di Niko Konstandaras
10.01.2019
Tutti vogliono vedere la fine della crisi, non ultimo il popolo greco, ma il paese è ancora molto lontano dalla “normalità”.
ATENE
Il governo greco, una coalizione di un movimento di sinistra radicale e un partito di destra nazionalista al potere dal 2015, ha celebrato lo scorso agosto la fine del terzo piano di salvataggio del paese come ‘ritorno alla normalità’. I nostri partner e i creditori, che hanno erogato prestiti per 288,7 miliardi di euro negli anni precedenti, si sono affrettati a dichiarare vittoria sulla crisi che è cominciata nel 2010.
Tutti vogliono vedere la fine della crisi, non ultimo il popolo greco, che è stato stremato dalla lunga e profonda recessione, dalla continua austerità e da riforme i cui benefici non hanno ancora visto. Ma la Grecia è lontana dalla ‘normalità’. Si è fatto molto per rendere l’economia redditizia, ma il paese ha bisogno di un’esplosione di fiducia e di attività economica. Per la ripresa servirebbero nuovi investimenti, stabilità politica e ulteriori riforme della pubblica amministrazione. Ma non solo il debito pubblico è superiore a quello del 2009; i redditi dei cittadini sono stati tagliati, i loro beni svalutati, le proprietà sono state perse, i debiti moltiplicati.
Le elezioni nazionali dovranno tenersi entro l’autunno. I sondaggi mostrano Nuova Democrazia, il partito di opposizione di centro-destra in vantaggio su SYRIZA, il partner principale della coalizione di governo, in un contesto che sta già peggiorando la polarizzazione della politica greca. Il governo, che è stato sempre a disagio con le politiche dell’austerity e le riforme, promette elemosine; l’opposizione giura di rovesciare le politiche e le decisioni con le quali non è d’accordo.
Nella più drammatica dimostrazione di sfiducia, si stima che oltre 700.000 persone hanno lasciato la Grecia dal 2010 alla ricerca di un’opportunità all’estero. Le morti sono più numerose delle nascite, poiché le persone hanno meno figli o non ne hanno affatto.
Ricerche recenti suggeriscono che ai tassi attuali, la popolazione della Grecia, che era di circa 10.9 milioni nel 2015, potrebbe ridursi fino a un numero incluso tra gli 800.000 e i 2,5 milioni di abitatnti entro il 2050. La forza lavoro è attualmente di circa 4,7 milioni di persone. Una popolazione lavorativa inferiore dovrà sostenere un numero crescente di pensionati, con una minore crescita e minori entrate che dovranno coprire costi più alti di sicurezza sociale.
La crisi ha danneggiato le imprese. Una dimunizione della domanda interna, condizioni di credito restrittive, controlli sui capitali, incertezza politica e trasferimento all’estero hanno causato il dimezzamento della produzione delle piccole e medie imprese. Tali imprese sono la linfa vitale dell’economia, generando un quarto del PIL e coprendo il 76% dell’occupazione del paese.
Con un leggero ritorno alla crescita nel 2017, le aziende hanno iniziato a riprendersi. Nei primi sei mesi del 2018, le 153 società quotate alla borsa di Atene riportavano profitti pre-tasse di 957 milioni di euro, secondo quanto riferito dalla società di consulenza ICAP. Tuttavia, se raffrontate al debito pubblico, queste cifre indicano la sfida che i greci dovranno affrontare negli anni a venire.
Nel 2009 il debito pubblico si era attestato sui 299,7 miliardi di euro ovvero il 130% del PIL. Da allora la Grecia ha preso in prestito 288,7 miliardi dagli stati membri e dalle istituzioni dell’Unione Europea, e dal Fondo Monetario Internazionale. Inoltre, nel 2012, sono stati aggiunti altri 107 miliardi di debito. Eppure, il debito pubblico nel 2018 era di 357,25 miliardi di euro, cioè superiore ai numeri a cui la Grecia non è riuscita a far fronte nel 2009.
Alcuni indicatori suggeriscono che la Grecia è sulla strada giusta. La disoccupazione è scesa al 18.3 %, da un picco del 27,9 % nel 2013. Si stima che nel 2018 l’avanzo primario abbia superato l’obiettivo fissato dai creditori per il terzo anno consecutivo. Ma questo ha un costo elevato: pagamenti ritardati da parte dello stato a privati e aziende, così come ulteriori tagli ai finanziamenti per la sicurezza sociale, ospedali e altri servizi.
La pressione durerà per decenni, dal momento che la Grecia si è impegnata per un avanzo annuale del 3,5% fino al 2022 e sarà sotto stretta sorveglianza finchè non ripagherà i prestiti entro il 2060, come da impegni presi. Questo problema è aggravato dall’enorme crescita del debito privato. Quasi la metà dei prestiti totali dovuti alle quattro principali banche del paese, circa 86 miliardi di euro, sono morosi o molto vicini ad esserlo. Questo gli impedisce di iniettare denaro nell’economia. Le aziende che cercano prestiti all’estero devono affrontare alti tassi di interesse.
Circa 4,2 milioni di persone hanno arretrati con lo stato, con debiti per le imposte morosi che ammontano a circa 103 miliardi di euro. Le autorità hanno confiscato salari, pensioni e beni di oltre un milione di persone. I debiti arretrati verso i fondi di sicurezza sociale sono al momento pari a 34,4 miliardi di euro.
Con l’elevata tassazione e con quasi la metà dei nuovi posti di lavoro mal pagati, part-time o a turni, questi debiti sono destinati a crescere. Oggi più persone sono a rischio povertà o esclusione sociale (34,8% della popolazione nel 2017) di quante lo fossero all’inizio della crisi (27,7%).
I poveri sono diventati più poveri mentre la classe media fatica sotto un peso crescente. Le tasse sulla proprietà sono salite a 3,7 miliardi di euro nel 2017 da circa 600 milioni di euro prima della crisi. Circa il 19% dei contribuenti copre il 90 % delle entrate fiscali, come ha riconosciuto il Primo Ministro Alexis Tsipras. I valori delle proprietà riflettono le tasse più alte e gli affitti più bassi, con appartamenti che hanno perso in media il 41% del loro valore tra il 2007 e il 2017, secondo la Banca di Grecia.
La necessità di pagare le tasse e di soddisfare altri obblighi ha visto i depositi privati nelle banche greche scendere a 131,385 miliardi di euro lo scorso novembre, dai 237,8 miliardi del 2009. Molte persone sono state costrette a vendere cimeli d’oro e altri oggetti di valore per sopravvivere. Le agenzie di pegno e gli acquirenti di oro hanno fatto grandi affari in tutto il paese sciogliendo gioielli e altri oggetti in lingotti d’oro.
La polizia ha recentemente arrestato decine di persone sospettate di contrabbando di oro in Turchia. Il giro d’affari giornaliero era in media di 400.000 euro, l’equivalente di circa 11 kilogrammi di oro al giorno. E’ stato un fiasco: si è scoperto che i trafficanti non avevano bisogno di permessi per esportare in Turchia. L’inchiesta tuttavia ha fatto luce su uno dei costi personali meno visibili della crisi.
Niente però mostra la gravità dell’emorragia greca come la partenza dei giovani. La Grecia ha assistito a migrazioni di massa in passato, dal momento che povertà, guerre, dittature e mancanza di prospettive hanno portato soprattutto persone non qualificate a cercare fortuna in America, Australia, Europa e Africa. Questa volta però, la maggior parte di coloro che se ne vanno stanno privando il paese di capacità e investimenti.
Circa il 92% si è laureato presso università o istituti tecnici, il 64 % con diplomi post-laurea inclusi i dottorati, secondo un sondaggio ICAP su 1068 greci in 61 paesi.
Circa 18.000 medici hanno lasciato il paese durante la crisi; ognuno di loro era costato allo stato 85.000 euro per la formazione secondo la Athens Medical Association.
Il paradosso è che la Grecia forma professionisti a costi elevati, ma non può offrire loro la stabilità e le opportunità di cui hanno bisogno per poterli impiegare in patria. Ciò avvantaggia i paesi destinatari e ostacola la crescita in Grecia, poiché le aziende non riescono a trovare professonisti con le competenze di cui hanno bisogno. Inoltre, quando i più giovani rimangono fuori dalla forza lavoro, non traggono profitto dall’esperienza dei più anziani, generando un’ulteriore perdita di capacità ed una minore produttività.
A Maggio, le elezioni europee determineranno non solo l’adesione al parlamento europeo, ma anche chi dirigerà il suo organo esecutivo, la Commissione Europea. E sarà scelto un nuovo presidente per la Banca Centrale Europea.
In un mondo sempre più instabile, nessuno vuole una crisi greca all’ordine del giorno. Ma la lotta del paese è tutt’altro che conclusa. La ripresa dipenderà dagli sforzi degli stessi greci e dal sostegno di un’Unione Europea che è determinata ad avere la meglio piuttosto che cedere alle divisioni. Quest’anno mostrerà che direzione prenderanno Grecia e Unione Europea nel loro complesso.
Articolo tratto da.
Traduzione di Renato Nettuno
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