli svantaggi.
Posso aumentare la spesa pubblica: lo Stato spenderà di più, ma ci saranno persone che guadagneranno di più.
Posso svalutare la mia moneta: alcuni ci guadagneranno, altri ci perderanno.
Una informazione corretta dovrebbe presentare entrambi gli aspetti, non solo il lato negativo (la spesa pubblica e coloro che ci perderanno).

 

  1. All’Italia non conviene uscire dall’euro

Prima di concludere vogliamo dimostrare a Saldutti che intendiamo fare una corretta informazione.
Presentiamo un argomento in più perché all’Italia non conviene uscire dall’euro.

Se l’Italia fosse fuori dall’euro, con una propria valuta, ci sarebbero alcuni degli svantaggi presentati da Saldutti, ma ci sarebbero anche molti vantaggi. Ad esempio il vantaggio per lo Stato di potersi finanziare senza sottostare al ricatto dello spread e senza essere obbligato a politiche di lacrime e sangue alla Mario Monti.
Si potrebbe finanziare un piano per la piena occupazione e fare tanti interventi da troppo tempo rimandati per mancanza di fondi.

Il vero problema è COME uscire dall’euro.

Se l’Italia uscisse dall’euro nello stesso modo in cui vi è entrata ci sarebbero certamente delle difficoltà legate alla probabile svalutazione della lira rispetto all’euro.
Nel 2002, quando entrammo nell’euro, il tasso di cambio lira/euro era già stabile da diverso tempo.
Se l’Italia ritornasse alla lira, con una probabile sua svalutazione del 30% sull’euro, ci sarebbe il rischio di una corsa agli sportelli e di fughe di capitali. Una difficoltà oggettiva, tuttavia gestibile.

Il vero problema, neppure immaginato dal giornalista del Corriere, è in realtà che se l’Italia uscisse dall’euro, l’euro non sopravvivrebbe.
L’Italia è la terza economia dell’Eurozona, il secondo paese produttore e il secondo detentore di debito pubblico (una pacchia per gli investitori internazionali). Con l’Italia fuori dall’euro, l’euro cesserebbe di esistere.
A quel punto ci sarebbe un disordinato ritorno alle valute nazionali, ciascuno a modo suo. Blocchi alla circolazione dei capitali. Fallimenti di banche, di società finanziarie in tutto il mondo.
La vera incognita sarebbero le conseguenze delle decisioni politiche, urgenti, dei vari governi del mondo.
Con molta probabilità, tenuto anche conto dell’estremità instabilità del mercato finanziario internazionale (bolle borsistiche, titoli derivati, ecc.), si scatenerebbe la peggiore crisi finanziaria mondiale di tutti i tempi, dalle conseguenze inimmaginabili.

Ecco, in questo scenario i vantaggi per l’Italia di essere uscita dall’euro verrebbero vanificati dalla crisi finanziaria mondiale, che colpirebbe duramente anche l’Italia, le sue banche ed i suoi commerci.

Per questo motivo riteniamo che non sia un bene che l’Italia “esca dall’euro”.
Ma neppure che vi rimanga, in quanto abbiamo già toccato con mano i disastri della moneta unica.

 

  1. L’Italia ha bisogno di una propria moneta sovrana, non di uscire dall’euro

Chissà perché circola un’idea diffusa e sbagliata che in un paese possa circolare solo un’unica moneta nazionale a corso legale.
La storia ed il mondo sono piene di casi con doppia circolazione di moneta.

L’Italia per uscire dalla crisi economica ha bisogno di potere emettere liberamente una propria moneta in funzione delle esigenze della propria economia, senza sottostare al potere di altri soggetti (BCE, Commissione Europea, FMI, i mercati, ecc.). In questo modo potrà finalmente perseguire le necessarie politiche di sviluppo dell’economia del paese.

Il fatto che in Italia possano circolare, in parallelo, anche degli euro o dei dollari, non costituisce affatto un problema.
Lo Stato farebbe i suoi pagamenti in neo-lire, mentre accetterebbe senza problemi pagamenti in neo-lire, ma anche in euro e (perché no?) in dollari.

Se l’Italia iniziasse a stampare le neo-lire, senza convertire i conti bancari da euro a lire, non ci sarebbe alcuna fuga di capitali e non ci sarebbe un crollo del sistema dell’euro.

Esistono in circolazione diverse proposte del genere, dai Certificati di Credito Fiscale, ai minibot di Borghi, alle “statonote” di Nino Galloni, alla moneta positiva.

 

Sig. Saldutti, la invitiamo insieme al suo direttore Beppe Severgnini a svolgere il servizio di informazione pubblica in modo più corretto, senza terrorizzare gli italiani utilizzando argomenti falsi e tendenziosi e dando spazio anche ad economisti che già da tempo hanno studiato seriamente come far ripartire lo sviluppo economico in Italia sottraendosi ai meccanismi perversi della moneta unica euro. Perché non date spazio anche a dei punti di vista alternativi?
L’euro può benissimo restare come moneta comune per gli scambi europei, ma non deve continuare ad essere uno strumento di distruzione dell’economia del paese.

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