di Fabrizio Casari
Non aver obbedito agli Usa gli è costato una condanna a quaranta anni di carcere, dopo essere stato deposto dal governo di Washington con un’invasione militare. Lo afferma, da un’aula di Tribunale a Parigi, dove è stato estradato per reati minori, l’ex Generale e Presidente panamense, Manuel Noriega, che degli Usa è stato agente fedele prima e nemico giurato poi. L’ex uomo forte di Panama, che a Parigi ha subìto una nuova condanna a sette anni per riciclaggio di narcodollari, riapre così, a venticinque anni di distanza, una delle pagine più nere della storia dell’intelligence e della politica statunitense.
Va anche detto che Noriega non è stato l’unico – e non sarà probabilmente l’ultimo – a passare dalle stelle alle stalle nella considerazione statunitense: basti pensare sia a Saddam Hussein che, soprattutto, a Osama bin Laden, oggi il numero uno dei ricercati Usa, ma ieri collaboratore fedele della Cia e del Pentagono (che diede, tra l’altro, alla famiglia bin Laden, una delle più importanti commesse militari).
Dall’organizzazione dei Mujaheddin afgani contro i sovietici, fino all’invio dei combattenti islamici in Bosnia contro i serbi, Osama bin Laden ebbe un ruolo anche nello scandalo Iran-Contras, lo scambio di armi, droga e denaro tra l’Amministrazione Reagan e l’Iran di Khomeini, attraverso il quale la CIA finanziò la guerra contro il legittimo governo sandinista in Nicaragua, costata 50.000 morti al piccolo paese centroamericano.
Ma se lo sceicco ha preferito tacere sugli ambigui rapporti con l’intelligence militare statunitense, Manuel Noriega ha invece scelto di raccontare come divenne un nemico giurato degli Usa dopo esserne stato un alleato.
Ma chi era Manuel Noriega? In patria lo soprannominavano cara de piña (faccia d’ananas). Per via del volto butterato, certo, ma anche a causa di una buona dose di cinismo e ipocrisia, doti che lo aiutarono non poco ad arrivare al vertice del Paese.
Il Generale panamense, divenuto poi Presidente, era partito da molto lontano; diplomato alla scuola militare di Fort Benning, in Georgia, divenne presto un interlocutore affidabile degli statunitensi: scarsamente incline alle teorie militari, sviluppò però una spiccata passione per le teorie anti-insurrezionali. Ma, soprattutto, una notevole disposizione all’arricchimento a qualunque costo.
E’ per questo che diventò un riferimento modello per chi, a Panama, gestiva la Escuela de Las Americas, il centro d’addestramento militare statunitense dove i peggiori delinquenti latinoamericani, golpisti a tempo indeterminato e torturatori in servizio permanente effettivo agli ordini del gigante del Nord, vennero formati alla guerra contro il comunismo e la sovversione. Che sono, in sostanza, di due modi diversi di chiamare il virus dell’indipendenza latinoamericana che metteva in discussione il dominio della Casa Bianca sul continente.
Imperava la teoria Monroe (l’America agli americani) e al Pentagono e alla CIA non si lesinavano sforzi per compiacere Reagan e Bush, quest’ultimo direttore generale della CIA prima di diventare vicepresidente con Reagan e Presidente successivamente. In fondo, la carriera di Bush padre, come quella di Reagan (che spiava per conto del FBI), sembrano indicare significative coincidenze nel legame tra intelligence e governo nordamericano, quando quest’ultimo é di marca repubblicana.
E’ in quel contesto che Noriega diventa un alleato prezioso. Arruolato dalla CIA nei primi anni ’70, come ammesso dall’ex direttore generale di Langley, l’Ammiraglio Stanfield Turner, Noriega – stipendiato con 100.000 dollari all’anno – rimase vincolato all’agenzia fino al febbraio del 1988, quando la DEA spiccò un mandato di cattura internazionale per traffico di droga.
E’ utile ricordare che nel 1981, l’allora Presidente panamense, Omar Torrijos, venne fatto saltare in aria mentre si trovava a bordo di un elicottero: la United Fruit Company non aveva certo gradito la riforma agraria del generale divenuto presidente. E che gli Stati Uniti abbiano avuto molto a che fare con l’attentato, é stato rivelato ampiamente da documenti declassificati.
E Noriega? Beh, guarda caso, subito dopo la morte di Torrijos, divenne Capo di Stato Maggiore delle Forze armate panamensi. Non più, quindi, un affiliato alla CIA tra i tanti, ma un interlocutore privilegiato importante per Langley. Ma che Noriega fosse implicato nel traffico di droga non vi sono dubbi, come non ve ne sono sul fatto che lo realizzasse in nome e per conto suo personale e della CIA.
Noriega divenne un uomo fondamentale per gli Usa, perché straordinariamente importante era l’istmo di Panama, il cui omonimo canale era – ed è – l’unica via marittima di collegamento tra Oceano Pacifico e Oceano Atlantico ed è passaggio obbligato nel collegamento tra nord e sud del continente americano. Se si pensa a cosa questo significhi sotto il profilo del controllo commerciale e militare, si capisce come mai gli Usa abbiano avuto nel controllo di Panama una delle loro (tante) ossessioni dominanti. E il generale panamense divenne l’uomo giusto al momento giusto.
Noriega diede un notevole aiuto alle operazioni più sporche dell’Amministrazione Reagan, ma “la madre di tutte le operazioni” era certamente quella che la Casa Bianca mise in piedi per finanziare i contras nicaraguensi, impegnati nell’aggressione al governo sandinista in Nicaragua. Nel 1984, il Congresso Usa approvò l’emendamento Boland, limitando così la strategia di Reagan di aggressione al Nicaragua. Reagan decise quindi che la sua guerra poteva esser fatta per procura proprio dai contras.
Dopo il 1984, con il Congresso che limitava i movimenti e i sandinisti che vincevano sul terreno militare, l’ansia di guerra in Centroamerica espose ogni giorno di più la Casa Bianca nelle covert action illegali. Panama assunse un’importanza enorme per le operazioni militari statunitensi, soprattutto per quelle che non potevano essere realizzate in basi statunitensi, dentro o fuori gli Usa che si fossero trovate. Sia perché, appunto, in violazioni delle disposizioni del Congresso, sia perché la Casa Bianca e la CIA negavano ogni coinvolgimento nell’aggressione al Nicaragua. Per questo ci fu bisogno di operare fuori e tramite amici fedeli.
Ma questo non fermò certo la crociata reaganiana: nel corso dei due anni seguenti i funzionari del governo Usa, violando pienamente la legge americana e le leggi internazionali, continuarono a finanziare i contras. Il denaro arrivava dal traffico di droga organizzato con i narcos colombiani e le armi venivano acquistate con i proventi della droga. Venne alla luce il ruolo dell’aviazione militare salvadoregna, vera e propria agenzia di viaggi della coca proveniente dalla Colombia.
Dalla base aerea di Ilopango, in El Salvador, fino in Texas, la coca viaggiava ben custodita e non sorvegliata. Destinazione Los Angeles, dove operava Freeway Rick, spacciatore nicaraguense che diffuse crack in tutti gli states. La Commissione Kerry del Senato americano, appurò poi che anche l’aereoporto militare della Florida era una delle destinazioni previste di questi viaggi a basso rischio ed alto profitto.
E che il traffico di droga, dentro e fuori gli states, servì per finanziare i contras, venne dimostrato dalle inchieste giornalistiche realizzate da Gary Webb, pubblicate dal San Jose Mercury News e successivamente raccolte nel libro “The dark alliance”. Gli articoli gli valsero per due volte il Premio Pulitzer di giornalismo, ma non gli salvarono la vita. Gary Webb venne “suicidato” nel 2005. Dissero che si era ucciso, ma i colpi sul volto erano due: strano modo, per non dire impossibile, di suicidarsi…
I contras, definiti da Reagan “combattenti per la libertà”, erano autentici macellai, gestiti da alcuni personaggi principalmente legati agli esuli anticastristi della Florida al comando di Felix Rodriguez e Luis Posada Carriles, agli ex appartenenti alla Guardia Nazionale di Somoza guidati dal maggiore Enrique Bermudez e a mercenari di varia nazionalità, arruolati in ogni dove del mondo. Erano addestrati da uomini dell’intelligence israeliana, argentina e cilena.
La supervisione del tutto era affidata alla CIA e il collegamento tra questa santa alleanza e la Casa Bianca era rappresentato dal colonnello Oliver North e dal maggiore Pointexder, mentre il garante della copertura presidenziale era il Vice presidente George Bush, ex capo della Cia. North, che agiva di concerto con Eliott Abrams e la struttura del direttorato per l’America latina del Dipartimento di Stato Usa, era il coordinatore di tutte le covert action statunitensi e fu proprio lui ad organizzare il tutto.
E se dell’addestramento dei contras si occuparono, appunto, cileni, israeliani ed argentini, nessuno dei tre paesi risultò utile sotto il profilo della logistica. Noriega venne quindi coinvolto e Panama – insieme a Honduras e Costa Rica – entrò a pieno titolo nell’operazione di sostegno ai terroristi contras. L’Honduras e il Costa Rica offrivano basi nel loro territorio, ma l’attenzione internazionale cominciava a diventare difficile da gestire e i sandinisti, poi, riuscivano a colpire le basi della contra in territorio honduregno e costaricano. Proprio per diversificare le fonti d’accesso, quindi, Panama divenne quindi uno dei canali per i soldi e per le armi statunitensi.
Succede perciò che le pressioni della CIA verso cara de piña aumentano. Non chiedono più solo un ruolo di logistica e di sostegno diplomatico, ma vogliono che Panama divenga la base fondamentale per la guerra contro il Nicaragua e contro l’FMLN in El Salvador. Ma Noriega non ci sta, non vuole coinvolgere Panama in un ruolo attivo contro il Nicaragua e Cuba.
Dapprima respinge le richieste dell’esponente della destra salvadoregna, Roberto D’Abuisson, capo degli squadroni della morte e mandante dell’assassinio di Monsignor Romero, di limitare i movimenti dei capi del FMLN a Panama; successivamente, cosa molto più determinante per la sua fine, respinge le richieste del tenente colonnello statunitense Oliver North, che chiede di fornire assistenza militare ai contras del Nicaragua.
Noriega insiste oggi – ma non da oggi – nel dire che il suo rifiuto di andare incontro alle richieste di North sta alla base della campagna statunitense per estrometterlo. E sostiene che siano proprio gli Usa ad averlo incastrato. Il rifiuto di prestare Panama alla pianificazione dell’aggressione militare al Nicaragua divenne motivo di scontro aperto con i suoi vecchi capi. Noriega non era più né fedele, né fidato. Era di nuovo, soltanto, cara de piña.
Fin quando Noriega collabora e si arricchisce, alla CIA va bene. Ma diventa inutile e pericoloso quando, il 18 marzo del 1988, decide di rifiutare l’offerta che due funzionari statunitensi gli portano a Panama. Dal momento che cara de piña si tira fuori dal grande gioco, non serve più. Washington vuole sostituirlo e gli offre di ritirarsi in Spagna con alcuni milioni di dollari e lui, in cambio, dovà tacere per sempre. Noriega rifiuta, è convinto di avere ancora carte da giocare.
Ma ci sono anche altre versioni dell’accaduto, come quella che vede Noriega chiedere a North un aiuto per ripulire la sua immagine dopo la pubblicazione sul New York Times di un articolo di Seymour Hersh, offrendo la sua disponibilità al tenente-colonnello della Marina Usa ad aiutare i Contras. Secondo questa versione, North e Noriega si incontrarono il 22 settembre del 1986 a Londra per perfezionare l’accordo ma, purtroppo per entrambi, tre settimane dopo fu abbattuto dall’esercito sandinista un aereo pieno di documentazioni compromettenti che fece esplodere lo scandalo Contras. North non riesce nemmeno a difendere se stesso, meno che mai potrebbe aiutare il socio panamense. E a questo punto, Noriega si tira indietro definitivamente.
Il rifiuto del generale darà così il via all’operazione mediatica, politica e infine militare destinata a destituirlo. Il 20 Dicembre del 1989, Washington invade l’isola con 27.000 marines e rangers. Dopo cinque giorni di combattimenti contro i “battaglioni della dignità nazionale”, gli Usa prendono il controllo dell’istmo e Noriega, che si era rifugiato nella Nunziatura apostolica, si arrende il 3 Gennaio del 1990. Washington mette al suo posto Guillermo Endara, che presta giuramento – simbolicamente, si potrebbe dire – nella base militare USA a Panama.
Nel processo tenutosi a Miami, notoriamente luogo dei peggiori scandali giudiziari statunitensi, per via dell’estrema politicizzazione della Procura locale, vengono fuori le colossali balle con cui si sostiene l’impianto accusatorio. Impianto che venne rivisto completamente diverse volte, man mano che si sviluppavano problemi con i testimoni, le cui storie si contraddicevano l’una con l’altra. Il procuratore statunitense trattò con 26 diversi trafficanti, tra cui Carlos Lehderr, che ottennero riduzioni di pena, pagamenti in contanti e il permesso di tenersi i proventi della droga in cambio della testimonianza contro Noriega.
Peccato che diversi di questi testimoni erano stati arrestati dallo stesso Noriega per traffico di droga a Panama. Alcuni testimoni, in seguito, ritrattarono le loro deposizioni e numerosi agenti di CIA, DEA, DIA, e del Mossad israeliano, che erano a conoscenza del traffico di droga in Centro America, hanno dichiarato pubblicamente che il processo era una messinscena.
Ma non era giudiziaria l’accusa che pendeva sull’ex-generale: era politica, e politica doveva essere la sentenza. Noriega venne così dichiarato colpevole e condannato – il 16 settembre 1992 – a 40 anni di prigione per traffico di droga e estorsione, pena poi ridotta a trent’anni da un successivo giudizio. Il messaggio che arriva da Washington è chiaro: chi disobbedisce agli Usa, la paga.
Ma il Nicaragua, divenuto la croce di Noriega per l’ossessione di Reagan, é tornato sandinista. Daniel Ortega, vent’anni dopo l’invasione di Panama, governa di nuovo. Il messaggio che arriva da Managua é quindi altrettanto chiaro: chi disobbedisce agli Usa una volta, magari la paga; ma chi disobbedisce ogni giorno, per tutta la vita, vince.
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