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Facciamo chiarezza sull’Europa, una volta per tutte
Contrariamente alla narrazione dominante molte sono le voci, alle quali mi associo, che intendono il significato del termine “sovranismo” come l’espressione politica di ripristino costituzionale delle sovranità dello Stato di diritto.
Queste sovranità, politiche e monetarie in testa, sono ora quasi del tutto annullate da un sistema oligarchico di poche logge e famiglie che, tramite la corruzione della politica, occupa ogni centro decisionale politico e mediatico.
Tale sistema vive estraendo sempre più linfa vitale dalle nostre economie e dalle morenti democrazie.
La rapina di queste sovranità causa una sempre maggiore non attuazione dei principi democratici e degli ideali universali dei diritti umani impressi nelle Costituzioni, soprattutto di quelli cosiddetti “sociali”.
L’Unione Europea, al contrario della retorica “buonista” sulla sua nascita, incarna perfettamente questo disegno banditesco: le corporazioni globali e la finanza trovano in essa e nella BCE, loro emanazione bancaria, dei perfetti strumenti di dominio.
Tale dominio è stato fatto passare, anche recentemente dall’“ineffabile” Presidente della Repubblica nel messaggio di fine anno, come una scelta democratica e consapevole dei popoli.
Le parole d’ordine che appoggiano la scelta europea, sempre più smentite dai fatti ma ancora pervicacemente sostenute dagli europeisti o dai cosiddetti “altroeuropeisti”, e prese per buone da chi ancora crede in loro, dimostrano la qualità della suddetta “consapevolezza”.
Con l’approssimarsi delle elezioni europee credo che i soggetti politici veramente sovranisti, diversi dagli pseudo-sovranisti governativi, debbano fare un discorso serio al Paese e spiegare perché si candidano alle europee.
Altrimenti farebbero meglio a non candidarsi ed invitare ad una più coerente astensione di massa!
Perché legittimare la UE facendosi eleggere in un Parlamento che non può mettere mano in alcun modo (l’unanimità richiesta è difficilmente raggiungibile) agli incostituzionali e antidemocratici trattati da cui l’Unione Europea trae il suo potere?
Fossi il segretario politico o il presidente di un partito sovranista direi: si va alle elezioni per occupare più posizioni possibili e cercare, almeno, di influire positivamente sui pur ristretti ambiti di competenza del Parlamento Europeo, ambiti che in ogni caso qualche ricaduta sulle nostre vite ce l’hanno.
Direi sicuramente questo, ma lo direi solo se realmente intenzionato a porre fine a questa UE, per favorire il ripristino delle sovranità nazionali.
Porre termine a questa UE è l’unica condizione democraticamente “sana” per costruire diversi e proficui scambi e accordi fra Paesi veramente amici, ora solo partner di un progetto che li vede competere fra loro mentre vengono rapinati dalla finanza privata.
Quindi, per quanto sin qui detto, si pone il problema di come porre fine a questa UE.
Le posizioni sovraniste sono assai variegate: vanno dall’estremo di un’uscita da attuare in un fine settimana da una parte, ad un’estenuante percorso di dialoghi, trattative, e riforme, dall’indefinibile durata, che probabilmente avrà l’effetto di non cambiare la sostanza del problema UE.
Fra queste due posizioni credo debba esserci una via più responsabile, che innanzitutto non contempli cambiamenti che scavalchino la consapevolezza dell’elettorato: i sondaggi più sovranisti dicono che più della metà dell’elettorato vorrebbe uscire, quelli del sistema affermano il contrario, con percentuali variabili sulla porzione dell’elettorato indeciso, che magari vorrebbe ma ha paura.
La via più responsabile e meno distruttiva possibile è, credo solo una.
Quando dico meno distruttiva intendo certamente esprimere la consapevolezza che il sistema finanziario e lobbistico privato farà di tutto per non vedersi sfuggire di mano la gallina dalle uova d’oro UE, ricca dei singoli patrimoni nazionali da depredare negli anni.
Più l’elettorato sarà consapevole del tradimento a democrazia e diritti costituzionali, più sarà consapevole di cos’è veramente la UE, di quali sono le vere leggi che reggono la macroeconomia e di come queste siano violate nell’Unione e dall’Euro, più la reazione del sistema potrebbe essere inefficace perché assorbita dalla responsabilità civile dei singoli Paesi che decidessero di iniziare un percorso per il ripristino delle sovranità.
Per ottenere ciò occorre che le forze politiche intenzionate a porre fine alla UE spieghino quanto appena espresso e delineino la serie di passi che un governo, forte di una società civile consapevole, potrebbe attuare per avviare il processo di distacco, nel modo meno traumatico possibile per il Paese stesso.
Oltre all’opportunità democratica, tali misure farebbero immediatamente vedere al Paese cosa potrebbe fare l’amministrazione di uno Stato sovrano se guidata da una ferrea etica costituzionale in economia e nel diritto: dall’annuncio alla UE che si interromperà il pagamento dei miliardi di interessi per la parte di debito pubblico dovuta al tradimento della Costituzione per quanto riguarda il risparmio, da una diversa politica relativa ai Titoli di Stato che, insieme alle risorse ottenute dallo stop del pagamento degli interessi, aiuterà la tranquilla istituzione di una moneta nazionale, inizialmente complementare all’Euro, a tutte le altre misure necessarie al Paese, che tecnici seri e non venduti alla finanza possono spiegare in piena trasparenza.
Il tutto, preceduto e coadiuvato da un serio piano industriale, di investimenti sul territorio, per la statalizzazione dei servizi pubblici e di accordi bi-plurilaterali con Paesi amici assetati quanto noi di libertà.
Qualsiasi partecipazione alle elezioni europee di soggetti che si presumono “sovranisti”, ma non riconducibile ad un chiaro percorso vicino a quello da me sommariamente ipotizzato, credo si debba purtroppo ascrivere all’ennesimo tentativo di cavalcare lo scontento e le migliori istanze politiche della società civile.
Ne abbiamo fin sopra i capelli di ambiguità figlie di compromessi e tornaconti personalistici.
Massimo Franceschini, 8 gennaio 2019
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