Per chi preferisce ascoltare, qui la versione AUDIO dell’articolo dal podcast relativo, qui la presentazione della serie audio
Ciao, eccoci al secondo articolo dei tre che la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo dedica al problema della convivenza fra le genti. Vediamone il testo.
Articolo 14
1. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.
2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.
Da questo enunciato proseguiamo la riflessione sul complesso problema riguardante il fenomeno delle migrazioni effettuate a vario titolo (rifugiato, profugo, migrante, ecc.), iniziata con l’articolo precedente, di cui consiglio la lettura/rilettura.
Come abbiamo visto il precedente Art. 13 si presta a considerazioni più generali che però devono formare, come ho cercato di dimostrare, la piattaforma da cui procedere per ulteriori e particolari riflessioni.
Nel caso di questo Art. 14 si parla del diritto d’asilo, che però non spetterebbe a tutti quei “profughi” che lasciano il loro paese non perché perseguitati “politicamente”, ma per la “semplice” ragione di volersi garantire una migliore sopravvivenza, i cosiddetti migranti economici.
Se prendiamo il continente Africano ad esempio, possiamo vedere come il suo problema sia assai complesso anche se potremmo ridurlo, in buona sostanza, al fatto di essere occupato e depredato dalle grandi potenze e multinazionali, le stesse che vendono armi mentre fomentano ed amplificano guerre e divisioni.
Tale situazione dovrebbe imporre una continua evoluzione dello statuto dell’asilo politico, in modo tale da contemplare varie “protezioni sussidiarie”, ove non presenti.
Occorre quindi affermare con chiarezza che una semplice critica all’immigrazione “clandestina” proveniente da una qualsiasi nazione dell’Occidente risulta del tutto ipocrita: innanzitutto per l’evidente complicità dell’Occidente stesso nella creazione e nella perpetuazione del “problema Africa”, in secondo luogo per la sottoscrizione della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo.
Criticare l’immigrazione senza fare niente per cambiare politica risulta essere, con tutta evidenza, un espediente politico populista e irresponsabile, atto ad ottenere pericolosi consensi non ragionati.
L’etica dei diritti umani rende improponibile qualsiasi complicità con lo sfruttamento dell’Africa e dovrebbe imporre ai Paesi Occidentali di adoperarsi affinché i popoli africani possano vivere in pace, sicurezza e prosperità nel loro ricco e immenso territorio.
I diritti dell’uomo dovrebbero imporre il blocco dell’immigrazione di massa, dell’apparato criminale che ne trae guadagno e delle organizzazioni non governative che di fatto, a volte in maniera sospetta, appaiono come un anello necessario alla filiera del traffico di esseri umani.
Nel frattempo la stessa etica politica dovrebbe rifiutare qualsiasi misura non indirizzata all’immediato soccorso per chi possa comunque trovarsi in difficoltà.
Secondo questa ottica dovrebbe anche risultare inopportuna qualsiasi politica di “rimpatrio generalizzato”, dato che i diritti umani appartengono ad ogni persona, indipendentemente dalla situazione contingente: la posizione di ognuno dovrebbe quindi essere vagliata singolarmente nel più breve tempo possibile onde evitare, come avviene oggi in Italia, una presenza di fatto irregolare o “clandestina” di troppi soggetti, oppure per evitarne una permanenza in centri senza uno sbocco certo o in strutture/lager, un vero e proprio internamento che dovrebbe essere inconcepibile in uno Stato di diritto.
Le premesse sin qui esposte, per me doverose, intendono restituire dignità alla politica ed agli Stati sovrani, riconoscendo ad ogni Stato il diritto di impedire, regolare e gestire il fenomeno migratorio: occorre combattere ogni politica atta a favorire le migrazioni di massa proteggendo ed attuando al contempo i diritti di ogni singola persona.
Una seria politica intesa a capire ed accogliere l’ottica dei diritti umani avrebbe così l’occasione di “semplificare” il problema da una parte e contemplare misure serie, positive e “creative” dall’altra: nell’immediata contingenza di pericolo si dovrebbe certamente soccorrere ognuno e capire esattamente la sua posizione e volontà.
Fatto ciò lo si dovrebbe mandare in qualsiasi Paese voglia andare, compatibilmente con la realtà degli accordi con lo Stato in questione, da modificare e promuovere in tal senso ove ce ne fosse bisogno.
Nel caso in cui il profugo/rifugiato richieda asilo nel Paese che per primo lo ha accolto e nel caso in cui non rientri nel punto 2 del presente articolo, l’amministrazione di quel Paese ha, in buona sostanza, un “semplice” obbligo e un dovere un po’ più complesso.
L’obbligo sarebbe quello di sostenere la richiesta per favorire la sua speranza in un futuro migliore.
Il dovere sarebbe di fare ciò in modo che l’attuazione della richiesta sia “compatibile territorialmente”, indolore per la comunità che lo accoglie e proficua, anche per la comunità stessa.
Data l’attuale situazione relativa al problema della sovranità dei popoli, per poter attuare quanto sin qui auspicato un serio Stato di diritto dovrebbe operare nelle seguenti direzioni:
1. Recuperare le sue sovranità politiche e monetarie onde poter decidere autonomamente ed amministrare la realtà socio-economica con una moneta sovrana, quindi non generante debito, che gli permetterebbe di gestire il suo territorio in modo da creare piena occupazione per tutti; ciò permetterebbe di inserire i profughi/rifugiati in percorsi di studio/lavoro/scambio atti a favorire le seguenti condizioni: a. una loro crescita personale, culturale e professionale in grado di migliorare la loro condizione e contribuire creativamente nella comunità di residenza; b. favorire un eventuale progetto di ritorno nelle loro terre, armati del sostegno e del know-how necessario a ribaltarne la situazione dei loro paesi in modo organizzato, democratico e partecipato.
2. Promuovere fortemente la conoscenza e l’etica dei diritti umani da parte di chi si accoglie, a partire dalle scuole, nei media e nei corpi sociali (escludendo dall’integrazione chi dimostri incompatibilità con tali valori), in modo da creare un senso di comunità libera e solidale.
La politica e lo Stato di diritto hanno la responsabilità di creare una cultura di civiltà in grado di sconfiggere le vecchie ideologie che impediscono la nascita di una democrazia reale in cui le divisioni sociali “prestabilite” siano superabili, ed in cui razzismi e xenofobie siano smascherati per la “nullità concettuale e spirituale” che rappresentano.
I diritti umani sono di tutti, ci appartengono dalla nascita in quanto individui liberi e responsabili.
Abbiamo il dovere di attuarli e di creare un nuovo Stato di diritto ad essi ispirato, giusto, autorevole ed in pace con ognuno e con il mondo intero.
Massimo Franceschini, 27 febbraio 2018
Questo il bellissimo video relativo all’Art. 14 dell’associazione no-profit: “Gioventù per i Diritti Umani”
il mio libro, un programma politico ispirato ai diritti umani
One Reply to “I DIRITTI UMANI E LO STATO DELLA CIVILTÀ Articolo 14. Ogni essere in pericolo è un fratello”