Finché cultura e politica non ammetteranno vecchi e nuovi orrori antiumani, non avremo speranza in un futuro migliore.
Qui il video dell’articolo
Pubblicato anche su Sfero, Ovidio Network
Da anni mi interesso della questione psichiatrica, un interesse che nasce come “effetto collaterale” della più generale attenzione per la difesa e la liberazione dei diritti umani da vari problemi di incomprensione culturale e di rifiuto ideologico e mistificazione da parte della politica.
Questo mio “attivismo” è testimoniato dalla pubblicità che ho sempre dato al CCDU, per la sua lotta di riforma del campo della salute mentale e da numerosi articoli, compresa la serie intitolata I DIRITTI UMANI E LO STATO DELLA CIVILTÀ, che saranno inseriti insieme agli altri in una prossima pubblicazione.
Caso unico fra le “scienze”, la storia della psichiatria dimostra quanto la definizione “scienza” non sia mai stata spropositata come in questo caso, tanto da aver portato almeno dagli anni sessanta del secolo scorso ad un movimento spesso sintetizzato per comodità con il termine “antipsichiatria”, uno sforzo comunque difficile da mantenere coerente al suo significato più profondo.
Negli anni, il mio rifiuto psichiatrico è diventato una messa in discussione di tutto ciò che rientra nell’ambito di quelle che più in generale chiamo psico-“scienze”, comprendendo quanto va dalla psicologia alle neuroscienze: non solo per la loro sostanziale incapacità di aiutare effettivamente l’uomo, che spesso si traduce nell’esatto contrario, quanto per la pretesa di tradurre in prassi anche cogenti e dannose le loro teorie e osservazioni, ben lontane dal punto in cui una scienza sa di poter ottenere un risultato certo, prevedibile e utile, se non desiderabile, a meno di considerare tale il loro effettivo risultato e l’influenza che hanno su cultura e società.
Per spiegarmi meglio: nonostante le drammatiche sofferenze e l’obiettivo disagio famigliare e sociale che possono sortire, le cosiddette “malattie” mentali non possono essere considerate tali in quanto non si parla di organi malfunzionanti, nonostante l’industria “materialistica” della “cura” si ostini a scansionare inutilmente un cervello così delicato, plastico e sensibile a un’enormità di fattori, personali e ambientali.
Cadesse lo stigma psichiatrico e la medicalizzazione del comportamento, la “scienza” ufficiale della psiche si troverebbe sguarnita, sarebbe costretta ad accogliere altre competenze e attenzioni, come proponevo qui.
Anche la politica dovrebbe rivedere tutto l’apparato legislativo del TSO, che ora viola i diritti umani, per restituire al Giudice il naturale ruolo di “perito dei periti” ora ceduto in modo non opportuno ai membri delle psico-“scienze”, come cercavo di spiegare in questo articolo.
Ad ogni modo, cerchiamo di evidenziare quelle che ritengo questioni centrali, da tenere in considerazione:
– da una parte questo ambito è certamente più complesso della medicina, che anche se esposta a forzature da parte dell’industria e dalla politica ha comunque parametri più verificabili;
– dobbiamo finalmente prendere deontologicamente ed eticamente atto che abbiamo a che fare con un ente di assai difficile riduzione, l’uomo: siamo tutti diversi e non riconducibili a etichettature para-mediche e para-scientifiche, che in ogni caso non dovrebbero portare a ricette e drammatici protocolli di contenzione a metà fra “medicina” e “giustizia”, come appunto l’attuale TSO, molto insoddisfacente su entrambi i fronti e del quale si chiede da anni una riforma.
– una volta ben compreso che non stiamo parlando di aspetti virali della salute o patologici a carico di organi, se non per alcuni disturbi di ordine fisico dovuti a stili di vita tossici, ad allergie e intolleranze o effetti collaterali di farmaci capaci a volte di dare sintomi del tutto simili ai disturbi mentali, poi sbrigativamente e dannosamente “psico-farmacologizzati”, rimangono due minimi comun denominatori della questione: quello dovuto ad eventi traumatici della vita, in grado di lasciare un’impronta profonda sulla psiche di alcuni, ma soprattutto l’ambito relazionale, comunicativo, aspetto che può anche sommarsi ai traumi.
Da queste premesse e con tutta evidenza, visto che siamo esseri sociali comunicanti fra loro, sono i problemi “ambientali” ad apparire come la vera questione: a salire sul banco degli imputati dovrebbe quindi essere la relazione e la comunicazione, con un’evidente preminenza di quella familiare.
Stando così le cose, si comprende come il problema diventi delicatissimo, in quanto le relazioni famigliari e comunque quelle più intime e/o prolungate si rivelano determinanti l’ambito in cui nascono i problemi della mente e del comportamento: con tutta evidenza, alcune persone sono incapaci di mediare le loro emozioni e il loro essere in modo da interagire con gli altri senza creare stress, provocando una situazione di non tranquillità cui la mente di chi sottoposto alla loro influenza risponde di getto in modo altrettanto emotivo, disturbante, anche antagonistico o di chiusura, ma anche autolesionistico, soprattutto da piccoli.
Emozione e comunicazione sono quindi il problema, a cui la “scienza” del settore ha risposto sempre in modo superficialmente devastante, violento e aberrante, anche se ora non sembra più così data l’apparente sostituzione dei manicomi con “strutture residenziali”, visto che la contenzione non cambia e la chimica agisce come sempre in modo altrettanto drammatico.
Dovremmo accorgerci del problema nel meccanismo perverso diagnosi-prescrizione farmaco anche a livello sociologico, data la percentuale di particolari cronache violente e delittuose la cui potenzialità è iscritta anche nei bugiardini degli psicofarmaci stessi, ma nessuno sembra capace di fare un parallelo statistico con questa introduzione della chimica su vasta scala, dilagata già dalla metà del secolo scorso.
Questo dato, “rimosso” per comodità da tutto il sistema della cosiddetta “salute mentale”, si aggiunge così alla fondamentale carenza eziologica della psichiatria, che si diletta con l’invenzione/classificazione di “disturbi” avulsi da qualsiasi causa riconoscibile, come se si stesse parlando di virus e batteri, addirittura da inserire con votazione nel famigerato DSM.
Il dramma della psichiatria rappresenta così una delle incredibili mancanze scientifiche sulle quali c’è da sempre un silenzio complice di tutti, a partire dalle istituzioni, per evidenti tornaconti sistemici: al potere di questo mondo materialista e laicizzato dove i valori, la morale, l’etica e la deontologia sono ambiti sempre più fuori moda, fa comodo avere un branco di psichiatri e psico-“operatori” e tutto un sistema capace di fornire/suscitare varie narrazioni personali più o meno di comodo, quando va bene, quando va male autorizzato a contenere e silenziare le persone problematiche, anche scomode “politicamente” a particolari interessi famigliari, nell’incuranza più totale per la conseguente violazione dei diritti umani.
Annotando certamente una minoranza di operatori in dissenso con tale sistema, quanto sin qui scritto nel più puro sentire antipsichiatrico si rivela necessario ad affrontare l’altra emergenza culturale e umanistica dovuta all’ideologia gender, questione che ho già affrontato ripetutamente, come potete vedere dai riferimenti in fondo a questo articolo.
La problematica è talmente delicata, viste le enormi forzature ideologiche, il non detto e la propaganda, ma va comunque affrontata, cercando il più possibile di evitare fraintendimenti.
A questo proposito, occorre subito esser chiari riguardo al confronto che propongo con la questione psichiatrica della sanità mentale: la cosiddetta “disforia di genere” non è una malattia, non c’è niente che non vada nel cervello dei ragazzi, essendo essenzialmente un sintomo di un disagio esistenziale, dovuto però alle stesse cause “psichiatriche” eziologicamente non viste riguardanti l’ambito relazionale/famigliare, con l’aggiunta qui della “relazione social-mediatica” che può essere devastante, culturalmente e psicologicamente.
Anche se la cultura e il giornalismo mainstream non lo riconosceranno mai, la questione gender, che guarda caso viene a formalizzarsi nell’ambito delle psico-“scienze”, poi assunta dal femminismo radicale, ma non da tutto il femminismo e da tutto il mondo omosessuale, si inserisce perfettamente negli obiettivi di controllo tecno-distopici e transumani delle corporazioni globali e degli stati profondi, persino dalla nuova “chiesa” bergogliana, visibili nelle agende globali emergenziali racchiuse nella 2030: tutte tendenze sistemiche coagulate in agende e rese possibili da altre precedenti mistificazioni sociali, politiche ed economiche.
Cerchiamo di riassumere le basi per il controllo dell’uomo e della società nei seguenti punti:
– togliere le sovranità politiche e monetarie allo Stato di diritto delegittimando la politica e le istituzioni;
– ammaestrare in una scuola da cancel culture programmata alle agende globali che modifica di fatto i diritti umani;
– mal informare/disinformare praticamente su tutto con dei media in mano alle corporazioni globali;
– non affrontare le provocate difficoltà a costruire una famiglia, addirittura non più vista come uno dei principali obiettivi della vita, in un quadro culturale “progressista” di sostanziale non difesa della vita umana;
– risolvere i problemi di ordine personale e relazionali, “identitari”, sociali e famigliari dei giovani, creati/amplificati dai punti anzidetti e dalla social-mediatizzazione dell’esistenza, veicolando un’ideologia che pretende di riscrivere identità e biologia con un miraggio tecnicista e antietico sponsorizzando la finzione dell’impossibile “cambio di sesso”, in realtà “avvelenamenti ormonali” e mutilazioni chirurgiche che non possono comunque modificare il dato genetico.
Questo orrore, permesso da un’ideologia progressista di presunta espansione di “diritti umani”, nasconde il tunnel di sofferenza, malattie iatrogene, morte riproduttiva e sessuale dovuto alle operazioni mutilanti, con l’aggiunta dell’inevitabile danno da psicofarmaci, tunnel testimoniato ormai da molti pentiti e dal fatto che la categoria “trans” ha il più alto tasso di suicidi.
Questo controllo totalitario dell’uomo è così esteso e pervasivo da offuscare un’immediata comprensione, in quanto non è semplice ammettere una fotografia della realtà come quella che ho appena scattato.
Più passa il tempo e più i dettagli della foto saranno sfumati e non riconoscibili, in quanto le nuove idee sull’uomo diventeranno comunemente accettate cambiando la realtà, creando nuove generazioni “liquide” con un distorto senso dell’identità e del sesso, per questo fortemente controllabili, che non potranno riconoscere i punti precedentemente elencati come già oggi accade per molti.
Ecco allora che comprendiamo quanto sia importante tentare subito un’operazione di verità, anche se probabilmente è già tardi vista l’incapacità culturale, civile e politica degli ultimi decenni, gridando in modo fermo e pacato l’orrore che i più non vedono o non vogliono ammettere, ma che stiamo giorno per giorno assorbendo “omeopaticamente”.
Alla base del grido di verità occorre quindi evidenziare le similitudini con la questione psichiatrica, lo stesso approccio errato e “diagnosticizzante”, ma anche la differenza “politica” dovuta alla necessità ideologica e sistemica di propagandare l’agenda gender a fini di controllo dell’uomo: stiamo in effetti parlando di un fenomeno dovuto alla colonizzazione culturale da parte delle corporazioni dello spettacolo, che si salda perfettamente con la cultura “psico-progressista” dominante, un meccanismo che se guardiamo bene si rivela come un progetto distruttivo dell’identità con il miraggio della fluidità, permesso dall’ormai decennale annullamento valoriale dell’amore, della famiglia naturale e della procreazione.
Non sembra così fantasioso ipotizzare un futuro prossimo in cui ci affideremo alla tecnocrazia per un green pass “procreativamente sostenibile” per poi, in un futuro forse non troppo lontano, ma prevedibile, far compiere tutta la gestazione definitivamente alle macchine accontentando così la filosofia antiumana di “liberazione della donna” dalla maternità, che va di pari passo con quella della liberazione dalla proprietà e dal lavoro.
“Non avrai nulla e sarai felice” è il celebre slogan prodotto dall’organizzazione privata ed extraistituzionale World Economic Forum, cui tutto il mondo si piega, nascondendoci però che dovremo rinunciare anche alla dignità umana, per un miraggio transumano che ad oggi non vede ancora la necessaria, consapevole e democraticamente organizzata opposizione.
Per chiarire definitivamente la questione: se la cosiddetta “disforia” non è una malattia, ho anche più volte ripetuto che non c’è nessuna ragione oggettiva, medica, sociale o di altro tipo per cui una persona non possa sentirsi a suo agio nel corpo che la natura gli ha dato.
Stiamo insomma parlando di una serie di idee che sfruttano le difficoltà relazionali dei ragazzi, coagulate in un’ideologia capace di trasformare la realtà, un fenomeno che se osservato senza coinvolgimenti mostra un allontanamento psicologico dalla realtà delle cose parimenti distonico, anche se in modo diverso, a quello caratterizzante l’ambito della “salute mentale”: sono pur sempre idee fisse, “strane”, illusorie, fuori dalla realtà comune e dall’oggettività delle cose.
Il problema è che le varie “disforie” dell’ambito “salute mentale” portano a stigmatizzazione, violenza, violazione dei diritti umani e violenza chimica, mentre l’aiuto di cui avrebbero bisogno, certamente complesso, difficile e costoso se veramente tale, non può essere messo in atto per l’apparente mancanza di soldi e volontà da parte di un potere che, anche se si dice democratico, ha al contrario assai bisogno di una teoria e di una pratica “politicamente” contenitive, buone per tutte le stagioni e per tutte le varie “agende” sociali e famigliari di liberazione dalle persone scomode.
Al contrario, la cosiddetta “disforia di genere” è sempre più accettata e sponsorizzata dal sistema, una possibilità da educare addirittura sin dai primi anni, come da agende globali, pur se di fatto rappresenta un ordine di idee parimenti o ancor più “distonico” di quelli etichettati come problemi di “salute mentale”.
Tutto ciò dimostra solo una cosa: l’evidente tensione sistemica per modificare la realtà e sottometterla alle aberranti agende di controllo globale, rivendute come “sostenibili” e progressiste.
Questa la “semplice” verità, osservabile con calma, attenzione e quel senso critico che la scuola moderna evidentemente non riesce più a far germogliare negli alunni, ben aiutata in questo dalle piattaforme globali di una cultura spettacolarizzata.
Ma lo “spettacolo” dell’uomo prossimo venturo non sarà così edificante, lo possiamo già osservare nelle espressioni “liquidamente” scoppiettanti dello spettacolo americanoide importato ovunque, come le ultime Olimpiadi parigine insegnano.
Buona “liquidità” di dissolvenza transumana a tutti.
3 novembre 2024
fonte immagine: istruzioni a Microsoft Bing
Questi finora gli articoli sulla questione gender:
– https://www.massimofranceschiniblog.it/2021/05/28/no-allideologia-gender/
– https://www.massimofranceschiniblog.it/2024/05/20/bioetica-giu-le-mani-dalla-mente-dei-bambini/
Lascia un commento