In questo articolo riassumo e sistematizzo quanto sinora affrontato in ordine al nostro essere e alla realtà, come argine al materialismo e al miraggio transumano.
Qui il video dell’articolo
Pubblicato anche su Sfero, Ovidio Network
Con i precedenti nove articoli di questa serie dedicata alla questione spiritualità e realtà, credo di aver delineato una linea di ragionamento abbastanza chiara, assolutamente non dogmatica, tesa comunque a tirare delle conclusioni da alcune evidenze per me determinanti circa la realtà e la natura dell’uomo.
In fondo a questo articolo troverete tutte le puntate in ordine cronologico.
Cosa intendo quando dico “tirare delle conclusioni” e a cosa dovrebbe servire tutto ciò? E ancora: cosa avrei da aggiungere a una storia del pensiero, della filosofia, della religione e della scienza così ricche in merito a tali argomenti?
Per iniziare a comprendere la particolare necessità, l’ottica e la prospettiva verso cui mi muovo, devo premettere che questa serie di articoli è un’esigenza che nasce essenzialmente dall’osservazione del drammatico stato in cui versa l’attuale realtà culturale, sociale e politica. Vediamo cosa intendo.
Il dato politicamente rilevante è il sostanziale e apparentemente definitivo tramonto dello Stato di diritto, inteso come organizzazione amministrativa che dovrebbe essere tesa a rispettare, attuare e difendere i diritti dei cittadini in ossequio alla sua Costituzione e ai diritti umani cui questa si ispira.
Questa situazione, va di pari passo con la sostanziale fine della discussione pubblica in ordine al potere e all’organizzazione sociale, una fine che si evidenzia nella sostanziale accettazione da parte della politica e della società civile di quello che è il potere reale dei nostri tempi, sempre più avulso da qualsiasi processo trasparente e democratico.
Questa condizione si fonda, sostanzialmente e storicamente, su un implicito ordine di idee totalmente confacente alla narrazione tecnicista e tecnocratica del potere, sedimentato in quelle che sono ormai diventate delle generalizzate ed estese mistificazioni propagate dal racconto dei centri culturali e mediatici dominanti in ordine alla storia, alla politica, alla geopolitica, alla struttura istituzionale e al suo funzionamento, alla trasparenza della tecnologia, all’economia e alla finanza.
Ma c’è un altro ordine di idee, certo realistico vista la situazione non trasparente e antidemocratica delle forze che governano gli Stati, ancorché strisciante e di sottofondo: un dato basilare non veramente espresso, ma figlio di questa complessa condizione del potere, consistente nell’idea che il mondo e la storia siano fondamentalmente ingiusti e caotici, che sia impossibile governarli razionalmente in modo pacifico e cooperante.
Questo rassegnato “non detto” che la realtà sia fondamentalmente ingiusta e soggetta a forze imperscrutabili difficili da governare, forma quel senso di ineluttabilità e impotenza dal quale non può scaturire una politica democratica e consapevole, mentre sappiamo quanto il “sistema” sia ormai capace di assorbire ogni velleitaria “rivolta”, anche favorendola.
Di conseguenza, la normalità apparentemente “buonista” di un intrattenimento sempre pronto a fornire una pausa pubblicitaria per la vendita del pensiero unico dominante emergenziale, funzionale alle vere agende sottostanti, serve a formare l’invisibile ragnatela di pseudo stabilità emotiva necessaria alla prosecuzione conservativa del potere reale, che è corporativo e “profondo”.
Da ciò capiamo che per ottenere un acritico appoggio alle agende globali, il “sistema” non ritenga sufficienti le estese falsità anzidette: occorre un’avvolgente distrazione spettacolarizzata e un diffuso divide et impera, una continua ricerca/creazione di “nemici” e “antiprogressisti” come risposta al caos creato dalle falsità stesse.
Comprendiamo così che la litigiosità dovuta alle artefatte divisioni basate su tali falsità non è mai stata così alta, almeno a livello di facciata pubblica e mediatica/social-mediatica, causante per converso un’estesa mancanza di reale comunicazione a livello sociale: le persone tendono a non confrontarsi più con il prossimo in quanto consapevoli della probabile tensione cui si andrebbe incontro.
Tale mancanza di confronto è quindi dovuta a molteplici fattori: in primis al divide et impera dovuto all’etichettamento operato dalla propaganda, che inficia ulteriormente la predisposizione e la capacità di dialogo fra le persone; oltre a questo, dobbiamo anche tener conto di due aspetti drammatici e complementari in ordine alla cultura: da un lato l’impoverimento della scuola pubblica e del conseguente spirito critico, dall’altro abbiamo la capacità del sistema dell’odierno “spettacolo totale” di generare un’impressione di informazione, di essere “al passo con i tempi”, una capacità che ovviamente costringe il pensiero “delicatamente”, ma inesorabilmente, verso l’accettazione della comune realtà mistificata.
Riassumendo fino a questo punto: oltre alle falsità sistemiche, storiche ed economico-finanziarie, la mistificazione della realtà si nasconde sotto la coltre delle moltissime divisioni sociali procurate dalla propaganda dei nostri tempi, favoriti dallo spettacolo mediatico e dalla “socialmediatizzazione” dell’esistenza, sui quali ho scritto anche recentemente, qui e qui.
Com’è del tutto evidente, questa condizione politico-sociale si riflette sulla cultura, che di riflesso la sostiene adeguandosi ad essa: si è andata formando così una coltre assai difficile da mettere in discussione, anche perché è proprio dalla cultura “dominante” che proviene il bastione più apparentemente difficile da scalfire, quello formato dal materialismo e dal miraggio di un conseguente “progresso” scientista, tecnicista e “competentista”.
Ecco allora palesarsi la particolare necessità che mi muove, in quanto mi sembra che il mondo dello spirito non sia più capace di contrastare la deriva culturale materialistica, rimanendone gravemente “infettato”.
Addirittura, il materialismo pretende quella che diventa di fatto una “sostituzione” dello spirito con la presunta “evoluzione” digitalizzante dell’uomo: la perfetta arma di controllo mentale e spirituale, in grado di incanalare così il pensiero in un tunnel culturale scientista e tecnicizzato di totale mistificazione e di conseguente impedimento per una vera libertà dello spirito.
Ecco allora come si possa meglio comprendere quanto potrebbe essere utile, anche se effettivamente “disperato”, il mio pur umile tentativo di nuova chiarificazione degli elementi in gioco per far sì che una rinnovata considerazione dello spirito e dell’esistenza riesca a scardinare le “fondamenta operative” di una civiltà che ritengo avviata verso la sua totale decadenza.
Con il procedere del tempo e del pensiero, con l’osservazione di un “progresso” indifferente agli irrisolti dilemmi sulla realtà e sull’essere, mi è apparsa sempre più chiara la necessità di una nuova visione e quali avrebbero dovuto essere le basi su cui costruirla, più “ecumeniche” possibili, sostanzialmente riconducibili alla seguente e fondamentale osservazione che diventa per questo “istitutiva”.
Le “passioni” dell’uomo hanno fatto sì che i suoi diversi pensieri si completassero con difficoltà, erodendo in questo modo la sua naturale spinta alla più alta razionalità e alla cooperazione, finendo così per premiare una forma mentis più adatta ad una sua presunta “integrazione” nella realtà materiale, un adeguamento che gli costerà la comprensione dell’esistenza di una possibile profonda consapevolezza, che non saprà più di dover riscoprire in sé e ora, credendo di trovarla nella “rutilante” trasformazione transumana prossima ventura.
Questa mancata “coordinazione” fra i vari approcci del pensiero e le varie discipline, operazione tentata solo da una relativa minoranza di saggi nel corso della storia, è andata consolidandosi in quella “separazione dei saperi” di cui tenevo conto già qui nel lontano 2012, citando Ceronetti: come la storia dimostra tutto ciò è avvenuto in modo tale da fermare ogni libera “variabile” spirituale, vista necessariamente come una minaccia alla pragmatica del potere “materialista” e tecnocratico.
Tale osservazione istituisce, di conseguenza, la necessità di una nuova interpretazione della realtà, che non può certo essere dogmatica, se non nella sua intenzione pragmatica di rimanere all’interno dello spirito tracciato dai diritti dell’uomo.
Gli assunti per una nuova prospettiva dovrebbero tener conto del fatto che le diverse visioni dell’uomo e della realtà, tutte dignitose almeno finché i loro effetti non violino i diritti umani, da una parte possono comunque risultare in qualche modo “carenti” quando non riconoscono la possibilità per ogni persona di poter “tornare” alla consapevolezza e alla responsabilità del suo vero essere spirituale, dall’altra eccessivamente ottimistiche sulla presunta “evoluzione” dell’uomo: concetto spiritualmente fuorviante e ottundente se affidato al transumanesimo o all’ “adorazione” di quella parte della sua mente chiamata impropriamente “inconscio” (ho iniziato ad affrontare la questione “inconscio” in Credere nell’unica dimensione porta al tecno-totalitarismo, facente parte di questa serie).
A queste premesse aggiungo una dovuta precisazione: Il mio intento è essenzialmente “ecumenico” e assolutamente lontano da qualsiasi smania sincretistica, solo teso a portare alla luce quei punti che potrebbero favorire un ridimensionamento del materialismo oggi imperante in modo tecnocratico e favorire un auspicabile riequilibrio culturale, politico e spirituale.
Ecco allora i punti principali delle mie deduzioni, espressi per come sviluppati nei nove precedenti articoli, ulteriormente ampliati nelle prospettive con alcuni “corollari” e necessariamente esplicitati in un certo ordine.
- Il nostro essere, la nostra essenza fondamentale, ciò che in effetti siamo e che chiamiamo “sé” come nucleo della nostra personalità, anche inteso come pensiero, spirito, anima e in molti altri modi, non può essere riconducibile al nostro corpo: questo fa sì che la nostra essenza trascenda la realtà materiale e tutti i limiti dovuti a questa.
– Le psico-neuro-”scienze” si ostinano a indagare il cervello o accarezzano la fisica quantistica e una concezione naturalistica della coscienza, ricadendo nell’errore di un “monismo” dimensionale, sostanzialmente materialistico.
– Riguardo la concezione della “coscienza”, una caratteristica dell’essere spirituale, ha subito una metamorfosi narrativa ad opera delle psico/neuro-”scienze”, che incapaci di ammettere il livello non materiale dell’essere l’hanno fatta sostanzialmente assurgere ad “ente” sostituto dello spirito stesso: una traslazione ora nella biologia, ora nella natura, anche scomodando la fisica quantistica, come riprova dell’incapacità culturale di vera integrazione dei piani, che restano comunque distinti, un’incapacità in sostanza dovuta al materialismo imperante.
– La “mente”, intesa come ambito energetico e fisico di percezione, deposito, calcolo e interfaccia dell’essere con il corpo, non può certo essere scambiata con l’essere stesso o con il cervello (parlavo della mente sempre in Credere nell’unica dimensione porta al tecno-totalitarismo, fornendone una definizione).
- In essenza, siamo esseri pensanti e spirituali, cioè non materiali, ovviamente immortali, dotati di autoconsapevolezza e pensiero complesso, astratto e creativo, che non hanno corrispondenti di pari livello nell’ambito della vita e della realtà materiale.
– A questo proposito, per essere al passo con i tempi, occorre rifiutare l’idea che la cosiddetta “intelligenza artificiale” possa mai “evolvere” al rango di “essere senziente”, in quanto essendo solo un calcolo algoritmico sarà sempre e comunque una funzione matematica creata dall’uomo in modo da imitarne la sua mente, mancante appunto dello spirito. Tutto ciò che “dirà” e potrà mai fare sarà pertanto dovuto al sostanziale “permesso calcolatore” datole dall’uomo, un permesso che purtroppo, in mancanza di una vera consapevolezza dell’essere, sarà sempre più esteso ad ogni livello, fino al totale controllo tecnocratico, antidemocratico, totalitario e antiumano.
- A conferma della nostra natura spirituale abbiamo innumerabili rapporti, costanti e antichi quanto e oltre la storia, dai quali sappiamo che la nostra essenza, cioè noi, può avere consapevolezza di essere separata dal corpo, ovviamente sopravvivergli, avere memoria di innumerevoli vite precedenti anche a questa civiltà e questo pianeta.
– In questi rapporti possiamo ricordarci di “essere” vicino alla mamma appena prima della nascita, momento in cui entriamo nel corpo al primo respiro dimenticando immediatamente tutto della vita precedente, oppure ci vediamo fuori del corpo nelle cosiddette esperienze di pre-morte, dalle quali portiamo ricordi e percezioni di chi ci è intorno anche se prima sconosciuto o nelle esperienze fuori dal corpo, che possono avvenire in momenti particolari, spesso stressanti perché pericolosi, ma anche in periodi in cui stiamo bene, siamo svegli, vigili e attivi.
– Oltre a questi rapporti, abbiamo un’enorme, antichissima, raffinatissima e variegata espressione artistica e letteraria classificata come “mitologia”, sulla quale una cultura più aperta, meno materialistica e scientista potrebbe aprire altre prospettive ermeneutiche.
- Abbiamo da sempre la cognizione di una dimensione creatrice che intendiamo come “divina” e che di norma chiamiamo “Dio”, ma anche in altri modi e concezioni dal significato similare, con la quale idealmente e spiritualmente tendiamo ad “entrare in contatto” o verso la quale aspiriamo a “ricongiungerci”.
– Questa è la dimensione religiosa dell’uomo, che al di là delle “differenze narrative” nelle varie tradizioni e delle varie Chiese, ha da sempre assunto un’importanza essenziale per il pensiero e la cultura: secondo la presente prospettiva, tesa a riprendere l’antica impostazione del sapere capace di integrare tutti gli ambiti, la scienza andrebbe soltanto a completare la filosofia e la filosofia religiosa formando un quadro unitario della realtà e dell’essere, aggiungendovi solo una discreta comprensione della dimensione immanente. Senza questa completezza abbiamo l’attuale totalitarismo “monistico-dimensionale”, materialista, scientista e tecnicista, come prodromo alla tecno-distopia che stiamo costruendo e capace di relegare filosofia, religione, etica, morale e diritto al rango di pensieri “accessori” di “secondo livello”, relativamente utili.
– Riguardo alla dimensione divina e alla questione “Dio”, da parte mia preferisco parlare di “dimensione trascendente creativa”, di cui ogni essere sarebbe ovviamente “parte” con tutte le prerogative e responsabilità annesse (le virgolette su “parte” stanno a significare il concetto impreciso della parola, qui necessariamente usata a fini esplicativi, in quanto la dimensione trascendente non ha quantità e spazi con cui descriverla e di cui essere “parte” essendo di puro pensiero, al di fuori di ogni materia, energia, spazio e tempo).
– La storia ha visto diverse espressioni della concezione di questa dimensione e del rapporto dell’uomo con essa, concezioni che hanno anche risentito della dimensione del potere terreno che ne ha “inquinato” le prospettive per fini di controllo e conquista, al pari delle ideologie politiche. Ciononostante, al netto delle derive socio-politiche e delle eventuali violazioni dei diritti umani che al pari di quanto richiesto per la politica non si dovrebbero ammettere, credo ecumenicamente che ogni diversa tradizione religiosa abbia una pari dignità e legittimità, in quanto espressione del tentativo religioso dello spirito di riconquistare il suo vero regno.
- L’idea che ritengo quindi più corretta sul nostro essere, sarebbe quella che lo spirito o l’anima, quindi ogni essere spirituale, non possa far parte delle cose create in quanto, al contrario, sarebbe “parte” della dimensione creatrice.
– Altra consapevolezza, sarebbe rappresentata dall’idea che una profonda comprensione di questa trascendenza sia in qualche modo resa più difficile da questa dimensione materiale, che tende a distrarre e confondere, portando “fuori strada”. Pertanto, l’idea più corretta sarebbe che tale comprensione possa essere solo personale e spirituale da coltivare, studiare, ricercare e contemplare negli appositi percorsi religiosi, che devono restare liberi e dei quali non si dovrebbe ammettere solo la loro eventuale pretesa di rompere la laicità pluralista dei diritti umani.
- Da sempre l’uomo ha mostrato un pensiero assai complesso in ordine alla realtà e alla divinità, con cognizioni raffinatissime che solo da relativamente poco tempo una parte della scienza sta iniziando a “comprendere”, determinando di fatto una revisione della presunta “evoluzione” umana, anche se con difficoltà e reticenze. Riterrei il concetto “evolutivo” più attinente allo sviluppo tecnologico e scientifico, certo non riguardante l’ambito mentale e cognitivo, men che meno spirituale.
– Data l’immortalità dello spirito e i rapporti sulle innumerevoli vite passate, è del tutto probabile che alcuni processi di tale evoluzione tecno-scientifica possano essere stati aiutati da vari ricordi progressivi, più o meno consapevoli, che in certi punti della storia potrebbero aver consentito avanzamenti fondamentali.
- Ogni realtà, come quella materiale in cui viviamo, intesa come dimensione costituita da un insieme di elementi percepibili e misurabili sui quali c’è un evidente accordo da parte degli esseri spirituali, è dovuta a una creazione originata dalla nostra dimensione spirituale trascendente e divina, in grado di ordinarla creando dal nulla gli elementi stessi e le leggi che li regolano.
– Di conseguenza, per ogni realtà in cui siano presenti una o più quantità misurabili e definibili di elementi, come appunto questa che chiamiamo universo materiale, non si possono applicare i concetti di assoluto e infinito in quanto contraddittori con la realtà “quantitativa” della dimensione. Pertanto, tali concetti sarebbero pertinenti soltanto alla realtà trascendente ove non “esistono” quantità, ma solo “qualità” e abilità creative dell’essere, appunto assolute rispetto alla dimensione creata.
- La creazione di una qualsiasi dimensione determina un dualismo fra la dimensione creatrice e quella creata, fra pensiero e materia, mentre la negazione della dimensione divina e creatrice, ideologia “monista” che finisce per sostenere il “materialismo”, oltre a mettere sullo stesso piano il pensiero e la materia, attribuisce di fatto le prerogative della creazione alla cosa creata, determinando quella che si potrebbe chiamare ironicamente una “religione materialista”, in quanto se il creatore è la stessa cosa dell’oggetto creato esiste solo il creato, non si sa da chi, a cui andrebbe la “patente” di assoluto prima attribuita a Dio.
– Ma oltre a questo, visto che si parla solo del creato ed esiste il pensiero, non ci sarebbe differenza tra pensiero e materia, ogni ente presente nella dimensione materiale, che sarebbe l’unica dimensione, sarebbe dotato di pensiero e coscienza e sarebbe uguale a ogni altro: niente e nessuno dovrebbe avere mistero alcuno sulla sua essenza e sull’origine di ogni parte della realtà, che dovrebbe essere conosciuta e compresa da ogni altra parte e in ogni luogo, nel senso più profondo del termine.
– Dato che evidentemente così non è, abbiamo una sola spiegazione possibile, anche se necessariamente formulabile solo in linea teorica, ma raggiungibile alla consapevolezza delle sue “caratteristiche” e della sua “storia” o per rivelazione, ed ecco la ragione di Profeti, Santi e Maestri, o per la consapevolezza personale e spirituale di cui prima: c’è un’evidente “dimenticanza” da parte della dimensione creatrice, o almeno da parte di molti degli esseri spirituali che la “compongono”, sul perché e sul percome della creazione stessa.
– Questa dimenticanza sarebbe perciò autoindotta, forse in parte anche imposta, alla stessa stregua delle imposizioni autoritarie e violente della dimensione materiale, concetto questo che potrebbe giustificare la dimenticanza della creazione. Non possiamo comunque non considerare il fatto che creare sarebbe comunque naturale e costitutivo per una dimensione creatrice.
– In essenza, stando a questa visione, il significato più pieno del percorso religioso dell’uomo sarebbe quello di recuperare e considerare tutto il suo sapere fisico e metafisico per ricomporre il quadro della realtà e del suo essere, in modo da ritornare alla consapevolezza della creazione e della sua vera dimensione.
– In questo clima scientista e materialista, le scoperte della fisica quantistica hanno apparentemente fornito argomenti “olistici” per delle concezioni in cui si parla di “spiritualità”, anche agganciandosi in modo improprio alle filosofie religiose dell’Oriente, ma in cui non si prevede la trascendenza dello spirito, sfruttando alcune caratteristiche subatomiche della materia che al limite dimostrano solo come le particelle elementari sarebbero sensibili alla sola osservazione dell’ente che le ha create, che saremmo noi.
- Come conseguenza dei punti precedenti, la vita può essere considerata come un’ “immersione” degli esseri spirituali che siamo in una linea genetica; a tale immersione sembra quindi corrispondere una più o meno profonda dimenticanza della creazione, della nostra vera natura, del momento e delle ragioni del nostro “ingresso” in questa realtà materiale.
– La questione sulla fondamentale “bontà” o “cattiveria” dell’uomo, termini che preferisco declinare in “responsabile/irresponsabile”, è da ritenere semplicistica e fuorviante, ad ogni modo non separabile dalla sua consapevolezza: dato che lo spirito crea la materia ed evidentemente ne può dimenticare drammaticamente la creazione, è del tutto possibile che tale “rimozione” e la possessione di corpi soggetti alle tensioni della sopravvivenza gli costi un profondo squilibrio, altrimenti incoerente e inspiegabile con la sua natura divina.
– Con il procedere dell’evoluzione tecnica, tale dimenticanza sembra farsi sempre più forte anche da un punto di vista ideale e intellettuale, un processo di negazione della religiosità che vede una forte accelerazione con la scoperta dell’elettronica, un tipo di conoscenza in grado di simulare le abilità creatrici dello spirito, capace così di sviarci dalla tendenza che abbiamo al “ritorno consapevole” nella nostra dimensione e alla cognizione della stessa trascendenza dato che, con tutta evidenza, ci facciamo “abbindolare” o distrarre dall’elettronica e dalla conseguente informatica, ambiti capaci di favorire la filosofia trans/post-umana, senza comprendere che stiamo solo replicando, a livello materiale, la vera capacità creativa della dimensione trascendente che ci è propria.
- È del tutto evidente che la permanenza del “mistero” sulla realtà e sulla nostra natura, di fatto evitato da una filosofia materialista che nella confusione culturale e cognitiva dei nostri tempi può essere scambiata per “olistica”, mentre è in effetti “totalitaria”, sta causando a livello spirituale un “collasso” del tutto simile alla decadenza delle civiltà successiva alla fase di massimo splendore.
– Ciò permette, come possiamo osservare oggi, che il pensiero dell’uomo si incanali in un tunnel di apparente “evoluzione” e conoscenza, che è in realtà la definitiva mistificazione dello spirito e del suo potere, incapace di risvegliarsi dalla sua “dimenticanza” perché non più in grado di apprezzare la necessità religiosa di contemplazione della sua trascendenza, oggi sempre più negata.
– Questa mistificazione è la base che permette il potere tecnocratico dei nostri tempi, un fideismo scientista capace di apparire come espressione della massima razionalità, in grado di occultare i danni materiali e spirituali della sua vera essenza costituita da un razionalismo ideologico e materialista volto al controllo dell’uomo e dello spirito, un “regime” che in effetti rappresenta l’esatta altra faccia della medaglia della pienezza e della consapevolezza dell’essere: un automatismo “psicotico” di totale paura dell’essere stesso, così forte da rappresentare la fine di ogni speranza di consapevolezza.
– Considerando l’immortalità dell’essere e i rapporti sulle infinite vite passate, appare del tutto probabile che questo ciclo di involuzione della consapevolezza spirituale, direttamente proporzionale allo sviluppo dell’elettronica e al conseguente trans/post-umanesimo, possa essersi verificato in molti altri posti e tempi di questo enorme universo, in altre civiltà che potremmo considerare “aliene” solo per la parte biologica, certo non per l’essenza spirituale della vita.
– Occorre sperare che non sempre le cose siano andate seguendo questo ciclo: magari gli esseri spirituali possessori di altri sistemi biologici sono riusciti a ricomporre la cultura e il pensiero per rompere il muro della dimenticanza e tornare alla liberazione consapevole dello spirito. Se non riusciremo a invertire la rotta di questa civiltà, sarà questa l’unica flebile speranza alla quale aggrapparci.
23 ottobre 2024
fonte immagine: istruzione a Microsoft Bing
Di seguito i precedenti 9 articoli della serie, in ordine di pubblicazione:
– https://www.massimofranceschiniblog.it/2024/02/12/filosofia-e-verita/
– https://www.massimofranceschiniblog.it/2024/04/06/dal-materialismo-imperante-la-narrazione-della-distopia-incombente/
– https://www.massimofranceschiniblog.it/2024/04/19/scopriamo-la-liberta-dello-spirito-puo-salvarci-dalla-tecno-distopia/
– https://www.massimofranceschiniblog.it/2024/05/10/la-materia-non-puo-essere-un-assoluto-e-il-suo-culto-e-gabbia-dello-spirito/
– https://www.massimofranceschiniblog.it/2024/07/05/credere-nellunica-dimensione-porta-al-tecno-totalitarismo/
– https://www.massimofranceschiniblog.it/2024/08/06/il-problema-nella-ricerca-della-coscienza/
– https://www.massimofranceschiniblog.it/2024/08/22/la-questione-della-realta-e-fondamentale-per-capire-il-nostro-essere/
– https://www.massimofranceschiniblog.it/2024/09/20/le-deduzioni-possibili-dallessere-spirituale-e-dalla-creazione-chiamata-realta/
– https://www.massimofranceschiniblog.it/2024/09/25/le-divisioni-di-ordine-spirituale-favoriscono-la-tecno-distopia-di-controllo-del-pensiero/
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