Zygmunt Bauman: il culto delle celebrità nella società liquida – da www.ilvelino.it e Informazione Consapevole
Zygmunt Bauman è uno dei sociologi più noti e importanti al mondo. È sua la tesi del passaggio dalla società solida alla società liquida. Il suo ultimo volume è stato pubblicato in Italia da Laterza col “titolo Sesto potere. La sorveglianza nella modernità liquida”.
Professor Bauman, cosa è diventata la celebrità nel mondo contemporaneo?
“Io farei intanto un passo indietro storico. Prima che la società diventasse liquida, con tutto quel che ne è seguito, vi era una forma di aggregazione umana molto forte e solida, che noi sociologi abbiamo definito community, comunità,
Gemeinschaft, in tedesco. Nella comunità tradizionale, i legami famigliari erano stretti e solidali, e forte era il collante sociale. Potremmo dire che la comunità tradizionale aveva introdotto una serie di controlli ai cancelli d’ingresso, tanto da elevare la sicurezza di coloro che ci vivevano.
Nello stesso tempo, la comunità tradizionale costruiva la sua identità e con essa quella dei suoi abitanti: chi era fuori era segnato dal marchio dell’infamia. E viceversa, colui o colei che lottava per conservare l’integrità della comunità, era considerato un eroe, e dunque diventava celebre, e veniva glorificato”.
Poi, c’è stato un cambiamento sociale profondo, i legami comunitari si sono affievoliti, si sono perduti, la società è diventata liquida, e ha prevalso l’individualismo.
“Nelle società liquide contemporanee, la forma di aggregazione umana degli individui è diventata una rete, un network, in cui si partecipa da individui, e il legame comunitario è appunto inesistente. Nel network non esiste alcun controllo ai cancelli di ingresso. Chiunque può entrare, può giocare, può essere accolto o espulso.
Si dettano nuove regole del gioco, ma si perde in sicurezza, e aumenta il sentimento della paura e del rischio. Nella società reticolare, l’individuo teme di essere abbandonato, di essere ostracizzato, di essere cacciato via, proprio perchè è diventato liquido il senso di identità e di appartenenza ad un gruppo comunitario. Noi sociologi la chiamiamo una metapreoccupazione”.
Ed è a questo punto che nella società reticolare liquida si afferma il culto della celebrità.
“La celebrità aiuta gli individui che cascano in questo quadro problematico. Certo, la situazione è molto molto diversa dagli anni Settanta, da fenomeni come Woodstock, ad esempio, quando ci si riconosceva in una sorta di ‘togetherness’, di stare assieme tutti in uno stesso evento condiviso con le celebrità del tempo. Oggi è tutto cambiato. Pensi che se Renato Cartesio fosse vissuto in questa nostra era, avrebbe cambiato il celebre motto ‘Penso dunque sono’, prima in ‘Mi vedo in tv dunque sono’, e poi ‘Ho la mia pagina web dunque esisto’. In sostanza, si è trasformata la creazione della celebrità ed è cambiata la percezione del pubblico di fronte alla celebrità, che intanto è diventata liquida.
In fondo, le celebrità della nostra epoca sono persone comuni percepite come persone comuni, che indicano un modello dettato da biografie personali molto vicine a quelle del loro pubblico. Quello che davvero preoccupa, è l’affermazione di quei soggetti, che io chiamo ‘nuovi intermediari culturali’ che hanno la missione di creare la celebrità, e il suo culto, per ragioni di business e di profitto. Penso alla proliferazione di fotografi, scenografi, costumisti, addetti stampa, che costruiscono letteralmente il personaggio e lo accompagnano verso la celebrità”.
Dunque, la celebrità, lo star system è in realtà una costruzione sociale.
“Esatto. È una sorta di ideologia che deriva dalla necessità della società consumistica di creare i suoi prodotti. È la società consumistica che crea la domanda di celebrità, e ricostruisce lo star system.
Le faccio l’esempio dei cosiddetti tabloid: lei pensa che esisterebbero senza la costruzione sociale del sistema delle celebrità? E viceversa. Io penso di no. Quel prodotto di consumo, particolare, deve rispondere al ‘sogno’ dei suoi lettori, i quali però devono trovare difetti, vogliono entrare nella vita quotidiana delle star, sentirli in qualche modo come fossero i nuovi vicini di casa. Insomma, non si può, oggi, diventare una celebrità per nostra volontà, o per effetto del solo talento. Deve mettersi in moto un intero apparato produttivo. In fondo, la persona celebre nella società liquida non è altro che una merce”.
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