di Franco Mattarella
Come tutti sanno la costruzione e distribuzione di conoscenza e ignoranza sono fortemente implicate in “relazioni di potere“.
La Treccani definisce così la “Knowledge society“: “Società nella quale il ruolo della conoscenza assume, dal punto di vista economico, sociale e politico, una centralità fondamentale nei processi di vita, e che fonda quindi la propria crescita e competitività sul sapere, la ricerca e l’innovazione.” Belle parole che i massmedia ci ripetono da anni asserendo che viviamo ormai nella “Società della Conoscenza“. Peccato che si tratti di un falso mito e che è invece più facile e lucroso diffondere l’ignoranza (questa pagina porterà argomenti a sostegno di questa tesi), anche se la Rete rimane una grande dispensatrice di conoscenza (ma solo per chi la sa sfruttare).
Gli storici della scienza Robert N.Proctor e Londa Schiebinger, autori del libro “Agnotology – The making and unmaking of ignorance” (purtroppo non tradotto in italiano), hanno esplorato il modo in cui l’ignoranza viene prodotta e mantenuta in diversi ambiti e con quali meccanismi. Essi scrivono (p.2):
“L’ignoranza ha molti interessanti surrogati e sovrapposizioni nella miriade di modi con cui è generata da segretezza, stupidità, apatia, censura, disinformazione, fede, e dimenticanza, tutti innescati dalla scienza. L’ignoranza si nasconde nelle ombre della filosofia ed è vista di buon occhio dalla sociologia, ma si trova anche in una grande quantità di retorica popolare: non è una scusa, è ciò che non può farti del male, è la beatitudine.”
Proctor distingue l’ignoranza in tre categorie:
- Ignoranza come “stato nativo” (o risorsa per il cambiamento): è uno stato da superare, una richiesta di conoscenza.
L’ignoranza nativa (o originaria) implica un deficit causato da ingenuità giovanile o da carenza di educazione. La storia della filosofia greca porta Socrate (citato da Platone) quale esempio di consapevolezza della propria ignoranza quale pre-condizione per l’illuminazione. Il potere rigenerativo dell’ignoranza rende sostenibile l’impresa scientifica. - Ignoranza come “regno perduto” (o costrutto passivo): è il prodotto della disattenzione umana, vale a dire di ciò che si incontra ma che si decide di trascurare.
Questo tipo di ignoranza viene approfondito da Londa Schiebinger (pp.149-162) con un interessante esempio storico sui criteri con cui vennero scelte (o trascurate) le spezie da importare in Europa dalle Americhe. In particolare gli europei non si interessarono a una quantità di erbe abortive con cui gli amerindi controllavano le nascite, mentre preferirono l’importazione di erbe contro malaria (chinino), diarrea (jalapa, quassia) e depressione (cacao).
- Ignoranza come “stratagemma strategico“ (o costrutto attivo): è il prodotto dell’incertezza o del dubbio creati, mantenuti e manipolati da altre persone
Questo tipo di ignoranza implica la costruzione del dubbio e dell’incertezza come qualcosa che viene costruito, mantenuto e manipolato avvalendosi di specifiche discipline scientifiche. In altre parole l’ignoranza è l’obiettivo di piani che vengono deliberatamente ingegnerizzati e implementati. Scrive Proctor (p.9): “Scienza e industria sono sempre più interallacciati, con ricerca e sviluppo (R&D) svolti al riparo della privacy per mantenere certi vantaggi di business. La Scienza anche nelle migliori circostanze è “aperta” solo sotto vincoli altamente formalizzati.”
Ma non tutta l’ignoranza è cattiva, ad esempio Proctor sostiene che è meglio non far sapere alla gente in che modo è possibile costruire armi biologiche o virus dell’AIDS, ed è meglio anche promuovere il rispetto del diritto individuale alla privacy (non è necessario che tutti sappiano tutto e in qualunque momento su un determinato individuo).
I tre stati in cui si presenta l’ignoranza secondo Robert Proctor.
L’ignoranza indotta è lo stratagemma strategico evidenziato dal riquadro rosso.
Tratto da: http://www.pensierocritico.eu/ignoranza-indotta-agnotologia.html
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